VI.

Fuori, all'aperto, Andrea sostò un momento. Il sole era venuto a colpirlo in pieno volto. Era, veramente, una bella giornata!

Il Cantiere, davanti a lui, fremeva, sbuffava, pulsava la sua vita fragorosa di gigante di ferro dall'anima di fuoco.

Il padrone, si avanzò verso le officine. Gli operai lo salutavano, riverenti, malgrado la ribellione di pochi giorni prima, fomentata dal vecchio nemico, che odiava Andrea d'un odio vile e bruto, perchè era stato suo compagno, un giorno lontano, laggiù in America, ed era rimasto operaio, mentre Andrea.... Ma il fondo del cuore di tutti quegli operai era per il padrone, di cui eran costretti ad ammirare il carattere, la ferrea mente, la poderosa iniziativa, e sopratutto, il gran cuore. Il vero padre per loro!

Andrea fe' il giro delle officine. Le macchine al suo passaggio stridevano; battevano gli stantuffi; le ruote volavano, le cinghie si svolgevano come nastri aerei fuggenti vertiginosamente; faville sprizzavano da ogni angolo, i martelli si alzavano e si abbassavano fragorosi, il ferro ardente, color di fiamma, si allungava, si storceva, si schiacciava, si distendeva morbido, pastoso, ubbidiente sotto le mani di quegli operai neri e grondanti di sudore; i magli cadevano dall'alto con un cupo rimbombo o alzavano la mole immensa, docili al volere dell'uomo che ne guidava il movimento.

Andrea continuava il suo cammino e tutto osservava. E da tutte le macchine, da tutte quelle incudini sonanti, da sotto tutte quelle tettoie, con il fumo, con il frastuono, con il rimbombo veniva il gran saluto festante del Cantiere nella sua gaia ora di lavoro, al padrone che passava.

Andrea, giunto in fondo all'ultima galleria si fermò un poco e abbracciò un momento, con lo sguardo, tutto il vario e animato prospetto del Cantiere... E un lampo di orgoglio e di soddisfazione brillò nel suo occhio, e non proferì con le labbra ma palpitò nella sua mente il pensiero: "Tutto ciò è opera mia."

Stette ancora un poco a guardare, poi volse le spalle e si avviò verso una bassa palazzina bianca: gli uffici. Davanti alla porta toccò un bottone elettrico. Un ragazzo dal berretto gallonato apparve subito. Scòrto il padrone, salutò rispettosamente.

– Venga Maurizio Savello....

Un poco più alto di Andrea, pallido, le labbra scolorite: terribilmente somigliante a lui – per chi sapeva e confrontava – nella fronte, nello sguardo inquieto, nella piega delle labbra, in un rapido impercettibile moto convulso delle palpebre. Si fermò ritto, rigido, nella posizione d'attesa, un poco dubbioso, molto pallido davanti al padrone.

– Vieni con me.... ho da parlarti, – mormorò questi, sempre calmo.

E si mosse. Savello, ossequiente e rispettoso, gli si pose a lato.

Andrea prese la via che portava fuori del Cantiere e che saliva, su per la collina, fra il verde dei prati, dapprima, poi scompariva tra il bosco. Il giovane Savello, un poco perplesso, lo seguiva in silenzio. Camminarono così alquanto, ambedue silenziosi; Andrea andava a passo calmo ma deciso: in breve ebbero terminato il tratto della viuzza che si svolgeva fra i campi: ed ora essa saliva, abbastanza rapida, su su pel bosco. Maurizio guardava ogni tanto, alla sfuggita, il padrone, sempre più dubbioso; cominciava benanche ad essere alquanto inquieto.

– Padrone.... – mormorò ad un tratto, forse per risvegliare ed accendere il discorso che il padrone aveva detto dovergli tenere.

– Taci, – rispose quietamente Andrea.

Il giovane tacque e non aggiunse altro.

La straduzza s'inerpicava alquanto su per la collina, quindi volgeva a destra sopra un largo spiazzo verde, senz'alberi. Savello cominciò a capire. Il padrone si dirigeva al piccolo cimitero del Cantiere. Che andava a fare colà? e con lui? Egli pensò che colà eran sepolti il suo figliuoletto e la moglie.... Qualche lavoro da far eseguire lassù, forse? Il piccolo cimitero del Cantiere era posto sul fianco destro della collina sopra una breve piana, resa più uguale dal piccone e dalla zappa. Il piccolo tranquillo recinto ove andavano a riposare le stanche ossa i vecchi operai che finivan là sotto, nel Cantiere, i loro giorni, si appoggiava da un lato al fianco della collina, dall'altro portava il suo bianco muricciuolo sin sull'orlo della ripa, cadente a picco in quel punto, brulla e profonda, e dominante tutto il Cantiere, del quale riceveva a tratti le ondate di fumo e il rumorìo allegro e continuo de' suoi mille martelli.

Andrea entrò nel cimitero, seguito sempre dal giovane Savello. S'andò ad inginocchiare dapprima davanti alla bianca lapide sotto le quale riposava da tanti anni la vecchia sua devota compagna. Quindi si alzò e si appressò ad un piccolo tumulo bianco, circondato di fiori e di erba verdissima.

– Maurizio, – chiamò.

Il giovane ch'era rimasto, discretamente, un poco indietro, si avvicinò.

– Sai tu, – disse egli, e la sua voce era sempre calma e serena, – sai tu chi dorme qua sotto?

– Oh! il suo povero figliuolo, padrone....

Andrea tornò a fissar su di lui lo sguardo.

– Tuo fratello.

Maurizio alzò gli occhi in volto ad Andrea: non avendo compreso, confuso, indeciso....

– Tuo fratello, – ripetè Andrea.

Maurizio fe' due passi indietro.

– Che!...

E ripetè smarrito:

– Cosa avete detto.... dunque?

Andrea sorrise, mestamente.

– Oh, devi aver compreso già a sufficenza.

Maurizio, dopo l'inaspettata rivelazione, era rimasto agitato, perplesso, in balìa di mille sentimenti confusi.

– Voi.... voi mio padre, dunque? – mormorò ancora egli.

– Sì, – disse Andrea e gli tese la mano.

Ma Maurizio s'era fatto rosso, ad un tratto; i suoi occhi inquieti si accesero e non prese quella mano. Un nuovo pensiero....

– Mia madre, dunque!... Ah! mia madre.... Bene! e io che la teneva....

Andrea gli si avvicinò severo e rapido e lo afferrò per un braccio.

– Tua madre è una santa! – disse forte.

Maurizio sorrise ironicamente.

– Tua madre è sempre stata una santa! – ripetè più forte e imperioso il vecchio. E sottovoce, all'orecchio del figlio: – Fu.... prima, comprendi? prima che si unisse a colui che tu hai creduto sinora tuo padre. – E forte di nuovo: – E sono io il colpevole, io solo.

Maurizio taceva, pallido, contratto, in preda a mille pensieri diversi e cozzanti.

Ad un tratto alzò la testa:

– E ora?

Andrea non rispose subito. Poi disse:

– Scostiamoci!... ti dirò. Non qui.... sopra questa tomba.... ch'è pura, lei!

E si avviò sin presso il muricciuolo ove appoggiò le braccia. Il Cantiere di sotto continuava la sua giornata febbrile di lavoro.

– Ascolta.... – cominciò egli.

Parve raccogliersi alquanto, poi cominciò:

– Tu sei mio figlio, dunque....

– Padre mio! – esclamò Maurizio, agitato.

– Io (pensa ora e ricorda.... e tutto comprenderai, adesso) io ho vegliato sempre sopra di te.

– È vero.

– Io ho cercato che la miseria non giungesse mai sino a te.... nella famiglia ove la.... sorte ti aveva collocato.

– Oh sì!

– Ma tu?... come hai risposto tu alle ime cure?...

– Perdonatemi! – mormorò Maurizio, abbassando gli occhi.

Andrea tenne fisso su di lui, a lungo lo sguardo.

– Ma tu non sei cattivo.... la tua vergogna di ora.... e un'altra cosa, me l'han rivelato.

Maurizio alzò lo sguardo in volto a suo padre.

– Quale?...

– Lo sdegno tuo di poc'anzi.... quando hai saputo di tua madre!... Ah no! tu non sei cattivo, tu non sei guasto del tutto ancora. Tu puoi salvarti....

– Ah sì, lo voglio! – mormorò il giovane, sincero in quel punto.

– Io lo sapeva.... e perciò io ho fatto una cosa. Ascoltami bene.

Maurizio attese.

– Io ti ho adottato, nel mio testamento.... capisci? ti ho adottato, ti ho tacitamente riconosciuto come mio, ti ho considerato qual figlio....

– Voi, voi avete fatto questo? – mormorò Maurizio, – e un raggio brillò nel suo occhio inquieto.

– E ti ho fatto mio erede universale.

– Ah, grazie! – singhiozzò il giovane.

– Del resto io non lasciava altri eredi.... e tu sei mio figlio! – concluse Andrea, sottovoce.

– Ora ascoltami, – riprese risoluto, – ho ancora poche altre cose da dirti....

Maurizio attese.

– Tu non sai tutto, ancora.... e senti bene, e cerca di comprendere.

Si avvicinò a Maurizio:

– Anch'io.... come te.... anch'io (e aveva la tua età) anch'io ho incominciato con un'azione indegna.... anch'io come te ho.... ho rubato, capisci?... anch'io sono stato ladro!

Maurizio lo guardò, con gli occhi sbarrati, sgomento.

– Sì.... anch'io.... alla tua età.... come te!...

Il vecchio si rizzò, alto sul giovane, formidabile.

– Ma io mi sono riabilitato con trent'anni di lavoro!... capisci dunque?... mi sono riabilitato!... con trent'anni di lavoro!...

Il vecchio riprese:

– Dò a te il mezzo di fare altrettanto. Il Cantiere è in piedi, vive, ma non possiede altro. La sua produzione è la sua vita. Tu, che ne sarai il padrone, tu dovrai vivere di esso, del suo lavoro, come l'ultimo operaio delle fucine. La vita del Cantiere – che io ho creata con il mio sudore – è stata lì lì per crollare, in questi giorni. Il fallimento, capisci?... Ebbene io ho tutto venduto, quanto possedevo, e tutto ho pagato. Ho salvato il Cantiere: ma non ho più nulla. E io ti lascio il Cantiere: è tuo. Devi vivere di lui e per lui, ti ripeto, come l'ultimo fucinatore vive del lavoro del suo martello.

Andrea si fermò un momento, poi sibilò ancora all'orecchio di Maurizio:

– A te farlo risorgere! trarre dal suo cuore di ferro le ricchezze e i tesori!...

Il vecchio, appoggiato al muricciuolo, dominante il Cantiere, lo accennò al giovane con un gesto largo della mano. Poi ripetè:

– A te, dunque. Come me, tu – mio figlio – hai incominciato la vita con una azione indegna. Come me, riabilitati!

– Per me, – bisbigliò come un soffio, – per me è troppo tardi ormai!

E con un rapido gesto, stretta con ambo le mani, la testa del giovane, lo baciò sulla fronte. Poi con un balzo fulmineo valicò il muricciuolo e prima che Maurizio avesse potuto fare un movimento per trattenerlo, il corpo del padrone scomparve giù, nell'abisso, sopra il Cantiere, fremente tutto nella intensa sua ora di lavoro.

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