V.

Andrea Muraldi levatosi nella notte e disceso nello studio, aveva lavorato sino all'alba.

Ed ora dopo aver raccolto le carte su cui tutta la notte aveva scritto e meditato, ne fece un fascio, le involse in una grande busta e rimase così, immoto, i gomiti appuntati al tavolo da lavoro, lo sguardo verso la finestra, aperta alle prime luci dell'alba.... E il chiarore scialbo che veniva di là dai monti illuminava i suoi lineamenti stanchi ma energici, rudi ma improntati ad una singolare forza di pensiero e d'espressione.

Rimase molto tempo così, pensoso sempre, mentre il sole, sorgendo d'improvviso dietro i monti con un guizzo di fuoco, empiè tutta la vallata e lo studio di raggi.... Allora l'acuta sirena del Cantiere, chiamante gli operai al lavoro, sprigionò la sua voce potente, che di eco in eco si ripercosse nella valle. La voce acuta, prolungata e sonora durò sessanta e più lunghi secondi e annunciò che la vita del lavoro ritornava nel Cantiere, che aveva dormito fino a quel momento il suo sonno tranquillo di gigante, rotto di quando in quando dai sordi aneliti dei forni tenuti accesi ed alimentati di minerale anche la notte. Quando la voce della sirena tacque, Andrea distinse la voce degli operai che, a frotte rientravano in Cantiere, ritornati al lavoro, e lo sbuffare delle macchine che riprendevano il movimento e la vita. In quel punto entrò Agostini con la posta del mattino e si recò al suo consueto posto.

– Di', Agostini, – chiese Andrea, hai tu ultimata la relazione degli ultimi avvenimenti, con la situazione esatta, al presente, del Cantiere?

– Eccola, padrone, – rispose l'Agostini cavando da una pila di carte un grosso fascicolo.

– Sta bene; dalla a me.

– Troverete tutto ordinato, padrone, come desideravate.

Andrea prese a leggere. Dopo la precisa relazione dello sciopero, veniva la situazione del Cantiere. Da essa appariva che stante una di quelle inevitabili e imprevedute altalene degli affari, l'amministrazione si era trovata momentaneamente sbilanciata; il proprietario aveva provveduto immediatamente sia adoperando i fondi di riserva che esistevano, sia alienando alcuni suoi beni stabili che possedeva. Il pareggio era stato ottenuto, i creditori soddisfatti, la situazione salvata: il Cantiere aveva ripreso il suo cammino sicuro e tranquillo.

Andrea ormai non possedeva più nulla: tutto apparteneva al Cantiere. Era come un gigantesco organismo che produceva e viveva della sua produzione. Ma la vita dell'ente laborioso era assicurata.... il padrone aveva fatto il suo dovere.

– Sta bene, – disse Andrea poi ch'ebbe finito di leggere e riunì il fascicolo al pacco delle carte che, durante la notte, aveva raccolto e compilato.

– Agostini, – disse avvicinandosi al suo segretario, – a te affido questo pacco. Ascolta bene. Esso contiene il mio testamento.... e tutte le mie disposizioni riguardanti il Cantiere. Tu mi comprendi: non si sa mai....

– Oh, padrone, che andate mai pensando ora!...

– Non si sa mai, ti ripeto.

Agostini prese il pacco, religiosamente, e andò a chiuderlo nella cassa forte affidata a lui. Andrea seguitò con gli occhi il vecchio, suo devoto compagno di lavoro: parve volesse aggiungere ancora qualchecosa.... ma non disse nulla.

– Vado fuori, – disse alfine, – vado a prendere un poco d'aria.

– È una bellissima mattinata, – osservò Agostini.

– Mi farà bene, ne ho bisogno. Addio Agostini.

E il padrone, data un'ultima occhiata intorno allo studio, uscì.

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