XVIII.

La notte che seguì fu per me molto agitata.

Ne' sogni affannosi io vedevo profilarsi continuamente davanti alla mia mente eccitata la scarna e fantastica figura del vecchio, che tendeva verso di me la sua mano ischeletrita; e intorno a lui in una ridda febbrile si aggrovigliavano i fantasmi del passato ch'egli aveva rievocato....

Mister Charnwood, la moglie, Wilhelm Hyslop, miss Ethel e Doroty, i personaggi del Delphin, il povero capitano von Moser, alto smisurato sul suo ponte di comando, circondato da nuvole nere, da lampi lividi di saette, da scrosci d'acqua: la bocca rossa e ridente della povera chanteuse parigina, e poi il vecchio Thompson e mille altre figure bizzarre, sformate, esagerate dall'eccitazione morbosa della mia mente, danzavano tutte insieme nel mio cervello in combustione, in uno strano e affannoso viluppo, in quella terribile notte che pareva non volesse finir mai.

Quando mi svegliai del tutto, all'alba, e mi guardai di sfuggita nello specchio, ero pallido e disfatto. Mi parvi ritornato alla vita da un secondo naufragio! Però la mia decisione era presa.

Io avrei rivelato subito tutto a miss Ethel – quindi, con arte, avrei fatto sapere alla povera mistress Mildred l'esistenza da lei non sospettata, e pur così a lei vicina! della maggiore delle sue bambine, da lei per tanti anni pianta morta o perduta. Indi avrei riunito quelle creature dolorose.... passate per tante traversie prima di giungere a questo sperato momento di potersi abbracciare e confondere insieme le loro lagrime.

Appena alzato, mi recai al palazzo Charnwood e trovato il signor Thompson lo feci partecipe di quanto aveva saputo e di ciò che aveva stabilito di fare. Egli, molto commosso, approvò la mia decisione. E stabilii di parlare lo stesso giorno a miss Ethel.

*

La fanciulla era pallidissima. Mi tese le mani e mormorò:

– Il signor Thompson mi ha detto che ciò che voi ora, amico mio, mi dovrete dire è cosa molto grave e decisiva....

– Sì, miss Ethel, avete detto bene: e decisiva....

– Lo sapevo, – mormorò ella.

E continuò, agitata:

– Sono vari giorni che lo sentiva, che io intuiva ciò. Una voce interna, quella misteriosa voce sconosciuta che tante cose ignote e vaghe mi ha rivelate, in certi oscuri momenti di mia vita, anche questa volta mi ha avvertito che qualcosa di strano, non so se triste o lieto, stava avvenendo intorno a me....

Miss Ethel si arrestò un momento. Poi a voce più bassa, quasi parlasse tra sè, continuò:

– E che voi.... che voi eravate colui che il destino aveva scelto, forse, per illuminarmi, per farmi sapere....

Io le presi la mano.

– Sì, – continuò la fanciulla alzandomi in volto i begli occhi pieni di luce, – sì voi, che lavoravate per me, che per me, forse.... soffrivate; che, certamente, e io lo sapevo perchè ben lo scorgeva, per me eravate agitato....

– Ethel, – feci io stringendole la fremente manina, – ricordate una sera, sul mare, sul ponte di una nave che ora dorme in fondo all'oceano, con una persona a noi cara.... ricordate una sera che insieme parlammo a lungo?

– Sì, – mormorò come un soffio la giovinetta.

– Io vi avevo narrato la meravigliosa storia che a me era occorsa in una strana notte che mai s'è cancellata dalla mia mente e dal mio cuore.... Poichè in quella strana e indimenticabile notte voi mi eravate apparsa, fantasticamente, per la prima volta!... Voi ascoltavate commossa e turbata. E ad una vostra frase io risposi: "Io penso, miss, che un misterioso legame unisce forse il vostro destino al mio." Lo ricordate?

– Oh sì, – profferì ella.

– Ebbene, Ethel, le mie parole non s'ingannavano! Quanto io vi dicevo quella sera era vero.

Ella alzò nuovamente su di me lo sguardo limpido e non rispose.

– Sentite, Ethel, – continuai, – quanto in questi ultimi giorni è avvenuto altro non è che la conclusione, il natural compimento della premessa affidatami, in quella notte, laggiù, nel mio paese lontano, dal destino.... Vi sono dei fatti nella vita della nostra anima, che sfuggono alla nostra ragione. Il destino ha scelto me per compiere ciò che in questi giorni è avvenuto.... ed io sono qua ora, Ethel, per terminare quanto a me è stato dal destino e da Dio affidato.

– Parlate, – mormorò miss Ethel.

– Voi avete intuito che sul vostro passato.... che voi ignorate.... è un dramma.

– L'ho sempre sentito, – mormorò ella con un sospiro.

– Siate forte, Ethel, e ascoltatemi. Io vi farò conoscere il dramma miserando che ha presieduto alla vostra nascita e che ha velato di tristezza i vostri primi anni giovanili.

– Vi ascolto.

Tacqui alquanto, indi trassi il ritratto di Wilhelm.

– Inginocchiatevi, Ethel! Ecco l'immagine di vostro padre.... che non è più.

Ethel afferrò il ritratto con mano convulsa: lo fissò a lungo, indi lo coprì di baci, bagnandolo di lagrime.

– Siate forte, Ethel, – dissi io facendole dolce violenza e togliendole il ritratto.

– E la mamma? – esclamò ella a un tratto, alzando veemente la testa.

– Qui vi occorre maggiormente forza.... – esclamai.

– Morta anche lei?

– Viva, Ethel.

– Viva? – esclamò Ethel, – viva? dov'è? perchè è lontana da me? dov'è dunque?...

– Calmatevi, Ethel, e ascoltatemi con pazienza.

E cominciai a narrarle tutta la dolorosa storia. Nulla volli tacerle: tutto ella aveva diritto di sapere. E tutto io le dissi. Ella ascoltava trasognata e pallidissima. Quando ebbi finito ella si alzò.

– Conducetemi da mia madre, subito! esclamò.

– Vi condurrò, – risposi, – sì, vi condurrò. Ma non così. Non così subito. Vi ho detto che vostra madre non sa ancora.... che ignora la vostra esistenza. L'ignora, capite?... E poi è debole, malaticcia.... La notizia della morte del marito, il nostro buon Charnwood, l'ha affranta.... È stato un colpo tremendo per lei. Ella non può ricevere una tale notizia così su due piedi, all'improvviso, in tal modo.... Occorre una preparazione, la cosa va fatta con discrezione, con somma arte....

– Avete ragione, – mormorò Ethel.

– Io mi recherò domattina a T.... Le parlerò io, la preparerò....

– Oh sì, vi prego....

– O, meglio ancora, farò una cosa. Ne parlerò prima a Mary, la sua fidata domestica, e spiegherò a lei tutto; ella certamente saprà condurre la cosa meglio ancora di me....

– Oh sì, sì. Come siete buono!... – mormorò ella tutta agitata ancora.

– Vedrete, Ethel, faremo bene le cose. Ella è molto debole, vi ho detto. Dobbiamo essere prudenti....

– La mamma!... – mormorava la povera fanciulla come in sogno.

– Vedete? Dio ha perdonato.... e sta per dare ora anche a quella povera anima una felicità insperata!...

– La mamma! la mamma!... – ripeteva Ethel trasognata.

– Calmatevi, amica mia, calmatevi, – mormorai dolcemente.

– Domani, non è vero? domani andrete da lei! E la vedrete!... E poi nella sera....

– Se sarà possibile, sì.

– E la vedrò! la mamma!

– Povera cara, sì!

– La mia povera mamma! io che l'ho sospirata tanto tempo! io che piangeva di non averla mai conosciuta!... Ero tanto piccina quando mi fu tolta! Nella mia mente non c'era che buio!... Io mi sforzavo di ricordarla, di rivederne il volto, gli occhi, la bocca! Invano, sempre invano. E mi arrabbiavo con me stessa di non esser capace di ricordare!... La vedrò finalmente!

Poi divenendo cupa ad un tratto:

– E la mia sorellina?

– Non la ricordate affatto?

– La vedo come in sogno, ora.

– Avevate sì pochi anni!...

– Povera Ketty!...

– Chissà? – mormorai, – chissà?... dopo quanto Dio ha voluto che avvenga!...

– È vero, chissà? – esclamò la fanciulla, tornata raggiante, – chissà?... è vero!...

A un tratto voltasi a me e accennandomi il ritratto del padre, ch'ella aveva ripreso, esclamò:

– È mio, ora.

Sorrisi.

– Sì, è vostro. Ne avete diritto.

– Grazie.

– E a Doroty?...

– La preparerò io.... a rivedere la mamma!

– È vostra sorella, – mormorai.

– Grazie, mio Dio, – mormorò Ethel.

E chinata la testa e la persona restò alquanto in silenzio. Mi accorsi che pregava. Poi alzò il volto pieno di luce:

– Avete detto bene, amico mio, di Ketty.... dopo quanto è avvenuto!... Chissà? chissà?...

E con questo pensiero di speranza e di fede, ci lasciammo per quel giorno.

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