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Ma fu nella notte di quell'istesso giorno che la madre ebbe la conferma delle alterate facoltà del figliuolo.

Febo dormiva in una cameretta poco lontana da quella della contessa. Durante la notte, insonne per donna Laura, parve alla madre sentire de' gemiti venire dal figliuolo.

Si levò, s'avvolse in un accappatoio, e in punta di piedi, senza fare rumore, si avviò nella camera di Febo.

Egli era a sedere sul letto, convulso, terreo, gli occhi vitrei, le braccia tese: un copioso sudore gli scendeva dalle tempia sulle gote scarne.

Donna Laura n'ebbe paura.

Rauche voci uscivan dalla bocca del fanciullo. La madre gli si gettò sopra, chiamandolo a nome, accarezzandolo, cercando calmarlo.

Ella comprese tosto che il povero figliuolo era preda di un sogno, di un incubo pauroso.

Egli con le braccia rigide e tese pareva voler scacciare da sè qualcosa di spaventoso e gli occhi dilatati fissavan la madre senza vederla.

Finalmente, sotto la stretta affannata della madre, si riscosse, si guardò intorno.

Si era svegliato.

Allora si strinse tutto al collo della madre e ruppe in un dirotto pianto nervoso.

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