753. Nuovo metodo per fare del buon vino. — Per fare il vino nel modo che siamo per indicare, occorre: 1.° d’essere ben informato di tutte le qualità di ciascuna specie d’uva: 2.° non si deve aspettare che le uve sieno troppo mature per vendemmiare, nè cadere nell’eccesso contrario, raccogliendole troppo acerbe.
Allorchè si vogliono fare de’ vini rossi mischiandovi dell’uva bianca, bisogna raccogliere prima l’uve nere, gettarle nelle bigonce, e pigiarle co’ piedi: ciò fatto, si versa il mosto e le vinacce tutt’insieme nel tino. Si colgono nel medesimo tempo le uve bianche, si pigiano, e si mettono sotto al torcolo per ispremerne il mosto, senza però far troppa forza: allora si getta il solo mosto nel tino, sopra a quello dell’uva nera, ed i due liquori, mischiandosi, fermentano insieme. Quando la stagione non è fredda, il liquore non tarda a fermentare, le pellicole dell’uva s’innalzano alla superficie, e in poco tempo tutte le vinacce galleggiano sopra il vino che fermenta. Si deve notare che due terze parti di queste vinacce stanno immerse nel vino; ma è certo che l’altra terza parte ne rimane fuori, e che perciò inacetisce: ora, da ciò deriva che gli spiriti vinosi esalano, il liquore prende un sapore spiacevole, e l’aria all’intorno si impregna di un odore vinoso sì forte, che non si può sopportarlo lungamente senza pericolo.
Per rimediare a tale inconveniente, l’autore di questo metodo ha ideato un tino, per mezzo del quale gli spiriti volatili ricadono nella massa del liquore coll’ajuto d’una specie di campana e di cannello ricurvo; dimodochè il vino fa tutte le sue funzioni in questa nuova forma di tino sì liberamente come ne’ tini ordinarii, senza perdere i suoi spiriti, e tutte le parti dell’uva son messe a profitto, perchè l’aria ha la libertà d’uscire dal collo del cannello che conduce gli spiriti; e cosi il vino riesce perfettamente. Una tale invenzione conserva al vino tutta la sua forza, ed anche gliene dà, nel caso che non ne avesse abbastanza. In questa maniera si può lasciar fermentare il vino colle pellicole dell’uva, finchè abbia acquistato un colore carico. Quando si vede che il vino è ben colorito, e che la sua grande fermentazione è cessata, bisogna cavarlo dal tino e travasarlo in una botte benissimo netta e risciacquata con vino, o che abbia contenuto del vino per l’addietro. Quanto maggiore sarà la tenuta della botte, tanto meglio si conserverà il tuo vino.
Siccome il vino fermenterà nella botte per qualche tempo, si deve lasciargli la libertà d’uscire pel cocchiume; altrimenti la botte potrebbe spezzarsi: ma per timore che non si dissipi troppa quantità di spiriti volatili, si sovrappone alla botte una campana o cappello, il cui collo sia proporzionato al cocchiume. Si può quindi lasciare che il vino passi l’inverno in questo stato, dopo di che si chiude interamente la botte.
754. Maniera di fare il vinello. — Dopo che le uve fermentate sono state messe sotto al torcolo, piglia le vinacce, dirompile e dividile, gettale in un tino, e aggiungi una quantità d’acqua proporzionata; cioè a dire, se il vino d’un tino empiè quindici o venti barili, le vinacce possono darne due o tre di vinello, o come altri dicono, di acquerello. Poste le vinacce nel tino, bagnale il primo giorno con circa 30 boccali d’acqua: bentosto ha luogo la fermentazione. Il giorno appresso aggiungi la stessa quantità di acqua, e così successivamente per più giorni, fino a che abbi all’incirca la quantità di vinello che desideri. Se tu vi mettessi tutta l’acqua in una sola volta, non succederebbe la fermentazione, la quale è necessaria. Dopo 10 o 12 giorni potrai tirare il tuo vinello dal tino, e travasarlo ne’ barili, dove bollirà per qualche tempo; e come avrà finito di bollire, turerai i recipienti, e li porterai in cantina.
Il vinello è soggetto a inacetire; ma si previene un tale inconveniente coll’aggiungervi un corpo mucilagginoso e zuccheroso, come sarebbe il miele, ed un po’ di cremore di tartaro sciolto in acqua calda. Simili ingredienti vanno aggiunti allorchè si cava il vinello dal tino. Ordinariamente si mette un’oncia di cremore di tartaro e due libbre di miele, ed anche più, per ogni 100 bottiglie di vinello.
755. Maniera di migliorare i vini. — Il sciroppo d’uva, preparato a dovere, serbato in luogo asciutto e turato con semplice carta grossa, è un potente soccorso per favorire la fermentazione del mosto, e conseguentemente per accrescere la forza del vino nelle annate in cui l’uva ha sofferto al momento di maturare.
756. Maniera di togliere il eattivo sapore al vino. — Prima di tutto travasa il tuo vino in una botte fresca, dove sia stato del vino di buona qualità; fa una focaccia di farina di segale semplicemente, ovvero con qualche carota acciaccata e mescolata colla detta farina; cuocila, e mettila così calda alla buca invece del cocchiume. Quest’operazione si replica finchè non sparisce affatto il cattivo sapore del vino.
757. Modo di correggere i vini viziati. —Piglia una parte di buon miele, due parti d’acqua piovana, ed una parte di vino vecchio di buona qualità; fa bollire il tutto a fuoco moderato, infino alla consumazione d’una terza parte, avvertendo di schiumarlo di quando in quando, e riponi questo miscuglio in un vaso, dove lo lascerai freddare. Questa specie di elisire, versato in una botte, migliora i vini vecchi e nuovi, li chiarisce e li corregge de’ vizii che potessero aver contratti. Se ne mette un boccale per ogni sessanta boccali di vino, si dimena, e quindi si lascia riposare per 5 o 6 giorni. Nel caso che il vino fosse troppo dolce, vi si aggiunge un poco di senape bianca.
758. Modo di far l’aceto. — Un fabbricatore d’aceto deve per prima cosa provvedersi di botti che sieno già state adoperate per quest’uso; ovvero farne costruire di nuove, ed aver gran cura che le s’imbevano d’aceto. Quando le botti sono bene imbevute, si versa in ciascuna di esse un boccale o circa di mosto bollente, che vi si lascia per 8 o 10 giorni, passati i quali, si aggiungono in ciascuna botte 10 boccali di vino, e si replica quest’operazione ogni 8 giorni, fino a tanto che le botti sieno colme. Quindici giorni dopo il totale riempimento, il fabbricatore può cominciar la vendita del suo aceto. Avverta però di non vuotar mai del tutto le sue botti; ma le lasci sempre mezzo piene, a fine di poter rifare l’aceto.
È facile accorgersi del momento in cui si va operando il processo dell’acetificazione, immergendo una doga nelle botti; poichè si vedrà una linea bianca alla parte superiore della linea d’immersione; e tale linea sarà tanto più larga, quanto meglio è in atto la fermentazione: in questo caso bisogna aggiunger vino più di sovente, laddove convien soprassedere quando la linea è poco appariscente.
I fabbricatori d’aceto hanno riconosciuto la necessità di servirsi solamente di vino chiarissimo; per cui rinchiudono quello torbido in una botte dove hanno messo uno strato di trucioli di faggio, a fine di farvelo chiarire. Il luogo che devesi scegliere per tenervi le botti d’aceto, vuol esser bene arioso, e disposto in modo da mantenere nell’inverno una temperatura di 18 a 20 gradi, per mezzo d’una stufa.
759. Aceto domestico. — Comprerai un barile di aceto della miglior qualità; ne caverai alcuni boccali per l’uso della casa, e subito lo riempirai con una quantità eguale di vino chiaro del colore medesimo dell’aceto. Turerai semplicemente il barile con carta o straccio che applicherai leggiermente al cocchiume, e lo terrai ad una temperatura di 18 a 20 gradi.
Di mano in mano che avrai bisogno d’aceto, ne caverai la quantità necessaria, e, come facesti la prima volta, vi sostituirai altrettanto vino. Il barile, successivamente così vuotato e riempiuto, somministra per lungo tempo un aceto ben condizionato, e senza che vi si formi nè feccia, nè sedimento notabile.
760. Altro modo di far l’aceto. — Si può fare ancora del buon aceto, conservando e mettendo a parte de’ racimoli allorchè si sgranellano le uve. Durante il tempo in cui il vino si fa, i racimoli cominciano ad inforzare, vale a dire, divengono forti ed acetosi; e, per disporveli meglio, ed impedire che muffino, conviene di quando in quando rivoltarli. Quando il vino è fatto, si copre la feccia con questi racimoli inforzati, e, dimenando ben bene il tutto, vi si versa sopra una quantità di vino nuovo proporzionata a quella dell’aceto che si vuol ottenere. Non si deve temere di mettere troppa feccia nella botte; perocchè la forza dell’aceto sarà tanto maggiore, quanto meno se n’è fatto risparmio.
761. Aceto speditivo. — V’hanno parecchie maniere di convertire in poco tempo il vino in aceto. 1.° Getta nel vino un po’ di sale pesto con pepe e lievito inacetito: l’effetto ne sarà prontissimo. 2.° Se vuoi ottenerlo ancora più presto, tuffavi due volte una tegola od un pezzo d’acciajo rovente. 3.° Per rendere in due giorni fortissimo l’aceto, mettivi dentro de’ tozzetti di pane d’orzo. 4.° Se porrai nel vino de’ pezzetti di legno di tasso, lo vedrai bene tosto convertito in aceto. 5.° Piglia in egual dose: tartaro, zenzero e pepe lungo; involgi questi tre ingredienti in un pezzo di pannolino, e mettilo in una certa quantità di buon aceto; indi ne lo ritirerai e lo lascerai asciugare; e quando ti piacerà di fare dell’aceto, immergerai questo sacchetto nel vino, e la dimane lo troverai cambiato in aceto.
Per dar maggior forza all’aceto, devi farne bollire una porzione, e mescolarlo indi insieme.
762. Aceto economico. — Raccogli le pere che cadono dagli alberi; e che cominciano a guastarsi; tagliale a spicchi, e ponile in una botte; poi versavi sopra dell’acqua, ed esponi al sole. Per accelerare ed agevolare la fermentazione, vi aggiungerai del lievito, o meglio ancora un poco d’acido tartaroso. Allorchè l’aceto è sufficientemente acido, devi farlo passare per pannolino, e lasciarlo posare per alcuni giorni. Si formerà allora un sedimento più o meno notabile, per cui decanterai il tuo aceto, ovvero lo travaserai per mezzo d’un sifone, a fine di serbarlo per l’uso.
763. Processi per scolorare l’aceto. — L’aceto è più grato alla vista, quanto meno è colorato. Se dunque tu avessi un aceto troppo rosso, lo potrai scolorare alquanto co’ seguenti processi:
1.° Mischia la chiara d’uno o due uova con un boccale d’aceto, e fa bollire questo miscuglio: l’albumina, coagulandosi, strascina seco una porzione della materia colorante; si feltra allora il liquore per carta sugante, e si ottiene così l’aceto meno colorito che non era prima d’esser stato sottoposto a siffatta operazione.
2.° Versa un bicchiere di latte in quattro boccali d’aceto caldo, ed agita fortemente: la parte caciosa del latte concentrandosi precipita una quantità considerabile del principio colorante dell’aceto. Poi si ricorre egualmente alla feltrazione.
3.° Il mosto delle uve bianche, possiede esso pure la proprietà di scolorare l’aceto: se ne fa uso nelle grandi fabbriche. A quest’effetto pongono in tini assai grandi una certa quantità d’uva bianca; li riempiono d’aceto, che vi lasciano per alcuni giorni; e quindi ne lo cavano per mezzo d’un foro praticato nella parte inferiore de’ tini. Questo aceto, che si è cominciato a scolorire, vien trasportato in altri tini, i quali contengono della feccia di cui non s’è fatto ancor uso; quivi si scolorisce ancora, e per mezzo di simili operazioni più o meno ripetute, si giunge ad ottenere un aceto pochissimo colorato.
4.° Si mischia ogni boccale d’aceto rosso con due once di carbone d’osso. Questo miscuglio si eseguisce a freddo in un vaso di terra; e si ha cura di agitarlo di tempo in tempo dopo 24 ore. In due o tre giorni lo scoloramento è affatto compiuto. Feltrando allora l’aceto per carta sugante, lo si vedrà uscire limpido come acqua in quanto al colore, senza che abbia perduto nulla del suo sapore, del suo odore, e della sua acidità.