§ I. — Pulitezza della casa e delle masserizie .

572. Maniera di colorare ed incerare i pavimenti. — Comincerai dal colorare; per la quale operazione prendi: colla di Fiandra, libbre 1½; ocra libbre 4, ed una secchia d’acqua. Tieni la colla nell’acqua per alcune ore ad ammollare: indi metti l’acqua al fuoco finchè la colla sia sciolta; anzi giova lasciarvela fino a che abbia cominciato a bollire. Ritira allora il pajuolo e versavi dentro l’ocra, dimenando con una spatola di legno. Lascia freddare affatto la soluzione, e prima d’adoperarla agitala di nuovo, a fine d’incorporar bene il colore col precipitato che si sarà formato. Distendi il colore sul pavimento con una scopa di crini: se dopo la prima mano ti avanza ancora del colore, sarà bene che tu ne dia una seconda. Avverti che il precipitato che rimane in fondo al pajuolo non serve a nulla. Quando il colore è secco, vi si dà una spazzatina per toglier via l’arena che si trova quasi sempre mescolata all’ocra.

Per incerare, togli: cera gialla, libbre 1 1/2: carbonato di potassa e sal di tartaro, once 4; ed una secchia d’acqua. Metti quest’ultima al fuoco, e quando bolle gettavi dentro la cera gialla rotta in pezzetti; tosto che la vedrai liquefatta, allenta il fuoco, e versa pian piano il sal di tartaro, che avrai fatto sciogliere in acqua calda. Agita fortemente il tutto, sì perchè il sale si unisca alla cera e la renda solubile nell’acqua, e sì ancora per impedire che il liquido non si rigonfi e trabocchi dal pajuolo.

Quando l’acqua è diventata bianca, e che nulla galleggia alla sua superficie, bisogna ritirarla dal fuoco. Si può farne uso subito; ma torna meglio lasciarla raffreddare. Se vuoi servirtene subito, intingi la scopa nella cera, e fregane il pavimento, finchè tutta la superficie, e specialmente le commessure, ne siano ben coperte. Se la cera è fredda, dovrai prima di tutto mestarla ben bene, indi spargerla su tutto il pavimento, e finalmente distenderla con la scopa. In ambo i casi si ripete l’operazione finchè non rimanga più cera.

In capo a 24 ore l’inceratura è secca; bisogna allora fregarla con una spazzola ben dura, sino a tanto che il pavimento diventi colorito e lucido. Per conservarlo in questo stato, basta fregarlo una volta la settimana con un pezzo di cera, e poi darvi una buona spazzolata.

La proporzione degli ingredienti è qui stabilita sulla supposizione che il pavimento abbia un’estensione superficiale di 80 braccia quadrate.

573. Altra maniera di dare il colore sui pavimenti. — Quando i pavimenti sono già stati colorati, e il colore non è scomparso che in pochi luoghi, basterà darvi una velatura a guazzo; ma quando gli appartamenti non sono stati per anche colorati, ovvero quando ne è stato portato via tutto il colore affatto, bisogna darvi dapprima una mano di color rosso a tempera; indi una mano a olio; e da ultimo una mano a tempera come la prima. Chi deliberasse maggior solidità, potrebbe dapprima applicare due strati a olio, e poi di sopra uno strato a tempera. In ogni caso conviene aspettare che ogni strato sia ben secco, prima d’applicarne un altro; senza questa precauzione il colore anderebbe soggetto a scrostarsi. Ecco la maniera con cui si preparano i colori a tempera ed a olio.

574. Color rosso a tempera per pavimenti. Si prepara la colla facendo bollire nell’acqua i limbellucci o ritagli di guanti, di pergamene e di cuoj. Quando la colla è ridotta a consistenza press’a poco d’olio, e, mettendone un pochette a raffreddare in un vaso, si condensa e tremola come gelatina, pigliane 4 libbre, falla sciogliere al fuoco, e aggiungi libbre 2 1/2 di rosso di Prussia, mescolando il tutto e dimenando con spatola di legno. Allorchè questo miscuglio è ben caldo e quasi bollente, devi distenderlo eguale sui pavimenti con una scopa, ovvero con una spazzola, o, che è ancor meglio, con un pennello o con una spugna, affinchè il colore si sparga più uniformemente e sia più liscio. Devi lasciarlo ben seccare avanti di darvi sopra di nuovo.

575. Color rosso a olio per pavimenti. — Togli una certa quantità di rosso di Prussia, e macinalo sopra una tavola di marmo con olio di lino cotto. Allorchè è ben macinato, pigliane 2 libbre e stemperalo con un pennello in un miscuglio di libbre 1 1/2 d’olio di lino cotto, e di una libbra d’essenza di trementina, ed applicalo sul primo strato a tempera con un pennello, ovvero con una spugna. Se è d’inverno, o si voglia che il colore secchi prontamente, adopera un po’ più di trementina, e sciogli nella tinta un’oncia di litargirio in polvere; ma guarda di non mettervi una quantità maggiore di questa polvere, giacchè la tua mestica si scrosterebbe in brevissimo tempo. Avverti che si deve sempre applicare uno strato di colore a tempera sopra quello a olio, prima di mettere l’encausto.

576. Maniera di preparare l’encausto per incerare i pavimenti. — Fa liquefare once 4 di cera gialla con un’oncia d’olio di trementina; versa il miscuglio in un mortajo, che avrai scaldato gettandovi dentro dell’acqua bollente; aggiungi successivamente 8 tuorli d’uova, avvertendo di mescolar bene ogni cosa, per formare una pasta che allungherai con un boccale d’acqua calda, versandovela sopra a poco a poco, e continuamente rimestando. Si applica quest’encausto con una spazzola o spugna sopra i pavimenti, che vogliono essere dapprima dipinti a tempera. Allorchè l’encausto è secco, il che ha luogo in due o tre ore, si frega forte sul pavimento con una dura e larga spazzola, sopra cui si appoggia il piede, e così in poco d’ora vi si dà un lustro brillantissimo, che si conserva lungo tempo, purchè si abbia l’avvertenza di fregarlo una volta la settimana.

577. Altro encausto per incerare i pavimenti. — Togli 5 once di soda, e fa bollire mezz’ora in una pignatta di ferro con 3 boccali d’acqua e 2 once di calce viva; ritira l’acqua dal fuoco, lascia posare, e decanta in una catinella di rame o di ferro; aggiungi 3 once di cera gialla sbriciolata; metti al fuoco il miscuglio; bolli per circa un’ora, avvertendo di rimestare di quando in quando con una spatola di legno; indi lascia in riposo l’encausto, il quale devesi adoperare soltanto freddo. Lo distenderai, come l’altro; ma questo ha il vantaggio di non alterarsi così presto e di conservarsi più lungamente.

578. Altro metodo per dare il colore e il lucido agli ammattonati dei pavimenti. — Bisogna anzi tutto spazzare diligentemente i mattoni, gettandovi sopra o acqua di lisciva, o acqua saponata, ovvero acqua carica d’una ventesima parte di carbonato di potassa. Questa lavatura serve a toglier via tutte le macchie d’unto, e dispone tutte le parti dell’ammattonato a ben ricevere il colore a guazzo. Si lasci prosciugare.

Frattanto sciogli in 10 libbre d’acqua 8 once di colla di Fiandra. Mescola a questa soluzione, mentre ancor bolle, libbre 2 1/2 d’ocra rossa, e stempera esattamente. Dà una mano di questo colore all’ammattonato, e lascia che si prosciughi. Indi ve ne darai un’altra con rosso di Prussia stemperato con olio di lino disseccativo. Finalmente vi darai l’ultima mano col medesimo rosso stemperato con colla. Secca che sia l’opera, frega con cera.

579. Modo economico di spazzare il camino. — Pesta minutamente in un mortajo, che avrai prima scaldato, 3 parti di salnitro, 2 parti di sal di tartaro, ed 1 parte di fiori di zolfo, mescolando il tutto insieme; versa su una paletta di ferro un po’ di questa polvere così ottenuta, formandone un mucchiettino che occupi lo spazio d’un quattrino, e metti la paletta sul fuoco, sotto la canna del camino. Tosto che il miscuglio comincerà a bruciare, fulminerà in modo, che il solo movimento subitaneo dell’aria contenuta nella canna del camino farà cadere senza verun pericolo la fuliggine, così bene ed anche meglio che non potrebbe fare uno spazzacamino. Se non si ottiene subito un tal risultato, converrà rinnovare l’operazione.

580. Maniera di dare al gesso l’apparenza del marmo. — Se hai vasi, statuette, od altri oggetti in gesso, potrai dargli il lustro e l’apparenza del marmo bianco nel seguente modo: fai liquefare al fuoco un pezzetto di sapone bianco in un po’ d’acqua, in modo che ne risulti una saponata leggierissima, da darsi sull’opera di gesso, guardando che non faccia spuma. Allorchè il gesso si sarà imbevuto dell’umidità, e si troverà perfettamente asciutto, lo stropiccerai lievemente con pannolino finissimo, finchè non avrai ottenuto il lustro desiderato.

581. Maniera di pulire e restaurare i quadri. — Le composizioni della vernice che si dà ai quadri sono così varie, che per necessità si rendono complicati i mezzi che si adoperano per levarnela via, a fine di sostituirvene un’altra. Tuttavia indicheremo i metodi più usitati.

Un quadro nuovo non ha ordinariamente che una velatura di chiara d’uovo; questa vernice è la più semplice, ed è composta come segue. Piglia 2 o 3 once d’alcoole debole, od acquavite comune; 3 denari di zucchero bianco in polvere, ed una chiara d’uovo fresco. Sbatti bene tutto insieme, e dai sul tuo quadro questa specie di vernice, servendoti a tale scopo d’una spugna finissima e morbidissima: avverti però di collocare il quadro in posizione orizzontale. Per impedire che le mosche non siano allettate da questo composto, basta spremervi dentro un po’ di succo d’aglio, od anche semplicemente stropicciare con uno spicchio d’aglio le pareti del recipiente in cui devi sbattere la chiara d’uovo. Allorchè si vuol levar via questa vernice, si fa scorrere leggiermente sulla superficie del quadro una spugna inzuppata d’acqua calda. Così operando, si forma una schiuma che si leva poi con acqua limpida. La medesima operazione si replica finchè non si vegga più schiuma sulla spugna.

Con questo mezzo si toglie non solo la vernice fatta con chiara d’uovo, ma ben anche quella che fosse composta di gomma arabica, di colla di pesce, o di qualunque altra materia solubile nell’acqua. Nè nulla v’ha a temere pe’ colori, poichè l’acqua non esercita nessuna azione sull’olio, col quale furono stemperati.

582. Modo di pulire i quadri antichi. — In questi s’incontrano maggiori difficoltà; imperocchè, oltre la presenza di qualche vernice su cui non hanno potere nè gli olii, nè l’alcoole, accade sovente ch’e’ sieno guastati da corpi eterogenei de’ quali s’ignori la natura, e che resistino all’azione del sapone. L’essenza di trementina, a dir vero, ha virtù di levar via molte macchie; ma suol pure intaccare i colori. Si può per altro sostituirvi con vantaggio l’olio d’oliva, ed anche il burro. Queste due sostanze grasse ed untuose non arrecano danno a’ colori, o per lo meno il loro effetto è lentissimo.

La resina che si trova d’ordinario su quadri antichi, si suol togliere con una soluzione ottenuta con una parte di potassa sciolta in 8 parti d’alcoole; ma convien usare molte cautele, giacchè se l’alcoole porta via alcun che della vecchia resina, convertendola in una specie di sapone, esso esercita pure la stessa azione sui colori, o piuttosto sull’olio disseccativo che unisce i colori del quadro. Fa dunque mestieri di gran pratica per usar questo metodo.

L’alcoole purissimo ha molta attività non solo per levar via le macchie oleose, ma ben anche le sostanze resinose che costituiscono le vernici, e a un tempo non porta seco l’inconveniente d’alterare i colori a olio. L’alcoole agirebbe però sui colori, nel caso che il pittore si fosse servito d’essenza di spigo o di trementina per istemperare i suoi colori. Bisogna quindi accertarsi anzi tutto della qualità dell’olio adoperato, facendo un piccolo esperimento in un angolo del quadro.

In generale conviene prima d’ogni cosa di lavare i quadri con una spugna inzuppata d’acqua tiepida. Se in tale operazione non si produce schiuma, è segno che la vernice è di natura resinosa. Qualche volta basta questa semplice lavatura a far ritornare i colori nella loro primitiva freschezza.

Ma se il quadro è velato d’una vernice ingiallita dal tempo poco trasparente, e che assorbisca i colori, bisogna collocarlo orizzontalmente, versarvi sopra dell’alcoole puro, e tenerlo così umettato per alcuni minuti senza fregarlo. Indi vi si fa scorrere sopra dell’acqua fresca, la quale toglie via l’alcoole e la porzione di resina ch’esso avrà sciolta o rammollita: ma si abbia cura di evitare qualunque stropicciamento, per non correr rischio d’intaccare il fondo. Si lasci prosciugare la superficie, e si replichi la medesima operazione finchè si sia levata tutta la vernice.

V’hanno de’ casi che il quadro è coperto d’una vernice composta d’olio grasso e d’una materia insolubile, come sarebbe la gomma coppale. Conviene allora abbandonar l’impresa, perchè tanto l’alcoole che le liscive rimangono senza effetto. Gli stessi olii essenziali, che pur parrebbero a proposito, non fanno che intorbidire la superficie della vernice con danno del colorito.

Tuttavia se il quadro è di qualche pregio, merita la spesa di far uso dell’etere, come quello che non solo ha virtù di sciogliere la gomma coppale, ma non intacca punto l’olio disseccativo che lega i colori. A tale effetto basta distendere sul quadro una tela inzuppata di etere. Questo espediente è assai dispendioso.

Quando un quadro inverniciato è sporco di fumo o di polvere, si può ridonargli il lustro primiero con un poco di fiele di bue, servendosi a quest’effetto d’una spugna. E nel caso che il quadro non fosse inverniciato, il fiele di bue non solo non porterebbe alcun danno ai colori, ma li ravviverebbe, purchè si usi molta cautela nel fregare.

583. Metodo per pulire i bronzi. — Trattandosi di bronzi inargentati, allorchè sono imbrattati di cera o di sevo, bisogna tuffarli in acqua bollente e lasciarveli fino a tanto che simili materie siansi liquefatte; indi si asciuga il metallo, si piglia della biacca sciolta nell’acqua, e con una spazzola intinta in questa soluzione si frega tutto il bronzo; si lascia allora seccare, e con un’altra spazzola si leva via il bianco rimasto nelle sinuosità dell’oggetto che si vuol ripulire; finalmente gli si da il lustro fregandolo con pannolino bene asciutto.

I bronzi dorati bisogna fregarli con una spugna fine inzuppata di vino o d’aceto ben caldo; indi si espongono al sole od al fuoco per farli asciugare.

584. Metodo per pulire l’argenteria. — Sciogli un poco d’allume, e forma una forte salamoja, che schiumerai con diligenza; mischiavi del sapone, e lava in questa composizione la tua argenteria, servendoti d’un cencio di lino.

585. Maniera di ripulire le minuterie d’oro. — Per far riapparire la lucentezza di questo metallo, basta una soluzione di sapone, o l’uso di alcali fissi, o di alcali volatili, o anche del semplice spirito di vino rettificato. Con ciò si distrugge l’adesione di corpi stranieri sugli oggetti d’oro.

586. Maniera di pulire i galloni d’oro o di argento. — Piglia fiele di bue e di luccio; mischia in acqua chiara; lava in questo miscuglio i galloni d’oro o d’argento, e poi fregali con una spazzoletta morbida intinta nello spirito di vino caldo.

587. Modo per ottenere una buona lisciva. Piglia ceneri prodotte dalla combustione di legne forti, e falle bollire nell’acqua nella proporzione di 6 boccali di quest’ultima per ogni boccale di cenere, aggiungendovi inoltre 2 once di calcina viva ben pestata, o stemperata di fresco nell’acqua. Lascia posare o purificare l’acqua della lisciva affinchè tutti i corpi stranieri vadano a fondo o vengano a galla; versala allora in altro recipiente, e serbala per l’uso.

Allorchè vuolsi adoperare questa lisciva, se ne piglia una quantità qualunque, e la si versa in una conca con una cucchiajata d’olio per due boccali di liquido. Sull’istante ne risulta un liquor bianco come il latte, il quale, agitato e fortemente dimenato, spumeggia al pari della miglior acqua di sapone. Si aggiunge acqua calda a discrezione per rendere men forte la lisciva, e vi s’immergono le biancherie, stropicciandole, torcendole, ecc., secondo l’uso.

La lisciva ha da esser preparata al momento che se ne dee far uso; perchè, rimanendo in vasi scoperti, essa perde assai della sua virtù.

Le ceneri nuove de’ nostri focolari sono da preferirsi alle vecchie, le quali riescono sempre meno efficaci; laonde, per tirar da queste ultime miglior profitto, conviene mescolarle con maggior quantità di calcina viva, cioè ad ogni boccale di cenere vecchia s’ha da aggiungere tre o quattro once di calcina.

588. Maniera di rendere la canapa simile al lino. — Prepara una lisciva nel modo qui sopra indicato, e per ogni dieci libbre di canapa, aggiungivi una libbra e mezzo di sapone raschiato. Tieni in molle la canapa per un giorno nella tua lisciva così preparata; indi falla bollire per due ore, dopo di che ne la caverai fuori, e la sottoporrai alle medesime manipolazioni che si usano pel lino.

589. Modo di lavare i tessuti di cotone colorati. — Le indiane ed i fazzoletti di cotone in colori non devono venir stropicciati col sapone duro, ma conviene preparare in disparte una buona saponata, nella quale s’immergono poi gli oggetti da lavarsi. Avviene spesso che il color verde dei tessuti di cotone svanisce, quando la saponata è forte, e lo stesso rosso ne rimane di molto alterato; perciò, a rendere meno sensibile e men pronta tale degradazione di colore, giova porre nell’acqua alcune gocce d’acido solforico, d’acido tartarico, o d’acido citrico, ovvero ancora dell’aceto bianco assai forte. Per rattenere i colori fugaci torna vantaggioso ancora il tener i tessuti immersi per ventiquattr’ore in un’acqua dove siasi fatto bollire prima una quantità di fieno.

Per far l’acqua di riso, che supplisce con tanto successo al sapone, e che è in sì grand’uso presso gl’Indiani ed i Chinesi, si prende circa due libbre di riso, e si fa bollire in 12 o 15 boccali d’acqua, fintante che questa sia divenuta molto mucilagginosa e che il riso sia bene disfatto. Si versa il tutto in una conca, e quando l’acqua è divenuta tiepida in modo da potervisi tener dentro la mano, vi s’immergono i tessuti colorati, e si opera come si farebbe coll’acqua di sapone: dopo ciò si fa bollire una minor dose di riso in una stessa quantità d’acqua, si separa il riso dopo l’ebullizione. e si lavano di nuovo le indiane in questa decozione sino a che sembrino ben nette; finalmente si risciacquano ancora in un’acqua di riso, ma molto più leggiera.

590. Modo di lavar la flanella. — Per impedire che la flanella diventi gialla lavandola, piglia una cucchiajata di farina per ogni boccale d’acqua che ti occorre adoperare; stemprala ben bene; metti il recipiente al fuoco avvertendo di dimenare, affinchè la farina non faccia bernoccoli; versa una metà di questa colla leggiera sulla flanella: fa che la stoffa se ne inzuppi, e, tosto che il liquore si sarà freddato tanto da poterlo sopportare sulla mano, frega alla guisa che si usa col sapone; poi lava la flanella in acqua chiara; versavi sopra l’altra metà della poltiglia bollente, frega di nuovo, e lava in parecchie acque.

Così lavata, la flanella diverrà bianchissima, e la sua applicazione alla pelle riescirà tanto più sana, quanto maggiore sarà la sua nettezza.

591. Modo d’imbiancare e dare la salda ai merletti. — Bisogna immergerli consecutivamente in un’acqua di sapone calda, senza stropicciarli, ma soltanto farli scorrere fra le mani, e poi metterli al sole. Oppure si fanno lentamente bollire con grasso di montone in acqua molto carica di sapone; indi, allorchè sono presso che asciutti, si attaccano sopra un tappeto, distendendoveli con degli spilli; e poi con una spugna ben fine intinta in acqua gommata si umettono i merletti, e con altra spugna egualmente fine si asciugano tosto, affinchè l’umidità non penetri nel tappeto, e i merletti non siano che leggiermente inumiditi. Finalmente, dopo che saranno asciutti, si distaccano dal tappeto e si stirano.

592. Processi per lavare e marezzare le calze di seta. — Si lavano in due o tre acque di sapone, e quando sono ben pulite, vi si dà un leggier bollore nell’ultima acqua, dentro la quale si mette un tantino d’azzurro; indi si torcono per farne uscire tutta l’acqua che è possibile, e si zolfano. Per fare la quale ultima operazione, si stendono le calze così umide sopra una canna in luogo ben chiuso e dove non vi sia niuna corrente d’aria; si mette dello zolfo in un vaso di terra, e vi si dà fuoco, lasciando le calze esposte al vapore dello zolfo per 24 ore; dopo di che, si riapre la stanza per farle asciugare. Ciò fatto, si fregano sulle lor forme con uno trofinacciolo di panno lano per dar loro il lustro, od anche con un vetro per renderle più lucide. Finalmente si cavano d’in su le forme e le si piegano.

Quando si vuol marezzarle, cioè fare che le siano a onde, si mette l’una delle calze in forma, e vi si applica sopra l’altra in modo che il suo rovescio rimanga al di fuori, sicchè i due ritti si trovino sulla medesima forma applicati l’uno contro l’altro; indi con un bussetto,il cui capo tondeggi alla guisa di un cappello di fungo, si strofinano insieme le due calze sulla forma, andando da diritta a sinistra e per traverso, tantochè in tal guisa le calze, ricevendo una pressione contraria in differenti direzioni, si trovano marezzate allorchè si levano dalla forma.

Se le calze sono di seta colorate, non si lavano con sapone, nè tampoco si zolfano; ma si nettano semplicemente con fiel di bue, il quale ne cava tutte le macchie, e non altera sensibilmente i colori.

593. Maniera di lavare e rincartare i veli. — Per lavare i veli senza sgualcirli, bisogna metterli in un sacchetto di tela bianca. Si preparano tre bagni di sapone, e vi s’immerge in più volte il detto sacchetto, pigliandolo colle mani; quando il primo bagno è sporco, si trasporta il sacchetto nel secondo, e poi nel terzo; quindi si deve metterlo in acqua di fonte chiarissima, dove sia un poco d’indaco, o d’azzurro, o di guado, se i veli sono bianchi ; e finalmente estratti fuori dal sacchetto, si mettono i veli ad asciugare, procurando che ciò succeda prontamente, e si dà loro il cartone.

Un’altra maniera consiste in ciò, che si preparano due bagni di sapone, e quindi si fa bollire il sacco contenente i veli in un terzo bagno, con una certa quantità d’azzurro di guado sciolto nell’alcoole. Dopo un’ora di bollitura, si spreme il sacco per farne uscire tutta l’acqua di sapone; quindi si zolfano i veli così umidi come sono (vedi numero precedente); e finalmente si dà loro la salda. Consiste questa salda in una certa quantità di dragante sciolto nell’acqua e passato per pannolino finissimo. Da un’altra parte si dispone un telajetto di legno, a cui si raccomanda una tela ben tesa da tutte le parti. Così preparate le cose, si attaccano i veli su la detta tela con degli spilli, avendo cura di distenderli perfettamente, e si inumidiscono con una spugna intinta nella soluzione di dragante, in modo che i veli non si attacchino alla tela. Dopo che sono asciutti, si levano gli spilli, e si tiran via i veli, i quali si trovano incartati a meraviglia e lucidissimi.

Vedi anche ciò che s’è detto al num. 591.

Alcuni preparano la salda con la colla di pesce. Ma lasciamo stare che questa salda costa molto, le manca però la consistenza ed il lustro del dragante. Tuttavia si può farne uso pe’ veli d’Italia, ed anche pe’ nastri.

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