594. Macchie d’unto. — La sostanza quasi generalmente adoperata per levar le macchie d’olio o d’altre sostanze untuose, è l’olio volatile od essenza di trementina: quanto più è recente tanto maggiore è la sua virtù. Giova perciò assai il prepararsela da sè stesso. Per fare quest’operazione non si tratta d’altro che di stillare la trementina sulla calce; il che si eseguisce in una storta di vetro collocata sopra un bagno d’arena disposto sul fornello; vi si adatta un recipiente opportuno, e si scalda moderatamente. Con tal mezzo s’ottiene un olio volatile leggierissimo, che si conserva in bocce di vetro nero lontane dalla luce.
A quest’olio si possono sostituire altri olii volatili d’un odore più grato: e si può anche mescolare l’olio di trementina con olii volatili fragranti. Simili preparazioni si vendono in commercio sotto il nome d’essence vestimentale de Dupleix.
Si è però osservato che tutte queste mescolanze non reggono al confronto delle sostanze medesime prese da per sè. Quando le sono mescolate, non agiscono più colla stessa energia, e lasciano bene spesso delle tracce, le quali non si possono far disparire fuorchè replicando più volte l’operazione.
Alcuni usano di mettere la stoffa macchiata fra due fogli di carta sugante, e d’applicarvi sopra un corpo caldo che faccia sciogliere la macchia: la sostanza untuosa, rammollita che sia, passa nella carta sugante con cui trovasi a contatto, ed abbandona la stoffa. Si fa sparire intieramente la macchia, ripetendo più volte l’operazione, e mutando ogni volta la carta.
595. Maniera di cavar le macchie d’unto sul panno. — Allorchè una pezza di panno od un abito di lana colorato ha delle macchie d’unto, bisogna prima di tutto batterlo ben bene con una bacchetta; si vedranno allora le macchie coperte di polvere; in questo stato le si fregano con sapone; indi si piglia del fiele di bue, e con una piccola dose di esso si fregano di nuovo tutte le macchie insaponate, finchè le sieno sparite. Poi si aggiungono due boccali d’acqua al residuo del fiele, e con questo miscuglio si spazzola fortemente la stoffa, facendo sempre scorrere la spazzola pel verso del pelo. Quando la stoffa è spazzolata e bagnata egualmente da per tutto, si deve stirarla colle mani, affinchè non vi rimangano pieghe, e metterla ad asciugare. Asciutta che sia la stoffa, essa ha lo stesso lustro come se venisse allora legata di sotto del mangano; le si dà una spazzolata per rammollirla, e non occorre più altro.
Vi hanno però dei casi che si possono cavare le macchie d’unto colla semplice terra de’ purgatori; ed è quando i colori sono solidi, e non si vuole nè lustrare nè bagnare intieramente la stoffa. A tale effetto si frega la macchia ripetutamente con detta terra umida. Si lascia prosciugare e si strofina: indi si batte la stoffa per farne uscir fuori la terra adoperata.
596. Macchie di sevo. — Quando le macchie provengono da gocce di sevo, si cavano facilmente introducendovi del fiel di bue puro con un ferro da calzette; si comincia nel mezzo della macchia, e, distruggendo a mano a mano col ferro da calzette e col fiele il sevo, si riesce a cavare intiera la macchia. Ma si richiede un poco di pazienza e d’attenzione. Distrutto che sia il sevo, si lava il luogo della macchia con acqua.
597. Macchie di pece, di trementina, d’olio cotto, ecc. sulla lana. — Se i corpi untuosi sono molto tenaci, come gli olii cotti, la pece, la trementina, ovvero se le macchie sono vecchie, riesce molto difficile a cavarle co’ mezzi indicati di sopra. Bisogna dunque, in simili casi, rendere liquido il corpo untuoso, mediante dell’olio o del burro liquefatto. A fine d’agevolare la soluzione del corpo formante la macchia, si fa uso d’un calore moderato, e quindi si tratta la macchia col tuorlo d’uovo o col fiele di bue.
598. Macchie di catrame. — Le macchie di catrame sulle stoffe di lana si cavano facilmente mediante il calore e un poco di burro fresco, strofinando lievemente la parte macchiata davanti al fuoco; e quando il catrame è sciolto, se ne leva via il corpo untuoso co’ soliti processi. Laonde, per esempio, supponiamo un abito di panno azzurro tinto coll’indaco e macchiato di catrame: dopo aver rammollita la macchia col burro fresco, ne lo leverai con la terra creta, facendola asciugare in più volte finchè essa abbia assorbita tutta la materia untuosa che è sull’abito: indi laverai la parte macchiata con acqua tiepida, a fine di torne via le ultime particelle di terra creta che fossero rimaste nel tessuto; lascerai che la stoffa si prosciughi così a mezzo, e allora vi darai la spazzola.
599. Macchie prodotte dai colori a olio. — La maniera di cavar simili macchie consiste nel fregar fortemente con un pezzetto di pane, dalla parte della mollica, il luogo macchiato, e tostamente la macchia sparisce.
Si ottiene il medesimo effetto mediante l’essenza di trementina, che bisogna poi lavar via coll’alcoole, tenendo la parte macchiata davanti al fuoco.
600. Maniera di nettare le stoffe di seta. — Bisogna strofinare le stoffe coll’essenza di trementina per cavarne le macchie d’unto, e indi lavarle col sapone se il fondo è bianco, ovvero col fiel di bue o col tuorlo d’uovo se il fondo è colorato.
I fondi bianchi si nettano benissimo col sapone, dando loro due o tre lavature. Alle stoffe bianche si dà una bollitura di sapone dopo d’averle nettate, e poi si zolfano senza sciacquarle nell’acqua (vedi al num. 592). Riasciutte che siano, si dà loro la salda con un poco di dragante, il più bianco che aver si possa.
I colori bruni s’hanno a nettare col fiele di bue, massime quelli in cui entra del cartamo e la terra merita, di cui si suole far uso per tingere quelle stoffe che chiamano foulards, i taffetà d’Inghilterra e di Firenze, ed altre stoffe di seta, i cui colori non sono durevoli.
Le stoffe grosse, come a dire i damaschi ed altre ad uso di tappezzeria, si devono nettare colla spazzola dopo d’averle sodate; e bisogna aver cura di risciacquarle ben bene acciocchè non vi resti più alcuna traccia di sapone; altrimenti, asciutte che le sieno, presentano una polvere bianca. Si vogliono però eccettuare le stoffe che s’hanno poi a zolfare. Ciò fatto si dà loro il lustro col mangano o col cilindro; e un particolare può far uso della liscia calda come si usa per la biancheria.
601. Macchie d’unto sulle stoffe di seta color rosa. — Il signor Giobert propone di cavar le macchie d’unto sulle stoffe di seta tinte in rosa, con un mezzo assai facile: consiste questo in servirsi dell’etere purissimo, od anche dell’alcoole saturato di canfora. Si piglia un po’ di quest’alcoole, si strofina con esso la macchia, e poi si lava non già coll’acqua, perchè questa farebbe precipitare una porzione di canfora sulla stoffa, ma sibbene con dell’alcoole comune.
Questo processo è applicabile anche a tutte le macchie d’unto sui colori più delicati, e non altera punto nè i colori, nè i tessuti.
602. Macchie prodotte da corpi resinosi. — Le maniere praticate per cavar queste macchie sono in generale le medesime di cui abbiamo parlato addietro. Ma siccome le più di esse non possono aver effetto se non in quanto i corpi resinosi siano convenientemente rammolliti, così non proporremo altro che l’alcoole purissimo, il quale ha la proprietà di sciogliere le resine, e di non alterar punto nè le stoffe nè la maggior parte dei colori.
Si conoscono in commercio alcune preparazioni, le quali sono particolarmente destinate a quest’uso: la più vantata è l’acqua della regina d’Ungheria. (Vedi sotto questo articolo).
Si adopera anche l’essenza di trementina massimamente qualora la macchia sia fatta da un corpo tenace, come son le vernici. Ma in tal caso si deve rammollir la macchia con un ferro caldo, prima d’applicarvi la detta essenza; e quindi è necessario di lavarla coll’alcoole o coll’acqua della regina d’Ungheria.
603. Macchia di cera. — II miglior modo per cavar queste macchie, si è di strofinar la parte macchiata coll’alcoole, o, in mancanza di questo, con acquavite della più forte, lasciandovela stare immersa per qualche istante: ben tosto si vede la cera spiccarsene in polvere; e mediante una strofinatina la si vede sparire interamente.
604. Macchie di sughi, o decotti, o infusi di sostanze vegetali ed animali. — Gli effetti che questi sughi producono sulle stoffe, si possono ridurre a tre modi d’azione: 1.° Sono acidi, come i sughi di limone, di melarancia, di ribes, ecc., e generalmente distruggono i colori su cui passano. 2.° Presentano un carattere stitico o astringente, come i sughi di melagrana, le decozioni di galla, ecc., e producono delle macchie che si cambiano in giallo od in bruno, per cagione dell’azion dell’aria e della luce, ed acquistano una tale tenacità, che resistono al sapone. 3.° Finalmente quelli che depongono semplicemente le loro particene coloranti sulle stoffe, senz’alterarne nè il colore nè il tessuto, come sono i sughi di decotti, o gl’infusi di sostanze che non posseggono essenzialmente i caratteri acidi e astringenti; ed a questa classe si riducono il thè, il caffè, la cioccolata, gli sciroppi, le confezioni, e tutto ciò che si prepara nelle cucine pe’ nostri usi domestici, e parimente i sughi o le decozioni di sostanze animali, come il sangue ed il brodo, che producono macchie analoghe a quest’ultime sostanze vegetali; e sebbene ne differiscono in quanto a’ loro principii costituenti, si distruggono nondimeno coi medesimi agenti che per i sughi colorati di quei vegetali, i quali depongono semplicemente le loro particene coloranti, senza alterare sensibilmente nè i tessuti, nè le loro tinte. Di questo genere di macchie faremo ora parola, riserbandoci di parlare altrove (numeri 614 e 615) de’ liquidi che intaccano i colori e li trasmutano.
Allorchè questi sughi sono di fresco deposti sopra una stoffa, basta una semplice lavatura con acqua fresca per farneli sparire; ma dove siasi dato loro il tempo di seccare, aderiscono con più forza alla stoffa, nè sempre basta la sola acqua a cavarneli.
In tal caso si ricorre ad altri agenti, come, per esempio, all’uso dell’acido solforoso pe’ tessuti colorati, e dell’acido muriatico ossigenato o combinato colla potassa per le stoffe bianche: quest’ultima combinazione è conosciuta sotto il nome d’eau de javelle.
Siccome non si può indistintamente far uso dell’acido solforoso o dell’acido muriatico ossigenato per cavar questa sorta di macchie (poichè l’acido muriatico ossigenato distrugge in parte i tessuti di seta e di lana, e consuma tutti i colori vegetali), si può solo valersi di quest’ultimo per le tele di lino, di cotone e di canapa; ed a tale effetto si strofina la macchia col detto acido, o colla così chiamata eau de javelle, fino a che sia disparita, e indi la si lava in acqua limpida, e si fa asciugare.
Il puzzo insopportabile dell’acido muriatico ossigenato, e la difficoltà di provvederselo, fanno sì che più generalmente si fa uso dell’acido solforoso per cavar simili macchie, presentando esso inoltre il vantaggio d’avere una grande inerzia sopra i colori; sicchè non altera l’azzurro sulla seta, e nè tampoco il color di rosa, cui fa sparire la semplice acqua bollente; non intacca i colori prodotti da succhi o decotti astringenti, e non guasta i gialli sul cotone. Basta pertanto allungarlo convenientemente per farne uso in questi casi: si strofina con esso la macchia, e, sparita ch’ella sia, si lava il luogo dove la si trovava, e si pone la stoffa ad asciugare.
Il processo che si pratica nelle officine per ottenere l’acido solforoso, conviene soltanto per operare in grande, e richiede troppa spesa allorchè non se n’ha bisogno che di una piccola quantità; perciò non sarà fuor di proposito il descrivere un processo semplicissimo per mezzo del quale si ottiene il detto acido assai facilmente e con poco dispendio.
Fa abbruciare del zolfo in una piccola scodellina collocata in mezzo ad un piatto, dove avrai versato una certa quantità d’acqua: allorchè lo zolfo è infiammato, copri la scodellina con una campana di vetro, o con una gran tazza, facendo in modo che le sue pareti peschino nell’acqua del piatto. Il vapore bianco che si va formando, si precipita nell’acqua, vi si scioglie e la acidula. Ripetendo quest’operazione più volte, si perviene ad ottenere un acido che segna fino a 2, ed anche 5 gradi del pesa-liquori del Beaumé. In questo stato se ne può far uso per cavar le macchie prodotte da sostanze vegetali cadute sulle stoffe di colore.
605. Macchie di ruggine. — Le macchie di ruggine prodotte dal ferro sono così frequenti come difficili a cavarsi. Il ferro deposto sopra una stoffa, vi si può trovare in due stati differenti; e quindi non è sempre solubile ne’ medesimi solventi. Bisogna dunque distinguere con diligenza questi due stati: cioè, 1.° quando il ferro è in istato d’ossido nero, vale a dire vicino allo stato metallico; 2.° allorchè è in istato d’ossido rosso, o sopraccarico d’ossigene. Nel primo caso, l’ossido aderisce assai meno alla stoffa, e si può cavarnelo coll’acido solforico, ovvero coll’acido muriatico, allungati con dodici parti d’acqua.
Basta immergere la stoffa ne’ detti acidi, e lasciare che si umetti convenientemente, avvertendo di strofinare la macchia colle dita, e di ripiegare e fregare la stoffa sopra sè stessa allorchè ella resiste all’azione dell’acido; indi si deve lavare la stoffa con gran diligenza nell’acqua chiara, a fine di liberarla da tutto l’acido ond’è inzuppata.
Si può ancora, in tutti i casi, adoperare il cremore di tartaro ridotto in finissima polvere, coprendo con esso la macchia prima d’umettarla: si lascia indi agire questa polvere umida per qualche tempo, e da ultimo si strofina la stoffa con somma diligenza.
Il cremore di tartaro è preferibile agli acidi di cui abbiamo parlato, in quanto che intacca assai meno le stoffe, e soprattutto altera meno i colori, che non sogliono gli acidi suddetti, a’ quali ve n’ha pochi che resistano.
Ma nel secondo caso, quando cioè il ferro è molto ossidato, ed il colore della macchia pende ad un giallo rossigno più o meno intenso, non si può far uso degli acidi mentovati di sopra, e conviene ricorrere ad altri processi. Si fa dunque uso, in tal caso, dell’acido ossalico, il solo, fra tutti gli acidi, che abbia la proprietà di sciogliere il ferro colla massima facilità, senza intaccare sensibilmente le stoffe su cui viene applicato. A tale effetto si deve polverizzarlo e applicarlo sulla macchia, bagnandola leggiermente per aiutare l’azione dell’acido; ovvero si può applicarvelo già bello e sciolto.
All’acido ossalico si possono sostituire alcune delle sue combinazioni; quella, per esempio, ch’esso forma colla potassa, e che costituisce il sai d’acetosa del commercio. Ma la sua virtù è meno energica.
606. Macchie di ruggine sul merletti e sulla biancheria. — Mentre si dà loro il sapone per lavarli, si fa scaldare una liscia; si pone sul ferro così caldo un pannolino bagnato, affinchè si sviluppi un vapor d’acqua: si colloca sopra questo pannolino fumante la parte macchiata di ruggine, e col dito si prende dell’acido ossalico o del sal d’acetosa in polvere, cospergendolo in più volte sulla macchia. Il calore e l’umidità accelerano l’azione dell’acido sulla ruggine, e sparisce tosto la macchia. Ciò ottenuto, si torna a darle di sapone.
607. Macchie d’inchiostro. — Queste macchie hanno molta relazione con quelle di ruggine; anzi passano a questo stato ogni volta che il progresso del tempo o le lavature hanno distrutto o portato via il principio vegetale che tiene l’ossido in soluzione: e però, quando le macchie d’inchiostro sono recenti, si può cavarle più facilmente d’in su le stoffe, di quel che si possa quando son vecchie; poichè in quest’ultimo caso, non solamente l’ossido di ferro, che forma la base dell’inchiostro, è penetrato più addentro nella stoffa, ma l’ossidazione ha fatto de’ progressi, e il ferro, in questo nuovo stato, non è più solubile fuorchè nell’acido ossalico. Perciò, quando la macchia è fresca, si può adoperare per distruggere intieramente l’impronta dell’inchiostro un acido qualunque, come per esempio il sugo di limone, l’acido solforico o muriatico, allungati in dodici parti d’acqua, l’aceto, ecc.; ma fra tutti si vuol dare la preferenza all’acido muriatico ossigenato. Quest’acido porta via con facilità tutte le macchie di tal fatta, e vecchie e recenti, ed è pure ottimo per cavarla d’in su la carta, d’in su i libri e le stampe, come quello che non altera punto l’inchiostro da stampa, nè le stoffe bianche di natura vegetale, come il cotone, la canapa, ecc.; ma si deve per altro sbandirne l’uso per le stoffe di lana e di seta, non meno che per tutte le stoffe di colore: in questo caso non si può valersi fuorchè dell’acido ossalico, e si segue il processo indicato per le macchie di ruggine.
I cavamacchie usano di levar le macchie d’inchiostro d’in su la biancheria, la tela batista ed i merletti, col sugo d’acetosa verde, fregando semplicemente la macchia con esso sugo, e quindi sottoponendo i pannolini ad una forte lisciva, e ad una forte insaponatura le tele batiste ed i merletti, a fine di far scomparire le macchie verdastre che si formano dalle particelle coloranti verdi dell’acetosa.
Ma questo processo, che del resto si può praticare in una sola stagione dell’anno, cioè quando l’acetosa è fresca, non è applicabile nè alla biancheria fine, nè ai merletti molto sottili, poichè l’uso degli alcali in eccesso è sempre dannoso per simil genere di stoffe, e quindi si vuol dare la preferenza al processo indicato qui sopra per cavar tutte le macchie d’inchiostro d’in su le tele e le stoffe di lana e di seta.
608. Macchie di fango. — Le macchie di fango, massime quelle cagionate dal fango delle contrade delle grandi città, lasciano dopo la lavatura certe impronte colorate, le quali dipendono dalle particelle di ferro che si depongono nel fango dai cerchi delle ruote e dai ferri de’ cavalli. Questa impronta nericcia, avendo dunque per causa l’ossido di ferro, si distrugge col medesimo processo che s’adopera per cavar le macchie di ruggine. Laonde un mantello, un cappotto, o qualunque altro abito di lana, che fossero, per esempio, caduti nel fango, vogliono essere trattati dapprima col fiele di bue, per ispogliarli della materia vegetale; indi si prepara un’acqua calda, in cui si mette dell’acido ossalico in piccolissima dose, e vi si tiene immerso l’abito fino a che la macchia sia scomparsa e che il colore sia uniforme: poscia si deve distenderlo senza torcerlo, e, quando è quasi asciutto, vi si dà di spazzola a seconda del pelo, si cerca di stirarlo perfettamente, e si finisce di farlo asciugare.
609. Macchie di sugna da ruote e di fuliggine liquida proveniente dai tubi metallici delle stufe. — Siccome nelle macchie prodotte dalla sugna da ruote si trova sempre più o meno ruggine proveniente dall’asse di esse ruote, così il processo per cavarle consiste nel separare il corpo untuoso per mezzo del sapone se trattasi d’una tela di fondo bianco, ovvero mediante l’essenze o l’alcoole se trattasi d’una stoffa di colore. Quindi si toglie l’impronta metallica lasciata dall’ossido di ferro per mezzo dei medesimi agenti onde si fa uso per cavar le macchie di ruggine.
Col medesimo processo si fanno sparire le macchie di fuliggine liquida proveniente dai tubi delle stufe. Dopo d’aver trattata la macchia col fiel di bue, risciacquata e lasciata prosciugare, si distrugge l’impronta metallica col sal d’acetosa, allo stesso modo che si è detto per le macchie di ruggine, avendo riguardo di moderare e regolare l’azione del detto sale, allorchè si opera sopra stoffa colorata.
610. Macchie prodotte dagli unguenti e pomate farmaceutiche. — Spesse volte la biancheria che servì a persone affette di malattie che richieggono l’uso esterno d’unguenti o pomate dove sogliono entrare ossidi metallici, ritorna dal bucato con certe macchie nericce, che non si possono far scomparire co’ mezzi indicati, perchè se ne ignora la causa.
Tali macchie sono quasi tutte cagionate da ossidi di mercurio, di piombo e di zinco. Questi ossidi, dapprima poco colorati, per essere mischiati col grasso, non macchiano sensibilmente i pannolini; ma, venendo poi sottoposti all’azione della lisciva, si trovano messi allo scoperto, e presentano un aspetto nericcio metallico, che si può facilmente levare mediante l’azione dell’acido muriatico ossigenato per le macchie prodotte dagli ossidi di mercurio, e mediante l’azione dell’acido acetico per quelle prodotte dagli ossidi di piombo o di zinco.
Nel primo caso s’immerge la biancheria in acqua purissima, contenente una parte d’acido sopra quattro parti d’acqua. Si frega di quando in quando la macchia, e, com’essa è sparita, si lava la tela in acqua stillata, od in acqua che sciolga bene il sapone.
Nel secondo caso, qualora la macchia resistesse all’azione dell’acido muriatico ossigenato, non si deve far altro che immergere la macchia in aceto stillato concentratissimo. od in aceto concentrato per via del gelo; gli ossidi di piombo o di zinco che la costituiscono, si discioglieranno mediante l’azione di quest’acido, e una semplice lavatura con acqua stillata basterà per levar via le tracce dell’acido.
611. Macchie d’inchiostro, di fumo, ecc., sulle stampe e sul libri. — Le macchie prodotte sui libri dalla fuliggine, e la tinta bruna che vien loro comunicata dal fumo, sono difficilissime a cavarsi co’ processi finora indicati. L’acido muriatico, perchè agisca efficacemente, ha bisogno di essere a tal grado di forza, che altera grandemente la carta. Laonde conviene serbare così affumicate e lorde parecchie carte od opere preziose per timore di non perderle intieramente col volerle nettare.
Ma riesce facile far scomparire simili macchie mercè il processo insegnatoci dal signor Pelletier. Si distaccano dal libro i fogli che si vuol nettare; si distendono in vaso di terra o di rame ben netto; vi si versa sopra, in maniera che rimangano coperti d’alcune linee, una soluzione d’acido tartarico, preparato nelle proporzioni di 7 denari per 6 once d’acqua. S’innalza la temperatura, mantenendola por due o tre minuti a un grado di calore sufficiente per far bollire la detta soluzione intorno alle pareti del vaso. Si decanta, e si lavano i fogli in acqua chiara nel vaso medesimo. Qualora la macchia tornasse a comparire, si aggiunga una nuova quantità di soluzione tartarica; ma questo caso è però assai raro.
Mediante questo processo si cavano non solo le macchie d’inchiostro, di fumo o di fuliggine, ma ben anche quelle cagionate dall’umidità de’ legnami.
La carta non perde nulla della sua consistenza, solo che la colla ne viene in parte distrutta: ma la carta non resta punto alterata; il qual vantaggio non si ottiene facendo uso dell’acido muriatico ossigenato.
Si avverta che, adoperando un vaso di rame, non vi si deve lasciar lungo tempo e neppur freddare l’acido, il quale, col concorso del contatto dell’aria, intaccherebbe il metallo.
612. Saponetta per cavar le macchie. — Il signor Chaptal propone la seguente ricetta: piglia una quantità determinata d’alcoole, aggiungi tanto sapone bianco sminuzzato, quanto ne può sciogliere; mescola questa soluzione in un mortajo con 4 o 6 tuorli d’uova; ed aggiungi a poco a poco tanta essenza di trementina, quanto è l’alcoole impiegato. Fatta che sia a dovere la mescolanza, dovrai incorporarvi tanta terra de’ purgatori ridotta in polvere, quanta ne abbisogna per darle una consistenza tale da poter ridurre la tua pasta in forma di saponetti o di tavolette; indi lascia seccare all’ombra in luogo molto arioso.
Volendo far uso di questa composizione, umetterai la stoffa con acqua, e con essa composizione ne strofinerai le macchie, a fine di scioglierne una parte: allora, coll’ajuto di una mano e di una spugna, o d’una spazzola, la agiterai fortemente, la farai penetrare, e distenderai la stoffa; poco tempo dopo potrai lavarla, acciocchè non vi resti la minima traccia di questo sapone.
613. Altro saponetto per cavar le macchie dalle stoffe di seta ricamate in oro od in argento. — Questo sapone, che non altera punto i ricami in oro ed in argento, si prepara nel seguente modo. Piglia fiele di bue, miele bianco, sapone bianco, polvere d’iride fiorentina, peso eguale; once 3; mescola il tutto in mortajo di marmo, e forma una pasta, che lascierai esposta all’aria per otto giorni, affinchè acquisti tal consistenza da formarne de’ saponetti.
Quando se ne vuol far uso, si sparge questa composizione sui luoghi macchiati; indi si strofina la stoffa con acqua in cui sia bollita della crusca, e si continua quest’insaponatura fino a tanto che l’acqua non rimanga più tinta. Poi si asciugano i luoghi bagnati con pannolino bianco, e s’avvolge il ricamo in biancherie asciutte, onde farlo prosciugare in parte. Ciò fatto, bisogna sottoporre la stoffa ad una lieve pressione per farla asciugare interamente. Mediante questo processo, la stoffa ripiglia il suo lustro primiero.
Avverti che spesse volte i fili gialli tinti coll’oriana, che servono di sostegno al ricamo in oro, s’anneriscono per l’azione dell’alcali contenuto in questa composizione. A fine dunque di rimediare a quest’inconveniente, bisogna lavare la stoffa ricamata in un’acqua leggiermente acidulata coll’acido solforico: poche gocciole bastano, e il colore riapparisce in tutta la sua vivezza.
614. Macchie prodotte sulle stoffe colorate dagli acidi, dagli alcali, dai sughi e dalle decozioni vegetali e animali. — Le macchie prodotte dagli acidi sulle stoffe colorate non sono tutte della stessa natura, ma variano a seconda del loro stato di concentrazione e della natura medesima dell’acido; così gli acidi minerali distruggono la più parte de’ colori, laddove gli acidi vegetali non fanno altro che modificarli, cangiarli, alterarli, senza però distruggerli. Ma qualora i primi sieno indeboliti, e recente ne sia l’impressione, i loro effetti diventano analoghi a quelli de’ secondi, ed è sotto questo aspetto che noi intendiamo di considerarli.
Gli acidi fanno diventar rossi i colori neri, lionati, violetti; e generalmente tutte le gradazioni di tinte che si danno coll’oricello e con quelle altre sostanze atte a somministrare un color bruno, o fulvo, sia di per sè, sia mediante certe preparazioni ferruginose.
Gli azzurri d’indaco e di Prussia, i neri fatti senza preparazione di ferro, i violetti che risultano dalla combinazione della robbia non sono suscettivi di provar cangiamenti per parte degli acidi, allorchè questi sono di recente applicati al colore e sono sufficientemente temperati coll’acqua. Ma gli acidi medesimi distruggono i gialli poco carichi, e convertono il verde in azzurro sulle stoffe di lana; fanno impallidire i gialli più intensi, e diventare color di rosa il ponsò; avvivano i rossi di fernambucco; rendono gialli gli azzurri somministrati dal campeggio e dal solfato di rame; ed avvivano l’indaco e l’azzurro di Berlino, massime l’acido ossalico.
Per distruggere gli effetti di questi acidi, o le macchie da essi prodotte sulle stoffe colorate, e che si riducono alle alterazioni di cui abbiamo parlato, bisogna ricorrere ad un corpo atto a neutralizzarne l’azione, a fine di ristabilire il colore alterato, e tornarlo allo stato primiero. Ciò si ottiene coll’uso degli alcali.
L’alcali che merita la preferenza è l’alcali volatile, o diremo d’ammoniaca: basta il presentare la più parte delle macchie al vapore di questo alcali per farle tosto sparire, e veder saltar fuori il color primitivo. L’alcali volatile ha questo vantaggio sugli alcali fissi, ch’esso non altera le stoffe, e produce un effetto più pronto.
Distrutto che si sia l’effetto d’un acido sui colori bruni e violetti per mezzo d’un alcali, spesse volte sottentra al rosso, che si era sviluppato per l’azione dell’acido, una tinta leggiermente violetta. Si rimedia a questo inconveniente lavando la parte alterata in una soluzione di stagno ottenuta coll’acido nitrico-muriatico, e allungata con molt’acqua. Con tal mezzo si fa riapparire il color primitivo in tutta la sua intensità. Si deve parimente far uso della detta soluzione di stagno per ristabilire i colori primitivi o distruggere le impressioni nerastre che rimangono sulle stoffe colorate, dopo averne cavate le macchie di ruggine coll’acido ossalico. Si trattano specialmente cosi le sete ponsò, e i tessuti tinti in rosso colla robbia e colla cocciniglia, come sarebbe lo scarlatto e il cotone rosso d’Adrianopoli. ecc.
Ma lo stesso non ha luogo in riguardo alle tracce che lascia l’acido ossalico sulle stoffe tinte in azzurro, dopo averne cavato via gli ossidi metallici. In quella vece si fa uso dell’ammoniaca debitamente allungata coll’acqua, immergendovi la parte alterata.
615. Macchie prodotte dall’azione degli alcali sulle stoffe colorate. — L’azione degli alcali sulle stoffe colorate è assai men viva di quella degli acidi; e possono bene alterare certi colori, ma non li distruggono mai come gli acidi.
Gli effetti più notabili degli alcali sono di convertire in violetto i rossi di fernambucco, di cocciniglia, ecc.: di far ingiallire i verdi sulla lana; di render bruni i gialli, e di tramutare in giallastro tutti i colori ottenuti coll’oriana: inoltre rendono cupi tutti i violetti sulla lana e sulla seta, e fanno ingiallire il verde che ha per base l’indaco, come pure i colori ottenuti dalle sostanze atte a dare il color fulvo bruno.
Per ristabilire i colori così alterati dall’azione degli alcali, bisogna ricorrere agli acidi, ed avere in pronto delle soluzioni saline, onde neutralizzare l’azione, e far riapparire il color primitivo. Ma siccome non tutti gli acidi sono sempre a proposito, così conviene saperne fare la scelta. Niuno ve n’ha che meriti maggiormente la preferenza, quanto il nitro-muriato di stagno (il quale è conosciuto nelle arti sotto il nome di composizione per lo scarlatto) per ristabilire i colori alterati sulle stoffe tinte in rosso, ponsò, cremisi, mediante la cocciniglia o la robbia, e principalmente sullo scarlatto. Questa preparazione reintegra in sul fatto il colore alterato; sol vuolsi avvertire di non l’adoperare troppo concentrata, perchè in questo caso essa potrebbe dal canto suo alterare il colore, e dare, per esempio, una tinta gialla allo scarlatto.
Allorchè si è cavata una macchia d’unto, per mezzo degli alcali, d’in su una stoffa tinta in giallo, il colore s’annerisce; ovvero, allorchè si è operato sopra una stoffa tinta in rosso col fernambucco, il colore si cangia in violetto. Per rimediare a simili inconvenienti, e reintegrare il colore primitivo, s’immerge la stoffa così alterata in un’acqua leggiermente acidulata, o vuoi col sugo di limone, per le stoffe di lana e di seta, o vuoi con una piccola dose di acido solforico, per le tele stampate.
616. Macchie di sudore e d’orina. — L’orina e il sudore sono secrezioni animali composte d’un gran numero di corpi che posseggono proprietà acide quando sono recenti, ed acquistano una proprietà alcalina coll’andar del tempo, massime allorchè hanno provato un certo grado di fermentazione.
Questi fenomeni sono facili a riconoscersi, stante le differenti alterazioni che vengono prodotte dalle secrezioni suddette sulle stòffe colorate. Per determinare siffatte alterazioni, bisogna riportarsi a tutto ciò che s’è detto circa le macchie prodotte dagli acidi e dagli alcali: e i mezzi da usare per distruggerne gli effetti sono i medesimi. Laonde l’impressione che fa sui nostri abiti l’orina recente di certi quadrupedi non può essere tolta fuorchè dall’azione degli alcali; laddove l’impressione che risulta dagli spruzzi d’orina che sia invecchiata sopra una stoffa, o che avesse già fermentato, solo può distruggersi mediante l’azione degli acidi.
Lo stesso dicasi delle macchie prodotte dal sudore. Questo liquido, che facilmente si corrompe, acquista assai presto le proprietà alcaline, e sviluppa alterazioni visibilissime, principalmente sulle stoffe tinte in rosso, come lo scarlatto. Ora, il miglior processo per far disparire le macchie di sudore sul detto colore, consiste nel far uso d’un’acqua leggiermente acidulata col nitro-muriato di stagno, strofinando con essa delicatamente la parte macchiata.