831. Nero sopra la lana. — Per tingere la lana in nero, gli si dà prima l’azzurro per mezzo dell’indaco; tale operazione vale ad aggiunger corpo al colore, nè mai la si deve trascurare qualora si voglia ottenere un bel nero. Indi si ammaccano 8 libbre di campeggio, ed egual quantità di galla, che racchiuse in un sacco fannosi bollire per 12 ore in sufficiente quantità d’acqua. Ottenuta tal decozione, se ne prende una terza parte, vi si aggiunge una libbra di verderame, e vi si tuffano 50 libbre di stoffa di lana, mantenendo il tutto per due ore ad una temperatura di 60 a 90 gradi centigradi; bisogna però badare di non elevare mai il calore fino a 100 gradi. Ritirata poscia la stoffa, si aggiunge un altro terzo della decozione con 4 libbre di copparosa verde, e vi si tuffa di nuovo la stoffa alla stessa temperatura di prima, durante una mezz’ora. Poi si ritira ancora la stoffa, ed aggiungendo il residuo della decozione con dieci libbre di sommacco, si farà bollire un poco, e tosto abbassata la temperatura con alquanta acqua fredda, si aggiungerà un’altra libbra di solfato di ferro, per indi tuffare per un’altra mezz’ora la stoffa in così fatto liquido. Finalmente la si lava, si espone all’aria, si rimette nel bagno ancora per mezz’ora, si lava di bel nuovo in acqua corrente, e si trasporta al follone.
Ma per i colori neri ordinarii, si può semplificare grandemente il processo. Il panno, dopo essere stato tinto in azzurro, si getta in una decozione di galla, in cui avendo bollito per due ore, si trasferisce in un’altra di campeggio e di vitriuolo verde, alla temperatura di 80 gradi centigradi, e vi si lascia lo stesso tempo; quindi si lava e si passa al follone.
832. Nero sopra la seta. — Si comincia col farla bollire per quattro o cinque ore in una quantità proporzionata d’acqua, in cui sia sciolto del sapone bianco a fine di farle perdere la materia gommosa; indi si fa bollire un’altra volta per 3 o 4 ore in una decozione di galla, dove si lascerà per un giorno dopo che siasi freddata; e da ultimo la s’immergerà in un bagno di vitriuolo verde, limatura di ferro e gomma arabica. Rare volte tingesi la seta prima in azzurro come la lana; ma per ciò appunto essa esige replicate immersioni, con infusioni alternate di galla e di ferro. La quantità della galla dev’essere molto maggiore che non per la tintura della lana.
833. Nero sopra il cotone. — Per il cotone è necessaria la seguente preparazione: in un boccale e mezzo d’acqua comune si versano 2 once d’acqua forte (acido nitrico), e vi si sciolgono 2 in 3 once di litargirio; si pone in luogo caldo la bottiglia, e si agita spesso, insino a che la soluzione divenga completa; allora si decanta il liquido, e vi s’immerge il filo di lino o di cotone, lasciandoveli per 10 o 12 ore, senza farlo scaldare; indi si lavano, e si tuffano in un’acqua di colla non molto satura, facendoli poi asciugare all’ombra. Finalmente si lasciano inzuppare per 7 od 8 minuti in una decozione di galla bollente, a cui si aggiunge un pizzico di sale comune. Levato quindi ed asciugato il filo si troverà esser bigio o giallognolo scuro; per ciò bisognerà infonderlo in una soluzione di 20 denari di vitriuolo, con pari quantità di sale, in 5 quartucci d’acqua calda. Si laverà, si asciugherà, ed il color nero che il cotone avrà già ricevuto, potrà sensibilmente aumentarsi, facendolo bollire per alcuni minuti in una decozione di un’oncia di campeggio con un boccale d’acqua, aggiungendovi 6 denari d’amido.
Ma per fissarvi assolutamente il colore, bisogna cuocere il filo in un bagno d’un’oncia di galla ammaccata e due di colla forte, alle quali, dopo 4 minuti di ebullizione, si unisce un’oncia di vitriuolo. Quindi si lascia raffreddare il tutto, con la precauzione di sovente agitarlo, e poi si fa asciugare il filo, all’ombra.
834. Azzurro. — L’indaco è la principalissima sostanza della quale si servono i tintori per tingere in azzurro o turchino: esso non richiede per fissarsi alcun mordente, ed allorchè vien bene applicato, riesce uno dei più stabili colori. Non ostante, per renderne perfetta la sua combinazione coi fili della stoffa, bisogna privarlo di una parte di ossigeno, che lo renderebbe di un colore tendente al bigio. Le sostanze impiegate a tale effetto sono altre materie coloranti, come la robbia, ovvero le mucillaginoso-vegetali, come lo zucchero e la gomma, o gli ossidi metallici, come quei di ferro, di stagno ed il solfuro di arsenico. In questo stato l’indaco divien solubile negli alcali e nell’acqua di calce, che per lo più si adopera in simigliante caso.
835. Azzurro sulla lana. — Si dà l’azzurro alla lana col solo indaco, e talora con un miscuglio d’indaco e di guado. Se ne effettua l’unione in un tino di legno profondato nel terreno e coperto, sì per garantirlo dall’aria, come per mantenerlo meglio in un’uniforme temperatura. Da principio pongonsi nel tino 220 parti di guado acciaccato, vi si aggiunge una decozione calda di 15 parti della stessa sostanza, e poscia una quantità eguale di robbia con l’equivalente di crusca fatta già prima separatamente bollire; in fine si riempie il tino d’acqua; si lascia per alcune ore posare un tal miscuglio; si agita poi il tutto diligentemente, e si lascia un’altra volta in riposo. Succede allora una fermentazione. Dopo il tempo necessario, aggiungonsi 4 parti di calce, ciò che sparge di nero il tino; in seguito se ne versano 5 o 6 d’indaco, delle quali si forma una pasta coll’acqua, e si rimescola bene cogli altri ingredienti: si vedrà formarsi molta schiuma che si riunirà alla superficie, mentre il liquido sottostante acquisterà un verde brillante.
Si pone la stoffa in acqua bollente, si cava, e s’immerge nel tino, lasciandovela stare più o meno tempo, secondo il grado di colore che si desidera. Indi si ritira ancora verde dal tino; ma diverrà azzurra restando esposta all’aria; poichè riassorbisce l’ossigeno che aveva perduto nell’apparecchio precedente.
836. Azzurro sulla seta. — Un tino ripieno de’ materiali medesimi che per tingere la lana, eccettuato il guado, serve per dar l’azzurro alla seta. Se vuolsi però comunicare alla seta un azzurro cupo, fa d’uopo darle prima un color porporino mediante i legni adattati.
837. Azzurro sul cotone. — Nella preparazione dell’indaco per tingere il cotone, la canapa ed il lino, si impiegano gli ossidi ed i solfuri metallici. Si dispone un tino per farvi il miscuglio d’una parte d’indaco, due di solfato di ferro, altrettanto di calce e una quantità sufficiente d’acqua, e si lascia in riposo per due giorni. Una parte della calce decompone il solfato di ferro, riducendolo allo stato di sott’ossido, il quale, agendo poi sull’indaco, lo rende solubile nell’acqua di calce. Ritirato in seguilo dal tino il cotone, ed esposto all’aria, esso diventerà azzurro ; ma per renderne il colore più forte, si farà passare in altr’acqua contenente una piccola porzione d’acido solforico.
838. Azzurro di Sassonia. — Onde avere questa bella tinta si scioglie l’indaco in tanto acido solforico concentrato, quanto è quattro volte il peso dell’indaco stesso, e si fa digerire a temperatura mediocre per ventiquattr’ore. Il liquido assumerà l’aspetto di un nero cupo; ma allungato con molt’acqua, comparirà di un azzurro vago e trasparente. Siffatto colore combinasi colle fibre delle stoffe di lana con tale rapidità, che riesce difficile il renderlo bene uniforme su tutta una pezza di panno. Per questa maniera di tingere, le pannine sortono azzurre dal tino e non verdi, siccome nel primo caso (num. 835); ma è vero altresì, che un tal colore non è stabile, e che facilmente col sapone si dilegua.
839. Giallo. — Il giallo è più durevole, ed il più bello si ricava dalla guadarella. Si estrae il colore digerendo gli steli della pianta ad una temperatura press’a poco di 100 gradi centigr.: bisogna però legarli dentro un sacco, che si deve tener sospeso in una caldaja alla superficie dell’acqua. Una tale decozione concentrata avrà un giallo bruno; ma allungandola con molta acqua prenderà una tinta verdognola. Questa specie di tintura ha bisogno di mordenti.
840. Giallo sopra la seta. — Si ottiene un giallo dorato sopra la seta, facendo bollire la stoffa in acqua di sapone, impregnandola indi di allume, lavandola poscia, e passandola in seguito per due volte dentro un bagno di guadarella. Per accrescere la bellezza del colore, si scioglie piccola quantità di alcali in un bagno, durante la seconda immersione. Il colore diverrebbe ancora più brillante con le soluzioni di stagno.
841. Giallo sopra la lana. — S’incomincia a passare le stoffe in un bagno risultante da 4 parti di allume ed una di tartaro, per 15 parti di lana; ma la quantità del tartaro deve variare, secondo che si brama il colore più o meno carico. Quindi s’immergeranno le stoffe in un bagno di guadarella, preparato con 3 o 4 parti di essa per una di lana; e volendo comunicare un giallo d’oro con una tinta ranciata, dopo il bagno della guadarella si dovranno immergere le stoffe in un altro bagno debole di robbia.
842. Giallo sul cotone. — Si netta prima la stoffa con una lisciva di cenere di legna ed acqua, si passa poi nella soluzione d’allume, indi si asciuga e si tuffa in un bagno di guadarella, di cui la proporzione della materia colorante ecceda il peso del cotone. Si lascia in seguito in un bagno di solfato di rame e di acqua bollita con sapone bianco; finalmente si lava e si asciuga. Per improntargli un colore di giunchiglia più carico, si tralascia il bagno di allume, ma si aggiunge a quello di guadarella un poco di verderame, mentre si ripulisce la stoffa colla soda.
Per la tinta gialla s’impiega non solamente la guadarella; ma ben anco lo scotano, la ginestrella (Genista tinctoria), il Morus tinctoria e la Quercus nigra.
843. Rosso di robbia. — La radice della robbia contiene due diverse materie coloranti, una di un rosso cupo, l’altra di un giallo bruniccio. Bisogna servirsi de’ sali a base d’allume per fissarne il colore, e de’ sali di stagno per renderne abbondante la tinta.
Allorchè si vuol tingere la lana col rosso di robbia, si bagnano i panni in una soluzione di allume e di tartaro, in varie proporzioni, secondo il colore che si vuol ottenere. Unendo la robbia a questo bagno, la temperatura non dovrà elevarsi al di sopra di quella del sangue umano, imperocchè altrimenti si correrebbe il rischio di ottenere un color bruno.
È assai difficile di tingere bene il cotone, il lino o la canapa colla robbia, per la ragione della poca affinità che esiste fra questi corpi. Si conoscono due specie di rosso di robbia, con le tinte intermedie variabili. L’una costituisce il rosso ordinario, abbastanza stabile, ma di poco lustro. Si comunica adoperando la galla, o qualunque altra sostanza vegetale, che contenga del tanno; un sale di allume, in qualità di mordente; la materia colorante della robbia, ed in fine un bagno alcalino per accrescerne la tinta. L’altra specie è la seguente.
844. Rosso d’Adrianopoli. — Il signor Gueclin dà al cotone il bel color rosso di Adrianopoli, preparando tre soluzioni: la prima di soda, abbastanza concentrata da mischiarsi immediatamente coll’olio d’oliva; la seconda di potassa; la terza di calce. Si versano queste tre soluzioni, a parti eguali, sul fil di cotone; ed allorchè le matasse ne sono bene impregnate, si fanno bollire per 3 ore in acqua pura; poi si risciacquano, in acqua corrente, e si fanno asciugare. Allora si stempera una libbra di cacherelli di montone in 20 libbre di soluzione di soda, che si versa per uno staccio di crine sul cotone, a cui si deve preventivamente aggiungere mezza libbra d’olio d’oliva: si strizzano le matasse tosto che ne sono ben bene inzuppate, e si ripete tre volte la medesima operazione prima di lavarle. Intanto si prepara una decozione di una libbra di galla acciaccata; e tiepida che sia, vi si mette in macero il fil di cotone per 24 ore; indi si attorce, e subito che è riasciutto, s’immerge in un bagno composto di una libbra d’allume di Roma, e d’altrettanto di soda. Si replica il medesimo processo due o tre giorni dopo, e si mette il cotone in un sacco di tela per risciacquarlo, durante la notte, in acqua corrente. Allora il cotone è in ordine per ricevere il colore; il che si fa come segue: si faccia bollire a scroscio una libbra di cotone in circa 50 libbre d’acqua di fiume; 10 once di sangue di bue ancor fluido, e 2 libbre o poco più di robbia buona e ben macinata; indi si lavino le matasse, e, come le sieno asciutte, se ne inforzi il colore, facendole dapprima passare per una lisciva di potassa, e poi bollire per 5 o 6 ore con acqua di sapone bianco in una caldaja ben coperta.
Il cotone tinto con questo processo presenterà un colore così vivo e solido come il più bel rosso d’Adrianopoli.
845. Rosso di cocciniglia. — Questo bel colore cremisi o scarlatto, si ricava da un insetto del Messico. Un’altra specie di cocciniglia ben anche si conosce sotto il nome di grana silvestre; ma la materia colorante di questa è inferiore alla prima. La cocciniglia abbandona il suo colore nell’alcoole, il quale per tal modo apparisce d’un cupo cremisi; svaporata la soluzione, ottiensi un residuo trasparente e rosso oltremodo. Essa è solubile eziandio nell’acqua, mediante la cozione, e divien rossa pendente al giallo e lascia precipitare una piccola porzione di materia d’un rosso vago. Il tartaro cangia la soluzione medesima in giallo rossiccio, e si deposita in un precipitato rosso pallido; il liquor soprannotante, ch’è giallo, assume una tinta porporina aggiungendovi un poco d’alcali, mentre il precipitato si discioglie. L’allume somministra un rosso più cupo con un precipitato più abbondante: il colore prodotto da un miscuglio di allume e di tartaro, è più carico, quantunque abbia una tinta giallognola. Il muriato di stagno precipita la materia colorante. Tali osservazioni sopra i risultamenti chimici della cocciniglia serviranno d’introduzione ai processi adoperati in questa specie di tintura.
846. Rosso cremisi. — Si comunica alle stoffe questo colore, impiegando gli stessi materiali che per la tintura dello scarlatto, il quale si considera come composto di cremisi (color naturale della cocciniglia) e di giallo; colla differenza che devesi aggiungere minor quantità della soluzione, e che l’allume deve formare uno degl’ingredienti del bagno. Per accrescere indi il colore cremisi, si mettono talvolta le stoffe col girasole e con la potassa, sebbene una tal sostanza sia per sua indole fugacissima.
Vi ha un altro metodo per dare un color cremisi, il quale consiste in alterare lo scarlatto ottenuto dalla cocciniglia, mediante alcuni sali terrosi, come l’allume: un tal risultato si ottiene bagnando, durante un’ora, nella riferita soluzione a 400 gradi di calore. Le acque crude o impure producono lo stesso effetto, a motivo de’ sali terrosi che contengono.
847. Cremisi sulla seta. — Si apparecchia la stoffa facendola bollire in acqua di sapone, ma senza privarla affatto della natural sua tinta gialla, la quale sembra contribuire al buon successo dell’operazione. Le si somministra un forte bagno d’allume, e indi si immerge in un altro composto dalle soluzioni di stagno, di tartaro e di cocciniglia. Si è trovato necessario egualmente di sciacquar la seta in una soluzione di galla, per renderla più capace a ricevere la tintura di cocciniglia.
848. Scarlatto. — Due operazioni principalmente si praticano per tingere la lana in scarlatto. Le proporzioni degli ingredienti sono: per ogni 100 libbre di panno, 8 in 10 libbre di tartaro, che si getta da principio in una caldaja con adeguata quantità d’acqua; indi si aggiunge 6 in 8 once di cocciniglia, e 10 in 12 libbre di nitro muriato di stagno. Quando il miscuglio è vicino a bollire, vi s’immerge il panno già inumidito nell’acqua, e vi si lascia per un’ora e mezzo, mantenendo il liquido a 100 gradi di calore. Allorchè si ritira la stoffa, essa ha già acquistato una tinta color carneo; ciò che costituisce la prima operazione. Si vuota allora la caldaja, la si riempie d’acqua fresca, che si porta a 90 gradi di calore, e vi si pone 5 o 6 libbre di cocciniglia in polvere; si fa bene il miscuglio, e da ultimo si aggiungono 10 libbre di soluzione di stagno. S’introduce in questo nuovo bagno la stoffa, si dimena per una mezz’ora; indi la si ritira, si lava, si asciuga, e così anche la seconda operazione è compiuta. Per altro potrebbesi applicare lo stesso colore mediante una sola operazione; in questo caso tutti gli ingredienti (tartaro, soluzione di stagno e cocciniglia) si mescolano insieme. Passando quindi la stoffa nel miscuglio per un tempo convenevole, agisce talmente l’affinità tra la materia colorante, il mordente e la lana, che l’unione avrà luogo con la maggior celerità.
Se si voglia un colore di fiamma, aggiungesi al primo bagno un poco di scotano, ovvero una parte di zafferano delle Indie al secondo bagno di cocciniglia.
849. Verde. — Si ottiene questo colore dando una tinta gialla ad un fondo turchino; oppure una tinta turchina ad un fondo giallo, ovvero mischiando il turchino ed il giallo in uno stesso tino; ma per fissarlo e renderlo anche lustro, bisogna aver molta esperienza e pratica.
Il processo ordinario per tingere in verde la lana, si è di comunicare alla stoffa, in un tino, tale tinta d’indaco, che si giudichi opportuna al color verde. Dopo averla lavata, si tuffa in un bagno giallo che contenga i materiali coloranti il più che sia possibile. Pei verdi cupi, si aggiungono al bagno piccole quantità di campeggio e di solfato di ferro.
Per tingere la seta, è d’uopo seguire un processo più difficile; perchè la materia colorante si combina cosi rapida-mente, che spesso le tinte riescono disuguali. Si somministra dapprima alla seta una forte alluminatura; s’immerge poscia nel bagno di guadarella, e si termina l’operazione col darle un’altra immersione in un bagno d’indaco.
850. Verde di Sassonia. — Questo colore deve il suo nome all’azzurro di Sassonia, o solfato d’indaco, che ne costituisce il fondo. Si prende dunque il panno tinto in azzurro di Sassonia (num. 838), gli si da l’alluminatura, e si trasporta la pezza in un bagno giallo di scotano, il meno suscettivo di alterarsi col solfato d’indaco. Per correggere gli effetti dell’acido si raccomanda di aggiungervi porzione di calce, dopo che il drappo abbia ricevuto il colore azzurro. Con alcune variazioni ne’ processi, a misura delle più grandi difficoltà che s’incontrano nel fissare i colori, si tingono allo stesso modo la seta, il cotone, la canapa ed il lino.
851. Processi per applicare colori durevoli sulla lana. — Ecco la maniera di comporre i principali colori che s’impiegano per tingere la lana, secondo i processi pubblicati non ha molto dal Dannember in un giornale alemanno.
1.° Nero. — Fa bollire a più riprese in una caldaja di sufficiente capacità una libbra di campeggio, 4 once di sommacco, ed altrettanto di galla. Concentra la soluzione fino a 4 boccali di liquido, e lasciala riposare per alcuni giorni; chè più si lascia, migliore diventa. Aggiungi poi un’oncia e mezzo di solfato di ferro, e mezz’oncia di solfato di rame; fa bollire di nuovo, e dopo alquanto tempo ponivi una quantità di amido, fino a ridurre la soluzione alla consistenza della crema, avvertendo di agitarla continuamente con una spatola di legno. Finalmente, quando il tutto si sarà combinato, aggiungi mezz’oncia di muriato di ferro.
2.° Giallo. — In sufficiente quantità d’acqua fa bollire 8 once di scotano, e concentra il liquore fino ad ottenerne 2/3 di boccale. Gettavi allora una chiara d’uovo ben sbattuta, acciò precipiti la parte estranea alla tinta; indi feltralo, concentralo con mezz’oncia d’amido ed un’oncia di allume di rocca pestato, e finalmente, quando sarà freddo, uniscivi 2 once di muriato di stagno.
3.° Azzurro. — Coi mezzi conosciuti prepara una soluzione d’indaco solfato, e poi passa per feltro; indi concentra con 3 once di amido per ogni boccale di liquido, e aggiungivi un’oncia di allume polverizzato. Da ultimo, dopo che la sostanza si sarà raffreddata, uniscivi un’oncia di muriato di stagno.
4.° Verde. — Si preparano due soluzioni, secondo abbiamo detto sopra, una di scotano e l’altra d’indaco: l’unione di queste forma il color verde; ed il più od il meno dell’una o dell’altra ne procura i diversi gradi. Addensa questo liquido con 3 once d’amido per ogni boccale, ed un’oncia d’allume; e dopo che sarà raffreddato aggiungivi un’oncia di muriato di stagno.
5.° Rosso.—Fa bollire mezza libbra di legno del Brasile; concentra il liquore fino a 2/3 di boccale, e lascialo riposare per alcuni giorni. Dopo aggiungi 2 once di amido e 9 denari di tartaro. Fa bollire di nuovo fino a che l’amido siasi incorporato, e lascia raffreddare. Finalmente aggiungi mezz’oncia di nitro muriatico di stagno.
6.° Violetto. — In una proporzionata quantità d’acqua fa bollire mezza libbra di campeggio; riduci il liquore a 2/3 di boccale, e lascialo riposare per alcuni giorni. Dopo addensa con 2 once d’amido, ed aggiungi un’oncia o poco meno d’allume, e 10 denari di muriato di stagno. Allorchè questo colore sarà stato applicato sulla stoffa, bisogna fissarvelo nella maniera seguente, altrimenti non reggerebbe all’azione degli acidi e degli alcali, come gli altri colori. Si prenda una caldaja a fondo piano, capace di circa 90 libbre d’acqua, e la si riempia di questo liquido; ad un lato di essa si adatti un tubo di vetro, che serve ad osservare il livello dell’acqua, e quindi ad aggiungervene quando ne manchi. Alla distanza di 4 pollici dal livello dell’acqua si fissi un graticcio di vimini destinato ad impedire che la stoffa vada nell’acqua, se mai avvenga ch’essa cada. Dopo che si sarà applicato il colore sopra indicato, si ravvolge la stoffa leggiermente, e si chiude in un sacco di lana, che si sospende al disotto del coperchio della caldaja, il quale dovrà chiuderla perfettamente; ed a tal fine bisognerà metterci sopra qualche peso, giacchè la forza del vapore potrebbe spingerlo in alto. Disposto l’apparecchio nel modo accennato, si accende il fuoco, e si fa bollire l’acqua per 2 o più ore. Finalmente si leva la stoffa, si lascia raffreddare, indi si lava nell’acqua pura, e così si avrà ottenuto il colore violetto della stessa solidità degli altri.
852. Osservazioni sull’applicazione de’ colori. — Per ottenere un bel colore sul cotone, sul lino e sulla canapa, è necessario anzi lutto che queste sostanze sieno in uno stato di perfetta bianchezza. Non si può dare un bel colore a queste sostanze vegetali, se prima non si animalizzano. Eccone il mezzo:
S’immerge il cotone, il lino o la canapa in una soluzione di colla forte, sciolta in otto parti d’acqua, e si fa poscia bene asciugare; indi si tuffa in un’infusione di galla della miglior qualità, fatta in 15 parti d’acqua. Il grado del calore deve tollerarsi dalle mani, acciocchè la colla s’incorpori coll’infusione della galla, che forma un colore gialliccio oscuro. Si può ancora sostituire alla galla la decozione del sommacco, oppure della corteccia di quercia.
Un’altro mezzo di animalizzare il cotone, il lino o la canapa, ed è molto migliore del primo, consiste nell’unire la chiara dell’uovo con altrettanto di acqua, e dopo aver bene sbattuto il tutto, immergervi il filo, facendo che se ne impregni ben bene. Dopo di ciò s’infonde nell’acqua bollente, a fine di far coagulare e fissare l’albume.
Il latte pure dà al cotone, al lino ed alla canapa la stessa proprietà, tuffandoveli tre o quattro volte, e poi immergendoli altrettanto volte in un’acqua acidulata con acido solforico, a fine di coagulare e disseccare il latte.
853. Maniera di dare al cotone il color d’anchina. — Lavato che abbi nell’acqua calda le stoffe od il cotone che vuoi tingere, immergi le une o l’altro in una decozione di galla, di sommacco, di robbia e di cortecce d’acajù, di allume, di calce e d’olmo, di cui devi prendere una o più parti, secondo il grado di colore che vuoi dare alla tintura. Indi metti il tuo cotone o le tue stoffe in una soluzione di ferro preparata per mezzo degli acidi solforico, nitrico, muriatico ed acetoso, per fare il colore. Allora lavale con acqua calda, sottoponendole al sapone, ovvero ad una lisciva alcalina caustica o dolce, od anche all’acqua pura od all’acqua di calce; e immergile, mentre che sono ancor bagnate, in una soluzione di stagno preparata coll’acido nitrico o coll’acido muriatico, o coll’acido nitro-muriatico allungati con acqua. Finalmente terminerai l’operazione, lavando in acqua calda le stoffe così tinte, e facendole asciugare come al solito.
854. Modo di tingere la paglia, il giunco ed il legno. — Si lasciano questi corpi per mezza giornata immersi nell’acido acetoso, o in una soluzione di allume concentrata, a fine di renderli meglio atti a ricevere la tintura de’ differenti colori; ma il loro tessuto compatto non permette alle particelle coloranti di penetrarvi profondamente.
Per tingere il legname in giallo bellissimo od in bruno, bisogna farlo scaldare, poi dargli alcune mani d’acqua forte (acido nitrico) più o meno allungata, fregarlo ben bene, e da ultimo dargli sopra una vernice di gomma lacca.
Il legname acquista un bellissimo colore d’acajù, allorchè lo s’immerge in un bagno bollente composto di 3 once di legno giallo e di 6 once di robbia per ogni libbra d’acqua: il suo colore piglia una tinta più carica, allorchè vi si mescola del serpentino (legno d’India), per esempio, un’oncia sopra once 1 1/2 di legno giallo, invece di 3 once, impregnandolo d’una soluzione bollente di potassa.
Si dà al legname un bel colore ceruleo per mezzo della tintura d’indaco; avvertendo di darvi sopra, prima che sia asciutto, più mani di soluzione di tartaro bianco: questa tintura si prepara versando a poco a poco 4 once d’acido solforico, a 70 gradi, sopra mezz’oncia d’indaco ridotto in polvere finissima in un mortajo di vetro, aggiungendovi una soluzione di prussiato di potassa, ed allungando il miscuglio con 4 libbre d’acqua.
Una forte soluzione di nitrato di rame data sul legno, lo tinge parimente di azzurro, fregandolo con una lisciva di potassa fino a che abbia acquistato questo colore.
Volendo tingere il legname in verde, basta tenerlo immerso alcun tempo in una soluzione acetosa di verderame, ovvero acquosa di cristalli di verderame parimente.
Vi ha parecchi mezzi di dare al legname d’un tessuto molto compatto, come il carpine, l’agrifoglio, l’ontano, ecc. un bel color d’ebano; cioè, bisogna immergerlo caldo in una soluzione di nitrato di rame, poi in un bagno in cui sia aggiunto un poco d’allume, ed inzupparlo tre o quattro volte in aceto bollito sopra un po’ di galla, ed in una soluzione qualunque di ferro; quindi si deve pulirlo con una pelle incerata, ovvero intinta in olio di lino e polvere di carbone.
855. Maniera di tingere l’avorio, le ossa ed il corno. — La sola preparazione preliminare che richieggono queste sostanze per ricevere i differenti colori, consiste nel lasciarle in molle per mezza giornata in una soluzione d’allume, o d’acido acetoso un po’ concentrato; indi bisogna immergerle in una decozione di verzino, per tingerle in rosso; di zafferano mischiato con parte eguale d’allume, per tingerle in giallo; e in una soluzione di verderame fatta coll’acido acetoso, con una terza parte di sale ammoniaco, per tingerle in verde. Si trasforma in azzurro il bel color verde applicato nel modo suddetto, immergendo poi le ossa più volte in una lisciva bollente di potassa.
Per tingere le medesime sostanze in nero, potrai spalmarle con una leggiera soluzione di nitrato d’argento, esporle al sole, e ripetere successivamente una o più volte un tale processo, tosto che sia ben asciutto lo strato precedente; ovvero tenerle in molle in un mordente composto di 2 once di potassa, e d’un’oncia e mezzo di galla, a cui aggiungerai 10 denari d’ossido d’arsenico per ogni boccale d’acqua, e indi impregnarle di una soluzione concentrata d’acetato di ferro; od anche farle bollire in quest’ultimo liquore, fino a che la loro superficie si cominci a rammollire, e poi tuffarle in una decozione di legno serpentino (legno d’India) e di galla.
Otterrai lo stesso intento, dando replicatamente alle tue sostanze dapprima i suddetti mordenti coll’ajuto del fuoco, e poi una soluzione concentrata d’acetato di ferro.
856. Maniera di tingere le pellicce, le piume. i crini. — Si tingono queste materie in rosso, in giallo ed in verde, allo stesso modo che abbiamo detto sopra per le ossa; ma si tingono in azzurro per mezzo del succo spremuto dalle coccole di mortella, mescolato a un po’ d’alcali e d’indaco.