§ IV. Altri segreti e ricette diversi .

965. Parafulmini economici. — Per costruire un parafulmini con economia, bisogna prendere una pertica di legno solida e leggiera, di 3 o 4 pollici di diametro, e più alta che sia possibile; armarla in cima d’una punta di rame indorato, della lunghezza di mezzo braccio o più, e fermala stabilmente sul comignolo del tetto. Se il fabbricato è lungo, ne fa di bisogno due, tre, od anche un maggior numero.

Per accrescere la probabilità della sicurezza, si attacchi un fil di ferro o d’ottone alla base della punta; si faccia in modo che questo filo segua la lunghezza della pertica e dei muri, senza toccarli, e si abbia l’avvertenza di fargli metter capo in un pozzo od in una fossa qualunque.

966. Maniera di separare l oro e l’argento dai galloni. — Taglia il gallone in piccoli pezzetti; involgili in un pannolino, e mettili in un poco di feccia di sapone sciolta nell’acqua. Fa bollire insieme fino a tanto che ti paja diminuito il volume dell’involto: allora cavalo fuori; lavalo con acqua fredda, premendolo fortemente co’ piedi, o battendolo con un mazzuolo, a fine di farne uscire la saponata; sciogli l’involto, e vi troverai la sola sostanza metallica del gallone, senza che siasi punto alterato il suo colore, o diminuito il suo peso.

967. Mezzi di riconoscere le pietre preziose. — Replicate esperienze hanno dato luogo a poter distinguere le pietre orientali dalle altre; ed è la doppia refrazione unita alla gravità specifica. Si guardi un oggetto un po’ lontano attraverso l’angolo d’una pietra; se da una vena di questa pietra si vede una doppia immagine di esso oggetto, la pietra non è orientale; ma la sua mancanza di durezza la farà conoscere subitamente, poichè si potrà raschiarla colla punta d’un coltello; ciò che non si potrebbe fare sopra una pietra orientale.

968. Pietre artifiziali da caminetti. — Per comporre delle pietre artificiali da potersi adoperare per far frontoni, capanne e stipiti da camino, piglia: 2 staja di rena di fiume, ed uno stajo di calcina viva polverizzata e stacciata; mescola il tutto insieme con sufficiente quantità d’acqua, ed agita questo miscuglio per 3 o 4 giorni, una mezz’ora per volta, ma senza aggiungervi nuova calcina.

Mescola poi ad 8 boccali d’acqua un boccale di colla riscaldata, e mezza libbra d’allume in polvere e sciolto nell’acqua. Indi unisci la composizione di calcina e di rena col miscuglio suddetto di colla ed allume; rimesta bene, aggiungendo di mano in mano del gesso ben polverizzato, fino a che avrai ottenuto una specie di pasta dura e compatta.

Poni tale impasto in forme di legno che abbiano la figura che desideri e le cui estremità, i lati ed il di sopra si possano levare. È però necessario di dare dapprima sull’interno di queste forme una densa copertura oleosa composta d’una parte d’olio e d’altrettanta acqua di calcina chiara. Nell’empire le forme, si unisce all’impasto dei fili di ferro e della stoppa, ma in modo che queste materie restino soltanto nel mezzo, e formino come l’anima della pietra artifiziale. Esse servono a dare maggior solidità all’impasto, e ad impedire che si spezzi interamente, se per caso venisse a fendersi.

Terminata una tale operazione, si pone il coperchio sulla forma, e si sottomette all’azione d’un forte strettojo a vite, dove ha da restare per 20 o 30 minuti, o sia finchè l’impasto abbia acquistato la necessaria durezza.

Si perfezionano queste pietre artifiziali bagnandole con acqua d’allume, e dando loro la pulitura con gesso bagnato.

969. Mastice impenetrabile all’acqua. — Spegni della calcina viva in sangue di bue, invece di acqua. Pesta delle tegole o mattoni, e passa per istaccio. Mescola questa polvere al primo miscuglio fino a consistenza di malta, ed il mastice sarà fatto. Esso ha la proprietà di seccar prontamente, e divien sì duro, che per romperlo fa d’uopo dell’acciajo temperato.

970. Mastice inalterabile. — Riduci in polvere 93 parti di mattone o d’argilla ben cotta, e 7 parti di litargirio; aggiungi quanto basta d’olio di lino puro per dare al miscuglio la consistenza della malta, ed avrai un mastice inalterabile. Allorchè vorrai farne uso, te ne servirai come se fosse gesso, avvertendo per altro d’inumidire con una spugna il luogo dove vuoi applicarlo. Questa precauzione è indispensabile, altrimenti l’olio trapelerebbe, ed impedirebbe al mastice d’indurirsi perfettamente. Quando occorre di doverlo distendere sopra una grande superficie, vi si formano talvolta delle screpolature; in tal caso conviene riturarle con nuova quantità di mastice. Por diventar ben duro occorrono ad esso 3 o 4 giorni.

        971. Mastice dei marmorini. — Mescola insieme le seguenti sostanze:

Olio di lino Libbre         3,
» grasso » 1,
Litargirio » 1,
Essenza di trementina » 1,
Cerussa in polvere » 1.

Aggiungi al miscuglio tanta polvere sottilissima di mattone, quanto basta per dargli la consistenza d’una pasta.

972. Mastice per unire le pietre e le stoviglie. — Piglia una certa quantità di fìor di farina, ed impastala con acqua fino a tanto che ne abbi formata una pasta tenace e vischiosa. Quest’operazione dev’essere eseguita sempre tenendo le mani immerse nell’acqua. L’efficacia di questo mastice si accresce quanto più si maneggia; e dopo immediatamente s’impiega per gli usi.

973. Mastice per gettare in forme ornati di architettura. — Questo mastice, presentato dal signor Smith alla società d’incoraggiamento di Parigi offre tutti i vantaggi desiderabili per imitare i lavori ad intaglio sul legno. Esso si compone di olio di lino, resina nera, creta polverizzata e colla forte. Si forma del tutto una dura pasta, che si getta nelle forme per fare ogni sorta d’ornati.

974. Mastice di limatura di ferro. — Pesta 12 capi d’aglio, e mischiali con libbre 12 di limatura di ferro, libbre 3 di sale comune, e libbre 1 d’olio grasso. Quando il tutto è perfettamente mischiato insieme, aggiungi parti eguali di aceto e d’orina, tantochè la materia diventi liquida, e lascia riposare per 24 ore prima di farne uso.

975. Preparazioni di diversi mastici per raccomodare maioliche, porcellane, vetri, ecc. — Mescola del succo di titimalo con quel liquore che depongono le lumache allorchè vengono esposte al sole. Se vuoi unire due pezzi di vetro, impiastrane i due lembi che devono combaciarsi, ed applicali l’uno contro l’altro, facendo poi asciugare al sole la composizione.

Un altro mastice si compone di gomma arabica stemperata nello spirito di vino. Avverti però di scaldare i pezzi di vetro prima d’incollarli.

Avvi pure de’ mastici per incollare le porcellane. Il migliore si fa con calcina spenta all’aria, che poi si mescola con chiara d’uovo o cacio fresco e molle. Se ne impiastrano gli orli della porcellana rotta, e si riunisce l’un pezzo all’altro.

In quanto alla majolica, si fanno calcinare i gusci delle ostriche, si riducono in polvere impalpabile, si fa con questa polvere e con chiara d’uovo una colla, e con essa si impiastrano i pezzi rotti prima di riunirli insieme.

Tutti questi mastici resistono all’acqua ed al fuoco.

976. Altro mastice per accomodare i vasi rotti di porcellana. — Si scioglie un’oncia di mastice nello spirito di vino ed in quantità sufficiente per diluirlo. Si tiene in molle a parte nell’acqua un’oncia di colla di pesce, e quando è bene ammollita si pone nello spirito di vino per farne una densa gelatina: poscia si aggiunge un quarto d’oncia di gomma ammoniaca ben polverizzata; si uniscono i due miscugli in un vaso di terra; e se ne procura la perfetta fusione a fuoco lento; indi si versa il tutto in un recipiente da potersi chiudere ermeticamente, a fine di conservare il mastice così ottenuto. Quando si vuol farne uso, si riscalda sì il mastice che la porcellana rotta, e si connettono i pezzi.

977. Cera o catrame per turare ermeticamente le bottiglie. — Il miglior mezzo per comporre questa specie di mastice, consiste nel procurarsi una parte di cera vergine, quattro parti di pece greca, o colofonia che tu ami chiamarla, e quattro parti di pece resina; nel far liquefare la cera, unirvi le resine, e mischiar bene il tutto. Quest’operazione si fa in una padella di ferro sopra un fornello.

Per servirsene bisogna far liquefare il suddetto composto, ed immergervi il collo delle bottiglie, dopo che saranno state turate con un tappo di sughero; si fanno girare le dette bottiglie orizzontalmente per far che vi si distenda bene il mastice, e si ritirano tosto. Quest’immersione vuol esser fatta sollecitamente, e intanto che il mastice è bastantemente liquido, senza però che bolla, in caso contrario si corre rischio di veder scoppiare parecchie bottiglie.

Alcuni danno alla composizione un color rosso, il quale si ottiene unendovi dell’ocra rossa in polvere. Aggiungendovi due parti di gomma lacca, il mastice diviene trasparente e meno friabile.

978. Maniera di far riapparire la scrittura logorata dal tempo. — Infondi in un mezzo bicchiere di spirito di vino cinque o sei galle polverizzate, indi fa scaldare quest’infusione, e presenta al vapore che se ne solleva la carta o la pergamena di cui vuoi far riapparire i caratteri; e da ultimo fa scorrere sulla scrittura un pennello o una spugna imbevuta dello stesso liquore.

Un altro mezzo consiste nell’immergere semplicemente le scritture in una soluzione di copparosa, e lasciar quindi asciugare le carte o pergamene.

Si è pure fatto uso con buon successo d’una cipolla tagliata in mezzo ed immersa nell’aceto. Bagnasi con tal preparazione la scrittura che vuolsi far riapparire, e si ottiene l’effetto.

979. Processo per rimetter in nuovo le stampe. — Lega insieme fra due cartoni tutte le tue stampe che vuoi nettare; mettile a bollire per un quarto d’ora in una lisciva composta semplicemente d’acqua e cenere; indi ritirale e ponile sotto lo strettojo, a fine di farne uscir l’acqua che possono contenere, e che si vede carica del loro sudiciume: un quarto d’ora dopo immergile nella medesima lisciva, e quindi torna a metterle sotto allo strettojo: ciò fatto, tuffale in una secchia d’acqua pura bollente, lasciavele un altro quarto d’ora, poi cavale fuori, e tuffale due o tre volte in un’acqua carica d’allume, la quale restituirà una certa consistenza alla carta. Finalmente devi distendere le stampe ad una ad una, per mezzo di spilli, in luogo ove non sieno esposte alla polvere.

980. Maniera d’imbiancare l’avorio. — Per rendere bianco l’avorio ingiallito, piglia del sapone nero, applicalo sull’avorio, accostalo al fuoco, e, dopo una bollitura, asciugalo. Oppure, prendi dell’acqua, in cui sia stata disciolta della calce viva, mettivi dentro l’avorio, e fa bollire fino a tanto ch’esso diventi bianco.

981. Maniera d’imbiancare le ossa. — Piglia della calcina viva, e un pugno di crusca, poni e l’una e l’altra in una pentola ben netta con sufficiente quantità di acqua, e fa bollire insieme colle ossa fino a che ne rimangano interamente digrassate.

982. Modo di cavar l’amido dalle patate. — Togli patate ben lavate e crude, e riducile in pasta per mezzo d’una grattugia. Lava questa pasta in molt’acqua, agitando fortemente. Versa il tutto sopra uno staccio di crine, collocato sul recipiente che deve ricevere l’acqua che scola. Lascia posare quest’acqua; e l’amido si precipiterà sul fondo. Lo stempererai di nuovo, e più e più volte, fino a che l’acqua della lavatura esca priva affatto di colore: indi decanta per inclinazione, lascia seccar l’amido, e serbalo per l’uso.

983. Colla forte. — Fa macerare nell’acqua, nervi, cartilagini, cuojo e piedi di bue; indi fa bollire per molto tempo finchè queste sostanze diventino liquido, avvertendo di agitare sempre con un bastone, acciò la materia non si attacchi sul fondo del recipiente e vi si abbruci; passa per istaccio o per tela grossa; getta la colatura sopra lastre o in forme, ed avrai la colla forte.

Cavata che avrai la gelatina dalle forme, la metterai sopra reticelle di corda, o l’infilerai e l’appenderai in una stufa o all’aria perchè secchi.

La porzione superiore di questa bollitura, essendola più trasparente, somministra una colla più bella, che è conosciuta in commercio sotto il nome di colla di Fiandra.

Si ottiene una colla più fine, facendo bollire i ritagli di cartapecora, di guanti, ecc. fino ad ottenerne un liquore della consistenza d’una gelatina, la quale parimente si fa seccare.

984. Colla di pesce. — Si ottiene questa colla facendo bollire nell’acqua la pelle e parecchie altre parti di varii pesci. Allorchè la bollitura ha acquistato la debita consistenza, se ne formano come sottilissime lastre, che poi si fanno seccare. Si fa uso di questa colla in parecchie arti, ed anche per far gelatine.

985. Colla a bocca. — Dicesi così una certa qualità di colla, della quale si servono i disegnatori per fermare i fogli di carta, e che adoperasi bagnandola semplicemente colla saliva, senza farla disciogliere sul fuoco. Per farla si fa liquefare la più bella colla di Fiandra con un pochetto d’acqua, aggiungendovi 3 once di zucchero bianco polverizzato per ogni libbra di colla. Versa il miscuglio sopra una tavola di marmo, o sopra un piatto, e quando sarà secco, dividilo in strisce della dimensione che vuoi.

986. Colla di pasta ad uso de’ legatori di libri, cartolaj, ecc. — Piglia una libbra di patate crude, e, lavatele diligentemente, riducile in polpa per mezzo d’una grattugia, senza pestarle. Indi getta questa polpa in un boccale d’acqua, e fa bollire il tutto per due minuti, dimenando continuamente. Nel ritirare dal fuoco la pasta, aggiungivi a poco a poco una mezz’oncia d’allume sottilmente polverizzato, e con una spatola di legno incorpora ben bene ogni cosa. Ciò fatto avrai una bellissima colla trasparente da farti onore nel tuo mestiere.

Si fa pure questa pasta o colla, adoperando farina o amido in vece delle patate.

987. Colla dei marmorini. — Polverizza del marmo; mischialo con colla forte, ed aggiungi quel colore che desideri e che meglio imita la qualità del marmo che vuoi accomodare. In tal guisa avrai una colla che ti servirà per riunire i pezzi staccati ed accomodare quelli scrostati.

988. Maniera di sciogliere la gomma elastica. — Piglia una libbra di spirito di trementina; versalo in un matraccio lungo di collo, messo in bagno d’arena caldo; gettavi dentro a poco per volta, e di mano in mano che la vedrai sciogliere, una libbra di gomma elastica, che avrai prima tagliata in piccolissimi pezzetti colle forbici. Sciolta ch’essa sia interamente, versa nel matraccio una libbra di olio di noce, o di lino, o di papavero, reso disseccativo secondo si pratica, cioè, col litargirio; lascia bollire il tutto per un quarto d’ora, e la preparazione sarà fatta.

Così sciolta, la gomma elastica è suscettibile ad essere gettata nelle forme, e prendere qualunque figura che si voglia darle: quindi se ne possono far scarpe, bertelle, cintole, tubi, e tanti altri oggetti, massimamente appartenenti alla chirurgia.

989. Modo di preparare l’esca. — Si prepara l’esca con una sorta di grandi funghi, detti agarici, e con certe escrescenze fungose che vengono sulle vecchie querce, sui frassini, sugli olmi, gli abeti ed altri alberi.

Si fanno cuocere nell’acqua questi funghi; si seccano; si battono con un martello di legno per rammollirli e spezzarne e dividerne le parti; indi si fanno bollire in una forte lisciva di salnitro, e si seccano di nuovo al forno.

Quando l’esca non s’accende facilmente, bisogna farla bollire ed inzuppare di nuovo in sufficiente quantità d’acqua carica di salnitro, o di nitrato di piombo, nella proporzione di 3 once per ogni libbra d’esca.

990. Maniera di tirar cristalli di zucchero dal miele. — Fa bollire per una mezz’ora 3 boccali di miele con un boccale d’aceto; levane via la schiuma di mano in mano che la si va formando; aggiungi libbre 1 1/2 di carbone grossamente polverizzato: indi ritira il miscuglio dal fuoco, e lascialo riposare per due giorni. Poi fallo riscaldare, passalo per pannolino, a fine di separarne il carbone, mischiavi due chiare d’uova con un po’ d’acqua, e fa bollire per uno o due minuti. Passa di nuovo per pannolino; rimetti sul fuoco lo sciroppo, e lasciavelo stare fino a tanto che, immergendovi un dito e appoggiandolo contra al pollice, si formi un piccolo filo che difficilmente si rompa. Allora tira indietro lo sciroppo; portalo in una stufa; ed in capo a tre settimane od un mese troverai de’ cristalli di miele in forma di zucchero.

991. Taffettà ingommato. — Poni in un calderotto 15 once d’olio di lino; 6 denari di litargirio in polvere, altrettanto di cerussa, e un denaro e mezzo di talco di Venezia. Colloca il calderotto sopra un fornello, ed avverti che la fiamma non vada ad incendiare l’olio; lascia bollire, rimestando continuamente con una spatola di legno, e dopo cinque minuti di bollitura aggiungi 2 once di gomma elastica tagliuzzata. Mantieni ben vivo il fuoco, per modo che la gomma possa sciogliersi in mezz’ora circa. Operatasi questa dissoluzione, il che si riconosce per l’apparizione di una schiuma, spegni tosto il fuoco, badando bene che detta schiuma non ecceda gli orli del calderotto, e lascia freddare il liquore, il quale diverrà assai denso e glutinoso.

Intanto in un altro recipiente, collocato esso pure sur un fornello, metti 45 once (3 libbre e 9 once) d’olio di lino, 6 denari di litargirio in polvere, altrettanto di terra d’ombra polverizzata e calcinata, e denari 4 1/2 di cerussa in polvere, parimente calcinata. Fa bollire per tre ore e mezzo il miscuglio, rimestando continuamente, ed avvertendo che il fuoco non sia troppo vivo; quindi ritiralo, e lascialo raffreddare. Finalmente unisci quest’ultimo miscuglio col primo, in cui è la gomma elastica, e fa incorporare bene il tutto, liquefacendo al fuoco.

Il liquore che ne risulta, il quale non dovrà essere nè troppo denso nè troppo liquido, si dà sopra alle stoffe di seta anche le più sottili, e si rendono così fortissime e impermeabili.

992. Modo di fare una squadra giusta. — Per fare una squadra giusta con poca spesa, piglia un foglio di carta qualunque; piegalo in due come meglio ti piace, indi ripiegalo con attenzione sopra se stesso, in maniera che questa seconda piegatura ricopra perfettamente la prima; e così avrai una squadra giustissima.

993. Polvere da cannone. — Non ci pare di dover qui circostanziare i processi che si usano nelle grandi fabbriche per fare la polvere da cannone, o da fuoco che tu ami chiamarla; per cui ci limitiamo a darne un’idea generale, che valga per altro per coloro cui piacesse di contentarsi di piccoli saggi.

La preparazione della polvere si riassume nella combinazione del salnitro, dello zolfo e del carbone. Le proporzioni di queste tre sostanze variano secondo l’uso a cui si riserva la polvere che ne risulta. Generalmente sono le seguenti:

Salnitro Carbone Zolfo
Polvere da caccia 78 12 10
» da guerra 75 12 1/2 12 1/2
» da mina 65 15 20
» detta inglese 76 15 9

Il miglior carbone è quello d’ontano scorzato. Ecco come si procede. Si riduce in polvere separatamente il salnitro, il carbone ed i fiori di zolfo; indi si stacciano le tre sostanze, e si mescolano insieme intimamente, riducendole in una specie di pasta per mezzo dell’acqua. Questo miscuglio, secondo il sistema del sig. Carny, si eseguisce in un barile attraversato da un pernio, e contenente varii globetti o sfere di bronzo. Si mettono le dette sostanze ben polverizzate, massime Io zolfo, in questo barile, il quale si fa indi girare rapidamente; si ritira poi la polvere così mischiata, e si colloca a suoli fra tele bagnate, che si comprimono con forza. In questa guisa si ottengono come delle focacce assai solide, le quali poi voglion essere sbriciolate e granulate.

La polvere si liscia agitandola in un barile, dove i piccoli granelli, stropicciandosi fra loro, acquistano un certo che di lucido. Se ne separa la parte troppo sminuzzata mediante un buratto, e la si fa asciugare intieramente in vasi di metallo scaldati esteriormente con vapore d’acqua bollente.

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