Paolo Schicchi nasce a Collesano, sulle Madonie, il 31 agosto 1865 da Simone, avvocato e patriota, e Michelangela Dispensa. Studente al ginnasio di Cefalù, diretto dal poeta garibaldino Eliodoro Lombardi, improvvisa a quindici anni un comizio anticlericale sulla scalinata del duomo rischiando il linciaggio dalla folla inferocita. Prosegue gli studi a Palermo dove si lega agli studenti internazionalisti e mazziniani e partecipa entusiasta, nel gennaio 1884, alle manifestazioni in onore di Mario Rapisardi in visita alla città. Dal 1885 al 1887 frequenta la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo costruendosi fama di spadaccino e di benefattore dei poveri. Innamoratosi perdutamente di Maria Genova, dinanzi alle resistenze dei genitori di lei si spara un colpo di pistola alla tempia che va fortunosamente a vuoto. Richiamato prudentemente in famiglia, sostiene fiere battaglie elettorali a favore di candidati radicali e repubblicano-socialisti dei circondari di Termini e Cefalù. Grazie all’interessamento di Giacinto Scelsi, collesanese nominato prefetto a Bologna, s’iscrive a quell’Università dove frequenta i corsi di Ceneri, Filopanti e Carducci. A Bologna s’unisce al gruppo dei giovani goliardi che dà vita al "Bonomia Ridet" (a lui si attribuisce l’invenzione del cappello goliardico) e guida la gioventù mazziniana nelle dimostrazioni contro la visita del re in occasione dell’ottavo centenario dell’Università. Costretto a rientrare a Palermo, frequenta da praticante lo studio dell’avvocato repubblicano-socialista Aristide Battaglia finché non viene chiamato, il 26 novembre 1888, a vestire la divisa di allievo ufficiale nell'11° reggimento di fanteria di stanza a Palermo. Il 10 maggio successivo ottiene il trasferimento a Torino, nel reggimento di artiglieria da montagna. Ha già maturato il proposito di disertare che attuerà l'11 agosto 1889, attraversando la frontiera a Sant’Anna di Vinadio. Raggiunta Parigi, dove sono in corso i festeggiamenti per il centenario della rivoluzione francese, si avvicina gradualmente agli ambienti dei disertori ed esuli nichilisti e anarchici. Deluso dalla Francia repubblicana, ove regnano come in Italia miseria, fame e soprusi, assiste fin dal gennaio 1890 alle conferenze che si tengono settimanalmente alla salle Horel, spesso tenute da Louise Michel. Legatosi d’amicizia con Luigi Galleani, Francesco Saverio Merlino e il bulgaro Stojanoff, nell' aprile 1890 è tra i fondatori del Circolo internazionale degli studenti anarchici per il quale compila gran parte del manifesto Agli studenti – Ai militari, distribuito in migliaia di copie in Italia, Francia e Svizzera alla vigilia del 1° maggio 1890. Dopo aver preso parte alle dimostrazioni di quel primo 1º maggio, minacciato d’espulsione, abbandona la Francia in compagnia di Merlino e raggiunge Malta, via Marsiglia e Tunisi. Da Malta si tiene in fitta corrispondenza coi compagni siciliani e del continente collaborando ai loro giornali. È in questo periodo che firma il manifesto I socialisti anarchici al popolo italiano. Non votate! col quale, insieme ad altri 56 anarchici esuli all’estero, incita a disertare le urne nelle elezioni politiche di novembre; e traduce l’opuscolo anonimo Ricchezza e miseria, che costituirà il primo titolo della Biblioteca del "Proletario" di Marsala. Contrario al congresso di Capolago, inizia una polemica che farà di lui ben presto il capofila della tendenza antiorganizzatrice dell’anarchismo italiano. Nel frattempo, dietro pressioni del console italiano, viene arrestato due volte e infine espulso da Malta. È da Catania che parte il 1° gennaio 1891 il suo viaggio clandestino in Sicilia di preparazione per il 1º maggio insurrezionale. Gira l’isola in lungo e in largo sfuggendo d’astuzia per due volte all’arresto. Ma i gruppi siciliani, dopo la visita di Cipriani avvenuta tra la fine di marzo e i primi di aprile, assumono una linea attendista ch’egli disapprova facendo esplodere una bomba il 29 aprile davanti alla caserma di cavalleria di Palermo.
Dopo aver vagato per mezza Europa, si rifugia a Ginevra dove dal 18 luglio pubblica successivamente due numeri del "Pensiero e Dinamite" e due numeri e due supplementi de "La Croce di Savoia" (un terzo numero gli viene sequestrato in bozze), in cui attacca ferocemente la casa Savoia e i "pontefici" dell’anarchismo (Malatesta, Merlino, Cipriani e Gori) che considera responsabili della mancata insurrezione del maggio e della debolezza di cui fa mostra il movimento davanti alla repressione. Espulso dalla Svizzera l'11 settembre 1891, riprenderà la sua polemica a Barcellona col giornale trilingue "El porvenir anarquista" (due numeri e un supplemento) finché il sostegno dato alla rivolta di Jerez non servirà da pretesto per il suo arresto, avvenuto il 10 febbraio 1892. Torturato, ridotto in fin di vita, riesce con l’aiuto di Maria Margaleff, la sua compagna spagnola, e corrompendo guardie ed impiegati, ad uscire dal carcere il 10 settembre. Dopo un breve soggiorno a Marsiglia, il 3 ottobre 1892 Schicchi è a Genova dove fa esplodere una bomba al Consolato spagnolo per vendicarsi delle sevizie subite in Spagna. Raggiunge Pisa in serata con un passaporto intestato all’anarchico Di Ciolo, ma alla stazione, riconosciuto, viene arrestato dopo aver opposto una strenua resistenza, assieme a Virgilio Mazzoni, accorso in suo aiuto.
Il processo si svolge alla Corte di Assise di Viterbo dal 16 al 19 maggio 1893: nonostante le arringhe difensive di Pietro Gori e di Vito Grignani, Schicchi viene condannato, per gli attentati di Palermo e Genova ed il mancato omicidio del delegato Tarantelli alla stazione di Pisa, a 11 anni, tre mesi e 15 giorni di reclusione (più tre anni di sorveglianza speciale). La pena si accrescerà di un altro anno di reclusione perché egli alla lettura della sentenza indirizza ai giurati l’epiteto di pecorai, e di altri due mesi e dieci giorni inflittigli il 12 dicembre 1893 dal Tribunale militare di Alessandria per il reato di diserzione. Nel frattempo, promossa da Pietro Gori e dal ''Sempre Avanti!'' di Livorno con la pubblicazione del Resoconto del processo, da Luigi Molinari con un opuscolo biografico e dagli anarchici di Marsala, si estendeva in tutta Italia la campagna per la sua liberazione, bruscamente interrotta dalla repressione crispina.
Schicchi scontò la reclusione quasi interamente, per volontà della famiglia reale che tanto aveva oltraggiato, nelle carceri di Oneglia, Orbetello e Viterbo. Nell’ottobre del 1894 è protagonista ad Oneglia dell’ammutinamento di quei detenuti contro le condizioni di vita e le angherie del direttore del carcere. Negli anni successivi alimenta la campagna per la liberazione dei detenuti e dei coatti politici con lettere che fa pervenire clandestinamente agli amici e ai compagni. I socialisti, suo malgrado, lo portano candidato nelle elezioni del 1897 a Grosseto e Cefalù, nel 1901 viene incluso nella lista dell'on, Marinuzzi a Palermo e nel 1902 in quella di Noè a Messina. Ma senza alcun successo. Nel marzo 1904 rifiuta sdegnosamente la grazia che, in luogo di applicare l’ultima amnistia, il sovrano gli ha concesso. Il 27 maggio dello stesso anno viene rimesso in libertà.
Tornato a Collesano viene sottoposto alla vigilanza speciale che finisce di scontare il 31 maggio 1907. Ha ripreso intanto a scrivere nei giornali del movimento. Il 1° giugno 1908 parte per Milano dove va a dirigere "La protesta umana" ma già a settembre è in rotta con Nella Giacomelli ed Ettore Molinari, i maggiori finanziatori del giornale. È l’inizio di una polemica con gli anarchici milanesi, e in particolare con gli individualisti "bisognisti", che sfocerà nella pubblicazione, avvenuta nel luglio del 1909, della prima parte de Le degenerazioni dell’anarchismo, dal titolo Mentecatti e delinquenti. Rinuncerà a pubblicarne la seconda parte limitandosi a diffondere l’8 gennaio 1910 unaAppendice alla parte prima de "Le degenerazioni dell'anarchismo" in cui risponde alle calunnie che la coppia Epifane-Ireos (pseudonimi di Molinari e della Giacomelli) hanno sparso nel frattempo sul suo conto. Si reiscrive all’università, prima a Bologna, poi a Pavia, infine a Pisa, con l’intento di laurearsi e di inserirsi nell’ambiente letterario. Tiene numerose conferenze e comizi in Toscana e Liguria, specie dopo la fucilazione di Francisco Ferrer, avvenuta il 13 ottobre 1909. A questa intensa attività affianca la fondazione, a Pisa, della Libreria Editrice Sociale e della Cooperativa Tipografica "Germinal" dove si stamperà il "Satana", mensile dell’associazione Razionalista, al quale collabora assiduamente, e dal 1° maggio 1910 "L'Avvenire Anarchico", settimanale che egli dirige fino al settembre dello stesso anno. L’8 agosto, infatti, è a Marsala dove, invitato dagli anarchici locali, tiene una conferenza sul suo tema preferito: "Scienza e religione". Il Circolo di Studii Sociali, fondato per l’occasione, ha uno sviluppo tanto impetuoso da convincere Schicchi, già alle prese con problemi familiari e di studio, a tornare in Sicilia e ad assumere la direzione de "Il Proletario Anarchico" (24 numeri in tutto), che vedrà la luce a Marsala il 23 ottobre 1910 e svolgerà una preziosa opera di orientamento e raccordo dell’intero movimento isolano. Negli anni successivi, grazie anche ad alcune sottoscrizioni aperte in America tra i numerosi anarchici siciliani ivi emigrati, terrà una lunga serie di conferenze in Sicilia, interrotta da due ampi giri di propaganda nel continente nelle estati del 1911 e del 1914. Scrive in questo periodo su diversi giornali e compone saggi e lavori letterari che gli frutteranno anche dei premi ma che gli verranno purtroppo sequestrati, ancora manoscritti, nel 1917 e mai più restituiti. Si salveranno solo i due drammi La morte dell’aquila eTutto per l’amore, stampati a Milano in quello stesso anno, in un unico volume, preceduti dal saggio su La guerra e la civiltà in cui denuncia l’imperialismo e la guerra mondiale, e difende la civiltà araba. Nei mesi precedenti l’entrata dell’Italia in guerra svolge una febbrile e coraggiosa propaganda antibellica (che gli frutta alcuni processi) girando per le piazze dell’isola e collaborando alla stampa anarchica internazionale. Scoppiata la guerra, si ritira a Collesano dove alterna la propaganda scritta al lavoro nei campi. Il giorno dell’armistizio, l'11 novembre 1918, tiene un discorso violentissimo a Palermo al popolo raccolto in piazza Pretoria. Inizia subito dopo un’attivissima propaganda fra i contadini, incitandoli all’occupazione delle terre e alla resistenza. Ai contadini consacrerà il suo libro Il Contadino e la questione sociale, l’inno Il Canto dei gladiatori (stampato a New York nel Febbraio 1921) e parecchi degli articoli pubblicati sui 14 numeri unici che appariranno dal luglio 1919 al maggio 1921. Il primo di questi, "I gladiatori", viene distribuito in occasione dello sciopero generale del 20-21 luglio 1919, mentre il quarto, "Pensiero e dinamite", lo sarà in occasione di un memorabile comizio tenuto a Prizzi il 1º maggio 1920. Si dichiara intanto contrario all’alleanza coi partiti e i sindacati socialisti, il cosiddetto "fronte unito proletario", trascinando sulle sue posizioni gran parte del rinato movimento anarchico siciliano. Nel 1920 pubblica il primo volume di Fra la putredine borghese al quale medita di farne seguire un secondo insieme con la riedizione aumentata del Contadino, progetti mai realizzati. Alla lotta al fascismo incipiente dedicherà i 46 numeri de "Il Vespro Anarchico", quindicinale che vedrà la luce a Palermo il 6 maggio 1921 e che occuperà una posizione di preminenza nella storia del giornalismo anarchico italiano. Numerosi saranno i processi che Schicchi dovrà affrontare in questi anni, spesso assistito dal suo vecchio amico l’avvocato Merlino, conclusisi con l’assoluzione o il proscioglimento in istruttoria. "Il Vespro Anarchico" viene soppresso per ordine di Mussolini il 15 ottobre 1923. Il giorno precedente Schicchi era stato arrestato a Collesano. In due processi farà sfoggio della sua abilità oratoria: il primo, per vilipendio contro la religione, si terrà presso la Corte di Assise di Termini Imerese a fine anno e lo vedrà impegnato in una vera e propria lezione di esegesi dantesca; il secondo, alla Corte di Assise di Palermo, per incitamento alla disobbedienza alle leggi e all’odio di classe, si concluderà il 1° maggio 1924 con una clamorosa assoluzione. Uscito dal carcere, minacciato dai fascisti, Schicchi progetta la fuga e la ripresa delle pubblicazioni del "Vespro" a Malta o a Tunisi. Nell’attesa trasferisce la sua attività pubblicistica sui due maggiori settimanali anarchici nordamericani, "Il Martello" e "L’Adunata dei Refrattari", diffondendoli nell’isola.
Il 6 ottobre 1924, eludendo la sorveglianza dei carabinieri che presidiano la sua casa, egli abbandona Collesano per raggiungere Tunisi. Qui, dove c’era una numerosa colonia anarchica siciliana, riprende i suoi corrosivi attacchi al fascismo e alla monarchia pubblicando prima il numero unico "Il Vespro Sociale" c riprendendo poi, col n° 47, le regolari pubblicazioni de "Il Vespro Anarchico". Ma già al secondo numero, pressate dal governo fascista, le autorità francesi di Tunisi sopprimono il giornale e Schicchi, che intanto ha iniziato sull’Adunata una sua nuova polemica con gli anarchici organizzatori, è costretto a trasferirsi a Marsiglia. Qui, riprendendo la numerazione progressiva de Il Vespro, pubblica, a partire dal 1° maggio 1925, gli 8 numeri de "Il Picconiere" in cui, tra l’altro, denuncia i1 coinvolgimento degli esuli anarchici nell’organizzazione armata fondata da Ricciotti Garibaldi, Il nipote del "Generale", alleatosi segretamente coi fascisti, sta infatti brigando per condurre alla disfatta politica e militare l’opposizione in esilio. I fuoriusciti avrebbero dovuto rientrare in Italia armi alla mano per tentare la sollevazione del paese, finendo invece nella rete predisposta dal governo fascista, al corrente di ogni loro mossa. Le denunce e i documenti pubblicati da Schicchi contribuiscono a far fallire questo piano. Ma prima che ciò avvenga, gli anarchici "garibaldini" pubblicano contro di lui un numero unico violentissimo, "Polemiche nostre". Schicchi, solleticato nel suo elemento, non si fa pregare e controbatte con due numeri unici consecutivi altrettanto violenti: "Il pozzo dei traditori" e "L’Unione dei padellai". Dopo di che, dissuaso dal proseguire una simile polemica, indirizza i suoi attacchi principalmente contro Mussolini pubblicando i numeri unici "La Iena", "Ganellone" e "L’Africa". Egli non rinuncerà tuttavia, negli anni francesi, a punzecchiare Malatesta, Fabbri e gli anarchici organizzatori dell’U.A.I. che considera, principalmente per la loro politica di alleanze, i principali responsabili delle difficoltà in cui si dibatte il movimento anarchico in esilio.
Costretto a lasciare Marsiglia all’inizio del 1926, Schicchi si stabilisce per tre anni a La Ciotat con la sua compagna Maria Liberti e con la figlia adottiva Liliana. Ai conoscenti in Italia invia, in busta chiusa, migliaia di copie della circolare Ammazzateli come cani idrofobi in cui espone il suo programma di lotta al fascismo. Compie intanto due viaggi clandestini a Genova e Torino. Riceve aiuti finanziari consistenti dall’America e visite continue dagli esuli anarchici, tanto che il console italiano a Marsiglia può affermare il 1° novembre 1926 che "Paolo Schicchi dirige e organizza tutto il movimento anarchico dei connazionali in Francia". Dal 26 giugno 1926 esce a Parigi "La Diana", il nuovo quindicinale di cui egli è direttore assieme a Renato Souvarine (alias Renato Siglich). Nel marzo dell’anno successivo riesce a pubblicare, grazie all’aiuto finanziario dell’anarchico espropriatore Severino Di Giovanni, il primo volume di Casa Savoia, durissima requisitoria storica contro la famiglia reale italiana. L’8 giugno 1927 partecipa alla riunione anarchica di Tolone nella quale viene votata la non adesione degli anarchici al fronte unico antifascista. Nel frattempo avvia i contatti e i preparativi per un suo ritorno in Sicilia ad organizzarvi e promuovervi un moto insurrezionale. Ad ostacolare il progetto interviene, il 28 giugno 1928, la sua espulsione dal territorio francese che lo porta a vagare per la Francia, il Belgio, la Germania, l’Austria esercitando per copertura il commercio dei concimi chimici per conto del fratello Sante, residente in Argentina.
Nel luglio del 1929 anche "La Diana" viene soppressa dal governo francese. Schicchi rientra clandestinamente a Marsiglia e pubblica "La Guerra Civile", numero unico che incita a far fatti e non più parole. Dello stesso tenore sono gli articoli che invia a "L’Aurora" di Boston ed il manifesto insurrezionale ai Siciliani, diffuso poco prima della sua partenza per la Sicilia. È il gruppo de "L’Aurora" che paga le spese per la pubblicazione del secondo volume di Casa Savoia, apparso nel novembre 1929, mentre un circolo criminologico viennese stampa l’anno successivo la prima parte delle sue Storie di Francia, in cui stigmatizza le violazioni del diritto di asilo da parte del governo francese. Quando, nell’estate del 1930, Schicchi parte per l’Algeria e la Tunisia diretto in Sicilia, porta con sé i manoscritti del terzo volume di Casa Savoia e della seconda parte delle Storie di Francia che, consegnati a compagni, andranno però dispersi.
Per sei mesi riesce a confondere totalmente le idee dei numerosi agenti segreti fascisti, sguinzagliati per il mondo sulle sue tracce, facendo diffondere dagli amici più fidati lettere, cartoline ed ogni altro genere di notizie che lo danno di volta in volta a New York, Buenos Aires, Vienna, Malta, Egitto, perfino in Russia. Sarà un tale Allegra, informatore infiltratosi tra gli anarchici di Tunisi, a rivelare la sua presenza in quella città. Per la polizia italiana sarà un gioco da ragazzi confezionargli la trappola. Nonostante la defezione di parecchi compagni e la penuria di mezzi, Schicchi ha infatti deciso di affrettare il suo rientro nell’isola. Il 20 agosto, assieme a Salvatore Renda e Filippo Gramignano, s’imbarca clandestinamente sul piroscafo "Argentina". Viene arrestato subito dopo lo sbarco a Palermo, il giorno successivo. Il Tribunale speciale per la difesa dello Stato lo condanna, il 16 aprile 1931, a dieci anni di reclusione e tre di vigilanza speciale. Per effetto di un’amnistia ne sconterà poco più di sei nei reclusori di Roma e Turi di Bari (dove avrà modo di polemizzare con Gramsci). Ammalatosi gravemente, si rifiuta con sdegno di appoggiare la domanda di grazia avanzata dai suoi parenti. Anziché essere liberato, il 28 gennaio 1937 viene tradotto nelle carceri di Palermo. Ha settantadue anni e soffre di idropsia, arteriosclerosi, palpitazione cardiaca, asma bronchiale, sciatica, catarro, cecità incipiente e rovina di tutti i denti. Nel frattempo la questura di Palermo compie un vero e proprio saccheggio in casa sua, sequestrando gran parte della sua biblioteca, centinaia di giornali e di opuscoli e persino i quaderni compilati in carcere alla fine dell’ottocento e muniti del visto della censura. Non gli verranno più restituiti, Questo materiale servirà da pretesto per il suo invio al confino prima di Ponza, il 9 marzo 1937, poi di Ventotene, il 13 luglio 1939, dove viene circondato dalle premure e dall’affetto di tutti i confinati, al di là di ogni colore politico. Per le peggiorate condizioni di salute, l’8 ottobre 1940 il confino gli viene commutato in ammonizione ed egli può tornare a Collesano. Nel giugno 1941 riceve l’autorizzazione ad operarsi di ernia inguinale nella clinica del dottor Noto a Palermo, dove rimane, protetto dal suo amico dottor Pasqualino, fino alla fine della guerra.
Il 10 settembre 1943 inizia a Palermo, d’intesa con giovani libertari, repubblicani, socialisti e comunisti, la pubblicazione di una serie di manifesti (Siciliani!, L’impero di Ganellone, ecc.) riuniti sotto le comuni testate del "Fronte Unico della Liberazione" (2 numeri) e de "La Diana del Fronte Unico della Liberazione" (2 numeri), tramutatesi col 1944 nel "Fronte Unico del Vespro Sociale" (2 numeri), e in un opuscolo di propaganda. La Società Futura. Nel settembre 1944 Schicchi dà vita alla prima serie delle Conversazioni sociali, seguita l’anno dopo da altre tre serie. Vi raccoglie sue memorie, suoi scritti e pensieri antichi e recenti, anticipando quanto farà dal marzo 1946 con la sua nuova rivista mensile, "L’Èra Nuova'', compilata in gran parte da solo. "L’Èra Nuova" interromperà le pubblicazioni col numero doppio dell’aprile-maggio 1948 perché il suo direttore non vorrà ottemperare alle formalità richieste dalla nuova legge sulla stampa. Appariranno perciò, tra un' operazione e l'altra che Schicchi è costretto a subire, una serie di numeri unici (11 e un supplemento) l’ultimo dei quali, ''Il Vespro della Nuova Civiltà" esce nel maggio-giugno 1950, alla vigilia dell’operazione di ernia dalla quale non si riprenderà più. Un ultimo numero unico, "Il Vespro dell’Èra Nuova", non vedrà mai la luce perché Schicchi cessa di vivere, a Palermo, il 12 dicembre 1950. Alcuni tra i parenti che lo assistono, distintisi per il loro passato fascista e bigotto, spargono seduta stante la leggenda della conversione di Schicchi al cattolicesimo in punto di morte. È il primo tentativo di profanazione della sua memoria, ben presto smascherato, al quale non mancheranno di seguirne altri, anche da parte anarchica.