§ 10.

In tutto questo ci si fa sempre più vicina la domanda, come mai sia da raggiungere la certezza, come siano da fondare i giudizi, in che consistano il sapere e la scienza, che noi, accanto al linguaggio e all'agire con riflessione, vantiamo come il terzo grande privilegio ottenuto mediante la ragione.

La ragione è di natura femminile: ella può dare soltanto dopo di aver ricevuto. Da per sé sola non ha se non le vuote forme del suo operare. Non v'è altra conoscenza razionale in tutto pura, fuori dei quattro principi, ai quali io ho attribuito verità metalogica, ossia i principi di identità, di contraddizione, del terzo escluso e di ragion sufficiente. Imperocché perfino il resto della logica non è già più conoscenza razionale affatto pura, presupponendo i rapporti e le combinazioni delle sfere dei concetti. E concetti in genere si hanno soltanto in seguito a precedenti rappresentazioni intuitive; essendo tutta l'essenza di quelli costituita dalla lor relazione con queste, sì che i concetti presuppongono le rappresentazioni. Ma poiché codesta presupposizione non si estende al contenuto determinato dei concetti bensì soltanto ad un'esistenza di essi in genere, può tuttavia la logica, presa nel suo complesso, valere come una pura scienza razionale. In tutte le altre scienze la ragione ha preso il suo contenuto dalle rappresentazioni intuitive: nella matematica dalle relazioni, intuitivamente conosciute prima d'ogni esperienza, dello spazio e del tempo; nella scienza naturale pura, ossia in quello che noi sappiamo sul corso della natura anteriormente ad ogni esperienza, il contenuto proviene dal puro intelletto, cioè dalla conoscenza a priori della legge di causalità e del suo collegamento con le pure intuizioni dello spazio e del tempo. In ogni altro sapere tutto ciò che non è tolto dalle intuizioni or ora indicate appartiene all'esperienza. Sapere, in generale, significa aver in potere della propria mente, per riprodurli a volontà, quei giudizi, che hanno il lor principio sufficiente di conoscenza in qualcosa fuori di se stessi, ossia sono veri. Solo la conoscenza astratta è quindi un sapere; questo è perciò sotto condizione della ragione; e parlando degli animali, per esser precisi, non possiamo dire che essi sappiano, sebbene abbiano conoscenza intuitiva e, quindi, anche memoria, e perciò fantasia: il che d'altronde dimostrano i loro sogni. Riconosciamo loro la coscienza; il concetto della quale, per conseguenza, sebbene la parola derivi da scire, viene a coincidere con quello di rappresentazione, di qualunque specie questa poi sia. Perciò anche s'attribuisce bensì da noi vita alla pianta, ma non coscienza. Sapere è adunque la conscienza astratta: l'aver fissato in concetti della ragione ciò che è stato conosciuto per altra via.

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