§ 37.

Sebbene adunque, come risulta dalla nostra esposizione, il genio consista nella capacità di conoscere, indipendentemente dal principio di ragione, le idee delle cose invece che i singoli oggetti, i quali soltanto nelle relazioni hanno la loro esistenza; e di essere, di fronte alle idee, il correlato stesso dell'idea, ossia non più un individuo, bensì puro soggetto del conoscere; – deve tuttavia questa capacità trovarsi in minore e diverso grado presso gli uomini tutti: poiché altrimenti sarebber questi altrettanto incapaci di goder le opere dell'arte, quanto di produrle, e in genere non possederebbero per il bello e l'elevato sensibilità alcuna; anzi queste parole non avrebbero per loro alcun senso. Dobbiamo dunque ammetter come esistente in tutti gli uomini – se per avventura non ve n'ha affatto incapaci d'ogni godimento estetico – quel potere di conoscer nelle cose le idee rispettive, e spogliarsi così per un istante della loro personalità. Il genio ha di fronte ad essi il solo vantaggio di possedere in maggior grado e più durevolmente quel modo di conoscere; vantaggio che gli permette di mantenere in questa conoscenza la riflessione necessaria per riprodurre a volontà, in un'opera, ciò che ha conosciuto in tal modo; e codesta riproduzione è l'opera d'arte. Con l'opera d'arte il genio comunica agli altri l'idea percepita. L'idea rimane dunque immutata e identica: uno e identico è anche il piacere estetico relativo, sia esso prodotto da un'opera dell'arte o direttamente dall'intuizione della natura e della vita. L'opera d'arte è semplicemente un mezzo per rendere più facile quella conoscenza in cui consiste il piacere estetico. Lo svelarsi a noi dell'idea meglio nell'opera d'arte, che non direttamente dalla natura e dalla realtà, dipende dal fatto che l'artista, il quale l'idea sola e non la realtà conobbe, nell'opera sua appunto l'idea pura ha riprodotto, l'ha isolata dalla realtà, tralasciando ogni causalità perturbatrice. L'artista ci fa attraverso i suoi occhi guardare dentro al mondo. L'aver questi occhi, il conoscer nelle cose l'essenziale, che sta fuor d'ogni relazione, è proprio il dono del genio, la qualità innata; ma l'essere in grado di comunicare anche a noi questo dono, dare a noi i suoi occhi, è la qualità acquisita, la tecnica dell'arte. Perciò dopo aver nelle pagine precedenti esposta l'intima natura della conoscenza estetica nelle sue linee più generiche, il più minuto esame filosofico del bello e del sublime, che ora segue, mostrerà entrambi nella natura e nell'arte insieme, senza continuare a distinguere. Vedremo dapprima quel che accade nell'uomo, quando il bello lo tocca, e quando il sublime: se poi questa commozione egli l'attinga direttamente dalla natura, dalla vita, oppure ne sia partecipe solo per mezzo dell'arte, non costituisce un'essenziale bensì appena un'esteriore differenza.

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