III.

Ebbe la poesia del Quarantotto una voce più degna nella musa popolare? Nemmeno questo, io credo. Certo riandando quei canti, spesso volgarucci, non può non colpire il confronto coi canti anteriori: per esempio i canti del popolo italiano e specialmente toscano nell'epoca Napoleonica, qualche volta tutt'altro che triviali. Come suona in essi la diffidenza, come suona la tristezza! «Napoleone, guarda quel che fai!,» comincia uno stornello popolare. Ve ne sono altri che esprimono il gran dolore delle [17] nostre povere plebi per dover andare a combattere lontano, fuori d'Italia, per una causa non italiana:

Partirò, partirò, partir bisogna

Dove comanderà il nostro sovrano.

Chi prenderà la strada di Bologna,

Chi anderà a Parigi e chi a Milano!

E le strofe tristissime finiscono sempre col ritornello che pare un singhiozzo: «Dio, che partenza amara!» E la esclamazione amarissima ci fa correre con la mente ai versi di Giacomo Leopardi, quando lamenta il fiore della gioventù italiana mandata a morire fra i ghiacci delle «rutene squallide spiagge» senza nemmeno il conforto di poter dire alla cara patria lontana:

La vita che mi desti, ecco ti rendo,

poichè i prodi figliuoli d'Italia morivano, non per essa, ma per i suoi tiranni, per «coloro che la uccidevano!»

Insomma, nel Quarantotto abbiamo una serie interminabile di poesie popolari, delle quali credo che non metta conto intrattenervi: canzonette, canzonucce e canzonacce. In quella immobile gora però, [18] noi vediamo fiorire come una bianca e bella ninfea. È la canzoncina toscana:

Addio, mia bella, addio,

L'armata se ne va....

Non sgorgò veramente dal cuore del popolo la gentile ed eroica canzoncina, perchè si sa che ne fu autore un certo Bosi, il quale morì pensionato e tranquillo oltre il '60 dopo essere stato, credo. Sottoprefetto a Volterra. Ma il popolo la fece sua, il popolo se la assimilò e la rese interprete dell'anima sua. Ed è veramente una cara e poetica cosa; un toccantissimo motivo che ho sentito lodare e quasi invidiare all'Italia, nientemeno che da Riccardo Wagner. Questa candida e bella ninfea, in mezzo a tante erbacce e tanti rovi, trionfò nella lotta per la vita e si mantenne. Ritornò dai campi lombardi, dove nelle veglie delle armi aveva consolato i cuori magnanimi dei giovani toscani, che dovevano cessar di battere a Curtatone e a Montanara; e seguitò a risonare per le nostre campagne, per le nostre città. Sopraggiunti i tristi tempi della invasione straniera, la gentile ed eroica canzoncina non fu dimenticata; ed ogni tanto era sommessamente modulata dal popolo. Giunto il Cinquantanove ecco che torna sulle labbra di tutti, ed è ancora [19] la canzone prediletta del popolo! E sempre poi, mentre fervevano le ambizioni in alto, e mentre i partiti laceravano l'Italia, e mentre l'egoismo personale prendeva il posto dell'amor patrio, ostentandone sacrilegamente le apparenze, il popolo italiano continuava, nella innata bontà del suo cuore, a credere che bello era il combattere e il morire per la patria; e continuava a cantare:

Se non partissi anch'io

Sarebbe una viltà.

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