I.

Signore e Signori,

Nella storia della civiltà italiana il secolo decimosesto è uno splendore e un tramonto. Generato dal seme vigoroso del Rinascimento umanistico, ebbe nell'arte, nella letteratura e nei costumi, i godimenti di un'età raffinata; e la luce della sua coltura ci empie anche oggi di ammirazione. Ma nell'andamento politico fu un precipizio; ogni fiaccola di libertà e d'indipendenza si spenge; ai liberi comuni succedono i tiranni o le oligarchie; gli stranieri corrono da padroni la penisola, se la contrastano, se la dividono, e la riducono tutta, o quasi, in servitù. La lega di Cambray del 1508 dà un primo colpo a Venezia; la pace pure di Cambray del 1529 uccide Firenze; l'una e l'altra, aiutata dalle reciproche gelosie degli Stati italiani e dalle cupidigie e dai tentennamenti dei papi; il trattato di Cateau-Cambresis distende sull'Italia il lenzuolo funebre e l'abbandona oppressa, avvilita, spremuta in balìa della Spagna, che finisce col toglierle, anche nel pensiero e nei costumi, ogni alito di nazionalità.

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E pure sull'orlo di questo precipizio, nel passaggio della gaia e tumultuosa libertà al silenzio del servilismo; in mezzo alla perturbazione continua cagionata dall'agonia delle repubbliche, dalle effimere e violente signorie dei tiranni, dalle lotte, dalle congiure, dalle invasioni straniere; il pensiero politico, per opera di alcuni grandi scrittori, si eleva ad alte concezioni, destinate a sopravvivere alla universale rovina. È in queste il germe d'una scienza nuova, che spoglia di pregiudizi locali e di tradizioni scolastiche, fondata sull'esperienza dei fatti, ma tendente a nuove idealità, si studia di disegnare, tra lo sfacelo del mondo medioevale, le basi dello Stato moderno. Di questi scrittori politici del Cinquecento è mio ufficio oggi di parlarvi. Non senza trepidazione mi presento oggi, la prima volta, dinanzi a voi, ben conoscendo la gravità dell'argomento e la mia insufficienza; ma la vostra squisita cortesia, o Signori, mi conforterà nell'arduo cammino; e, poichè altro non pretendo di essere che un semplice espositore, avrò da voi venia, se al buon volere non corrisponderà la poca virtù dell'ingegno.

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