VIII.

Opera così varia e superba d'uomo così semplice e buono!

“Mai non si satisfaceva de' versi suoi - lasciò nei ricordi Virginio suo figlio - e li mutava e rimutava; e per questo non si teneva in mente niun suo verso. Ma di cosa che perdesse niuna gli dolse mai tanto, come di un epigramma che fece per una colonna di marmo la quale si ruppe nel portarla a Ferrara.„ A questo punto la memoria di Virginio è interrotta. Finirò io. Erano due colonne che dovevano sorreggere una statua equestre di Ercole I: nel trasporto rotta e caduta in Po l'una per cui l'Ariosto scrisse l'epigramma, l'altra fu lasciata e giacque inutile ove ora è in Ferrara la piazza ariostea, per molti anni, fino al 1659, che la drizzarono e vi posero su la statua di Alessandro settimo papa. Nel 1796 i repubblicani della Cispadana atterrarono dalla colonna il pontefice, e vi piantarono, presente il generale Napoleone Bonaparte, una statua della Libertà in gesso. Nel 1799 gli Austriaci calarono giù la libertà di gesso, e per conto loro non inalzarono nulla. Ma nel 1810 gli antichi repubblicani della Cispadana elevarono sopra la colonna la statua di Napoleone imperatore, che, fondator di repubbliche, aveva già assistito alla elevazione della libertà di gesso: anch'egli vi durò ben poco, fu abbassato nel 1814. Dal 1833 in poi su quella colonna che l'Ariosto vide portata a Ferrara per sorreggere la statua del duca sotto il quale egli nacque, e che invece sopportò un papa, una repubblica, un imperatore; dal 1833 su quella colonna sta la imagine di Ludovico Ariosto scolpita da Francesco Vidoni. Non è una bella statua. Ma nè papi nè imperatori nè la libertà medesima cacceran te di lassù o poeta divino, che scrivesti l'Orlando e tanto ti dolevi d'aver perduto un epigramma latino, e tanto ti consolavi del crescere dei sambuchi credendo fossero capperi.

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