XIII.

La Repubblica si era condannata a morte da sè stessa; ma il governo mediceo non riuscì proprio di gran lunga migliore. Anche il Monte dei Paschi, più che ai Medici fu dovuto alla operosità ed alla accortezza de' Senesi, mentre tutte medicee furono le persecuzioni fin contro gli studenti protestanti dell'antichissima università. Gli [184] eccessi de' libertini non debbono far dimenticare che imperatore e duca avrebbero potuto essere meno impazienti, cupidi, orgogliosi, violenti, un po' meno sovrani ed un po' più umani. Co' bisogni de' tempi nuovi, coll'ambiente, con quel comodo servo muto del fato storico voi proverete che le Repubbliche di Firenze e di Siena, così dissimili in vita, doveano perire di ugual morte; ma intanto un istinto, un sentimento che la critica spigolistra non è degna d'intendere, ci avvisa che non ebbero po' poi tutti i torti coloro che considerarono quei vinti, quei morti come i precursori ciechi, inconsapevoli, ma degni de' morituri, i quali, meditandone le gesta, volarono ad altre battaglie, non pel campanile, sia pure splendido e caro, e per le mura natali, ma per la gran patria comune, incoronata da' suoi monti, baciata dal suo duplice mare, e per le sue cento città dalle mille gloriose torri, sulle quali doveva sventolare finalmente la stessa bandiera. Chi pugnò per salvare, se non la vita, l'onore dell'antico Comune, diè il sangue, o Signori, per un'istituzione eminentemente nazionale; per la più intima, antica e schietta manifestazione della nostra travagliata nazione e della sua civiltà; per una delle patrie, senza le quali la gran patria era impossibile. Dante che fu il poeta più universale, fu altresì il poeta nazionale per eccellenza; ma ei fu il più splendido fiore della civiltà dei Comuni, coi quali la coscienza nostra d'italiani pronuncia la sua prima ed incerta, eppure la sua più italianamente robusta ed efficace parola. Nessun'altra se ne udì più potente, nonostante le invocazioni del Machiavelli, un altro figlio del Comune, fino ai dì nostri, fino alla generazione che, incoronata dall'aureola del martirio e della gloria, ne precede e si dilegua per l'oscuro sentiero della tomba.

Sappiano le animule blandule, beffarde, leggiere che si aggirano così amabilmente indifferenti nel circolo vizioso [185] de' sensi e del sentimentalismo, sghignazzando, sospirando e sbadigliando con tanta grazia, senza infilar mai la via maestra dello affetto e del sentimento, e delle quali il numero cresce ad occhio veggente come le mosche e le zanzare in un'afosa giornata d'estate, ritemprarsi a quella antica fortezza di propositi, a quell'ardore di entusiasmi, deplorarne i traviamenti, dirigerli a ben altra, a più nobile meta. I tesori di abnegazione che i padri nostri prodigarono nelle discordie, prodighiamoli, una buona volta, nella concordia e nell'amore. Ma ricordiamo, a ben comprenderli ed a ben giudicarli, che la storia ha da essere, più che tema di erudizioni e di critiche inesauribili, più che fredda dimostrazione matematica di ciò che doveva o non doveva accadere, più che un'alterna vicenda sistematica di demolizioni, di riabilitazioni e di ricostruzioni, la lampada della vita che i giovani si trasmettono l'un l'altro inestinguibile, nella corsa infaticata per la conquista dell'avvenire.

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