XII.

Tre anni appresso, nel giugno 1469, le nozze sfolgorate, da vero principe, di Lorenzo dei Medici con Clarice Orsini, che riuscirono una pubblica festa, un vero carnasciale. “Tu felix, Florentia nube!

Non c'indugeremo a descriverle, sulla traccia dell'informazione che ne dette Piero Parenti a Filippo di Matteo Strozzi, suo zio materno, che allora stava in Napoli, ed è il fondatore del bel palazzo di Firenze, monumento della grandezza di questa famiglia. Quei conviti, quelle magnificenze ponevano in grave impaccio le gentildonne che vi erano invitate e dovevan comparirvi, secondo la dignità della casata, con robe e cotte di broccato di gran valuta. Mentre il “Babbo„ era “a Napi„, come aveva imparato a balbettare il piccolo Alfonso, figlio di Filippo Strozzi e della bella e buona Fiammetta di Donato Adimari, la giudiziosa donna volle piuttosto far l'ammalata, e non v'intervenne.

Anche noi vogliamo seguirne l'esempio, e piuttosto cercare ne' documenti contemporanei alcun accenno alle intimità della vita domestica, che fra tanto pubblico scialo, si facevan sempre più rare. E ci sarà grato trovarlo nelle letterine che il figlio di quelli sposi, Piero de' Medici, scriveva a suo padre, mentr'era in villa o altrove, raccomandato alle cure del suo pedagogo Messer Agnolo Poliziano. Le ha tratte dagli originali del nostro Archivio di Stato, il Del Lungo che saprà a' loro luoghi ricollocarle nella Vita dell'Ambrogini, antica promessa ringiovanita con lui.

A Piero de' Medici molto si perdonerebbe in grazia di queste letterine, vergate con mano incerta dai cinque [91] anni in poi, e dei primi latinucci che il maestro non correggeva. Nel 1476, appena cinquenne, scriveva di villa alla nonna Lucrezia Tornabuoni, con la petulanza d'un nipotino guastato dalle carezze. “Rimandateci parecchi fichi, chè quegli mi piacquono; dico di quelli brugiotti: et mandateci delle pesche col nocciolo, et delle altre cose che voi sapete che ci piacciono, zuccherini et berlingozzi ed altre coselline.„ Nel '78 avvertiva il padre d'aver “apparato già molti versi di Virgilio, e so quasi tutto il primo libro di Teodoro a mente, e parmi d'intenderlo„, cioè la grammatica greca di Teodoro Gaza (il Curtius, d'allora). “El maestro mi fa declinare et mi examina ogni dì.„

L'anno appresso scrive più franco: “Vorrei che Voi ci mandassi qualche segugio de' migliori che vi sono. Non altro. La brigata, ognuno si raccomanda a voi, massime io. Priegovi che vi guardate dalla moría, e che voi vi ricordiate di noi, perchè noi siamo piccini e abbiamo bisogno di voi.„ Un'altra volta, passato alcun tempo, cerca profittare del latino imparato per chiedere cose maggiori: “Quel cavallino non si vede. Nondum venit equulus ille, magnifice pater„ e già comincia a far da sopracciò ai fratellini. “Giuliano pensa a ridere.... la Lucrezia cuce, canta e legge; la Maddalena batte le capate pe' muri, ma senza farsi male; la Luisa dice già parecchie cosine; la Contessina fa un gran chiasso per tutta la casa.„ E appresso: “Io, che per dar più tono alla mia scrittura, ho scritto sempre in latino, non ho ancora ottenuto il cavallino che m'avete promesso; cosicchè tutti mi danno la baia.„ Ma il cavallino non veniva. “Al cavallino ho paura gli sia incolto qualche malanno; perchè, se fosse sano, so che me l'avreste già mandato, come m'avevate promesso.... Caso mai quello non possa venire, vi piaccia mandarne un altro.„ Finalmente arrivò, e un'ultima lettera, [92] ch'è di ringraziamento e tutta piena di buone promesse, chiude quest'infantile carteggio.

Ma il curioso bozzetto domestico di vita medicea, che ha per isfondo la campagna e per scena una di quelle ville dove i Medici si riducevano per dimenticare le noie della politica, anche ci ricorda un altro aspetto della vita d'allora. Il desiderio della quiete campestre, l'amore per la villa, il sentimento della natura è una spiccata caratteristica degli uomini della Rinascenza. Già ne troviamo cenni in Ser Lapo Mazzei che usava andare a Grignano a far le faccende della ricolta e della vendemmia, accomodava da sè la vigna, e voleva in casa un po' di buon aceto. Buonaccorso Pitti, come il Petrarca, gode a noverare tutti gli alberi del suo giardino; il Rucellai è più superbo della sua villa di Quaracchi, di cui ci porge una descrizione amorosa, che del suo palagio magnifico; i trattatisti del Governo della famiglia cantano le lodi della vita rustica: il Poliziano ne compone una prosetta da far voltare in latino a' discepoli, e nello sfondo di un paesaggio fiorito disegna l'immagine della bella Simonetta Cattaneo.

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