X.

I funerali e la tumulazione di Galileo furono celebrati novantacinque anni dopo la morte: perchè la degna onoranza, alla quale subito si era profferto il fiore degli ingegni e de' cuori di Firenze, fu impedita, presso il debole Principe, dalla parola del Papa, di papa Urbano VIII sempre, che ricordò Galileo esser morto condannato dall'Inquisizione e durante la pena. Tentatosi di negargli financo la sepoltura ecclesiastica, Santa Croce, dov'eran le tombe de' suoi, e nel cui monastero sedeva l'Inquisizione, non fu permesso gli offrisse se non un oscuro angolo, fuori, si può dir, della chiesa, in uno stanzino annesso alla cappella del Noviziato, dove qualche anno appresso la pietà d'un buon francescano osò porgli un ricordo. Passati i novantacinque anni che ho detto, nel 1737, mutata di Medicea in Lorenese la dinastia, e nel secolo che doveva fra breve vedere la soppressione de' Gesuiti, gli avanzi suoi e del suo più figliuolo che discepolo Vincenzio Viviani, che aveva voluto esser sepolto [282] con lui, e lasciato agli eredi l'obbligo di un monumento al Maestro, furono trasportati condegnamente al loro proprio luogo. Come al trasferimento di Michelangelo, così a questo di Galileo, nella medesima Santa Croce, destinata tempio della gloria italiana, partecipava, ne' suoi migliori intelletti, la cittadinanza: ma quale abisso, di quanto maggiore spazio che del tempo numericamente intercesso, si frappone tra que' due secoli, il XVI e il XVIII! Di là, l'ingegno italiano, non ancora dalla servitù mortificato, che percorsa fra gli splendori dell'arte una curva sempre più alto ascendente, ha improntato del suo stampo la civiltà del mondo. Di qua, una discesa cupa e rovinosa, dove la brutal forza de' pochi, abusato il cieco e oblioso assentimento de' molti, ha trascinato e compresso, sempre più giù, sempre più giù, con la libertà le coscienze, con la ispirazione gl'ingegni. Ma disotto a quelle rovine, ribelle indomita, fra le catene non mai ribadite vittoriosamente, per entro alla cenere de' roghi vivificatrice, si agita la scienza: e per virtù di lei risorgeranno l'ingegno, le coscienze, la libertà.

E allora, non che il dovuto sepolcro, ma a Galileo, presso la reggia che fu de' suoi Medici, sorgerà, tempio suo e della Scienza, la Tribuna che s'intitolerà dal suo nome: nel suo nome, sul [283] compirsi del secondo secolo dalla morte, converrà in quella Tribuna, dinanzi alla sua statua e alle effigie de' suoi discepoli e continuatori, il terzo di quei Congressi, per la cui opera il fato provvidenziale d'Italia, dalle prigioni e dai patiboli, penetrava nelle aule de' sovrani e de' dotti: e del raccogliere splendidamente le carte galileiane, e del promuoverne e patrocinarne la pubblicazione, l'ultimo dei Granduchi farà gloria al principato civile. Ma quanto più caro, noi lo sentiamo, quanto più caro alla tua ombra placata, o padre della scienza italiana, quanto più degno e della scienza e della patria, che il tuo pensiero abbia oggi l'omaggio del culto nazionale nella Edizione (così ella risponda alla grandezza dell'assunto!) nella Edizione delle tue opere che porta in fronte, col tuo, il santo nome d'Italia, scrittovi, e scritto in Roma, dalla mano auspicatrice del Re d'Italia!

[285]

Share on Twitter Share on Facebook