VII.

Ecco la grande utopia del secolo XVII. La parola è del 1516 - De nova insula utopia - ma il concetto è antico, è della Grecia, dove il pensiero nato come pensiero, supera le istituzioni contemporanee; e si determina dal VII libro in [228] poi della Repubblica di Platone. Dal comunismo platonico alla pace universale di Kant, dall'imperatore universale di Dante al pontefice universale di Campanella voi non incontrate nessun grande ingegno senza una utopia. Ma l'utopia che vince le altre di estensione e di ardimento è la Città del Sole, che il frate di Stilo oppone al dominio universale della Spagna e all'oligarchia universale della Compagnia di Gesù.

Questa del frate calabrese resterà codice ai comunisti di ogni tempo.

Contro tutte le utopie sorgerà la Ragion di Stato - opera di un abate - il codice della mediocrità, che si adagia sempre sul presente.

I caratteri comuni alle più grandi utopie sono la oosmopolitia e il comunismo; i caratteri comuni ai politici di Stato, sono il particolarismo politico e l'individualismo economico.

Differiscono altresì i metodi.

Il metodo degli utopisti è evolutivo, accettando anche la rivoluzione come un momento dell'evoluzione istessa; il metodo della Ragion di Stato è preservativo, e ne' casi pericolosi ricorre a Sallustio: Imperium his artibus facile retinetur, quibus initio partum est.

L'Italia è la terra classica delle utopie, che nascono spontanee in un paese che ebbe dominio universale e cadde nella peggiore servitù. Ma [229] l'utopia tipica - come ho detto - è quella che nasce nel secolo XVII, sotto la servitù ispana e in mezzo ai politici servili.

Entrando nella Città del Sole, che è un'isola oceanica, troviamo a guida un pontefice che non è il papa, un culto che non è quello di Roma, armi che non sono un esercito stanziale, una libertà che non è eretta sopra un trofeo di pugnali, un bilancio che non è quello dello Stato, e magistrati che non rappresentano il diritto, ma la morale, i costumi, l'igiene. E che città è questa? È il miluogo dove la scienza, la libertà, la morale fanno uno, fanno l'uomo.

Con Platone fece comuni tante cose che il diritto romano fece private, ma oltre Platone, oltre gli Stoici, oltre i cristiani primitivi corse verso l'universalità umana. Oltre i socialisti de' nostri tempi corse verso la misura del lavoro: questi vogliono otto ore, egli quattro: il resto all'educazione della mente. Tanto è vero che nessuna utopia è più liberale della filosofia. Chi oserebbe dire che Galilei, Bruno, Campanella, furono borghesi? Il pensiero non è una classe, è l'uomo.

Quei quattro furono invece il manipolo più eroico della tragedia del nostro pensiero; e niente i più arditi potranno desiderare che la mente di quelli non abbia o affermato o intraveduto.

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