III.

In Firenze, dove - non ve ne abbiate a male - un tanto lusso di apparati non era possibile, la commedia, non potendo contare che sulle forze proprie, dovè venire a patti, se volle vivere. Ed essa si rivolse, con filiale fiducia, al più insigne autor comico che abbia mai avuto la nostra letteratura; e nelle cento novelle trovò una larga copia di argomenti, d'intrecci, di scene, di caratteri, di caricature, di tipi, di motti, di arguzie. Lo stampo in cui i comici gettaron codesta nuova materia era sempre il plautino e il terenziano; ma l'antica monotonia era insomma interrotta. Così, la Calandria, se da un lato non è che una ricucinatura dei popolarissimi Menechmi (così popolari che si finivan generalmente col chiamare i Menechini!), [435] dall'altro essa è tutta rinfronzolita di episodi desunti dal Decamerone; e la Mandragola, la più squisita certo delle nostre antiche commedie, se in fondo non fa che sceneggiare e ravvivare intrecci e personaggi creati o coloriti da quel nostro grande parigino del secolo decimoquarto che l'ammirazione per Dante e pel Petrarca ribattezzò italiano, nel magistero scenico non si stacca dai modelli latini.

Un Amante meschino,

Un Dottor poco astuto,

Un Frate mal vissuto,

Un Parassito di malizia il cucco,

Fien questo giorno il vostro badalucco:

diceva il poeta nel Prologo.

Non crediate però che a Firenze mancassero i pedanti, i quali facevano il viso dell'armi a ogni più piccola condiscendenza verso i nuovi gusti. Il Varchi, ch'era il Varchi, nel prologo della Suocera osava ancora dire che la sua commedia non era “nè del tutto antica, nè moderna affatto, ma parte moderna e parte antica„; e, aggiungeva, “benchè ella sia in lingua fiorentina, è però cavata in buona parte dalla latina: cavata dico e non tradotta, se non in quel modo che traducevano i Latini dai Greci„. E il Salviati, che non era il Varchi, declamava nel prologo del Granchio:

[436]

Nuova

Dunque è questa Commedia, e a tutto

Potere di colui, che l'ha fatta,

Fatta a imitazione delle antiche;

Di quelle antiche però che gli antichi

Chiamavan nuove: adunque non in prosa,

Ma in versi..........

Figuriamoci le smanie di chi, essendo venuto per divertirsi, dovea invece succhiarsi di codeste insipide ed ambiziose filastrocche! Anche allora però il buon pubblico sapea far valere i suoi diritti:

E Lionardo Salviati muor di duolo

Perchè il suo Granchio fu tanto schernito!

ci fa sapere il Lasca.

Si desiderava veder riprodotta sul teatro la vita contemporanea, e magari le piazze e le vie della propria città; si era stufi di assistere a garbugli tramati da servi astuti a padroni goffi, ad amorazzi di soldati vanagloriosi, a nauseanti vanterie di parassiti, a riconoscimenti che pur quando fossero verosimili in astratto erano lontani oramai dalla realtà. E si applaudiva al Gelli che nel prologo della Sporta, rompendola con la tradizione ed ormeggiando il Machiavelli, diceva: “La commedia, per non essere elleno altro che uno specchio di costumi della vita privata e civile, sotto una immagine di verità non tratta d'altro che di cose che tutto il giorno accaggiono al viver nostro.... Il luogo, ov'ella si finge, è Firenze [437] vostra; e questo ha fatto l'autore per due cagioni: l'una, perchè e' non saprebbe eleggere luogo dov'ei credesse che a voi e a lui piacesse più la stanza, l'altra, perchè la maggior parte dei casi, che voi vedrete, sono a suo tempo corsi e forse corrono in Firenze, e, quando bisognasse, vi saprebbe dire a chi e come.„ E si faceva festa a un altro comico calzaiuolo

(Apollo vuol che sempre un calzaiuolo

Per lui tenga in Firenze il principato,

E sia nel far commedie unico e solo,

osservava il Lasca), a Lotto,

Ch'Ulisse e Turno da parte lasciando,

Dimostra solo a questa età presente

Ruggier, Gradasso, Marfisa ed Orlando

E Menandro e Terenzio ha per nïente,

Ma sol Giovan Boccaccio va imitando;

Onde moderne fa con gran ragione

Commedie che non hanno paragone.

E si levava a cielo il fecondissimo Cecchi, in ispecie quando coll'Assiuolo presentò una commedia, non iscevra per verità di elementi boccacceschi, ma ch'egli affermava “nuova nuova„ e “non cavata nè da Terenzio nè da Plauto, ma da un caso nuovamente accaduto in Pisa tra certi giovani studianti e certe gentildonne„.

A giudizio del popol fiorentino

E delle donne, che più pesa e grava,

Il Cecchi ha vinto e superato il Cino

Che prima era un poeta a scaccafava.

[438]

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