I.

Sapete le cagioni dell'indugio a venire e non occorre scusarmene. Ogni uomo che studia e ricorda parla volentieri a Firenze, specialmente se il discorso lo allontana dalle cose presenti e lo chiama a cose migliori.

Non sono divagazioni letterarie. L'uomo che aborre dalle memorie è straniero anche al suo tempo; si crede un novatore ed è un illuso; e i disinganni lo traggono ad una specie di pessimismo incosciente.

Vico fu per Napoli quel che Dante per Firenze.

Non è senza ragion l'andare al cupo,

disse Dante; e Vico vi si profondò. Due grandi infelici, l'uno descrivendo le leggi dell'eternità, l'altro, del tempo. E l'uno nell'eternità descrisse i tempi; l'altro nel tempo le leggi eterne. L'uno e l'altro più che ai contemporanei parlarono a [348] quelli che il loro tempo avrebbero chiamato antico.

Dante finì col farsi parte per sè solo, Vico fu solo sempre, e la solitudine che all'uno parve elezione, all'altro necessità, fu destino per entrambi, che non maledissero mai alla Fortuna, considerandola nel fatale andare. L'epigrafe di Dante a sè è mesta, come l'autobiografia di Vico; ma il dolore del genio non si estende sul destino della specie.

I padri vostri condannarono Dante, quando non era Dante ancora; Vico, vivente, non fu mai Vico per Napoli, per la città de' miracoli del genio e dell'ignoranza. Le CXIV degnità innanzi alla Scienza Nuova sono come le terzine di Dante al sommo di una porta: parole di colore oscuro. Perciò Vico non esiste nè anche oggi per molti, come non esisteva Dante per Voltaire e Lamartine.

I cerchi di Dante e di Vico sembrano limitati e si dilatano sempre, e ti ritrovi dentro quando credi esserne uscito a riveder le stelle. Così ai tempi nostri, in tanta luce di civiltà, ci sentiamo come attraverso una selva, sotto l'imminenza di un altro giudizio niente allegro per i potenti e pe' fiacchi che vedono anch'oggi la lupa ammogliarsi a molti animali. E vediamo anch'oggi Vico a un certo punto spezzare il circolo e ripetere: Mundus adhuc juvenescit.

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Ma noi, in tema di scienza, non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla fantasia. Dobbiamo rassegnatamente contenerci nel tema, e neppure in tutto, bensì in quella parte che può capire nel discorso.

Il punto più oscuro per me nella storia del pensiero è stato sempre questo: come fu, come è possibile che Vico non esiste ne' tempi suoi? Io - dal Fedone platonico sino alle più recenti biografie su Bruno - non conosco e non so immaginare una tragedia del pensiero più fosca di quella di Vico; e m'induco a sospettare non sia stata piuttosto una leggenda che una tragedia.

In fatti, è assai doloroso vedere ad un pensatore, ad un artista, ad un benemerito della civiltà destinato il carcere invece del Pritaneo, il patibolo invece de' primi onori. Pur si spiega. Ma vedere sotto il silenzio passare un uomo che reca in mano la Scienza Nuova, vederlo passare per la più bella e popolosa città d'Italia come in mezzo ad una selva ne' tempi muti, è un fenomeno non pur desolante ma inesplicabile. E sarebbe incredibile, se i documenti non resistessero al dubbio.

Che fu dunque? Fu oscuro? Ma non più di Dante, sotto il velame de' versi strani, nè più di Bruno e di Spinosa, che pur meritarono l'onore di qualche ammaccatura. Parve stranezza più [350] che originalità ridurre a scienza la storia de' fatti umani? E non parve stranezza minore ai contemporanei di Copernico e di Galileo far girare la terra sotto ai nostri piedi, e pur que' due ebbero gloria e protettori. E poi la stranezza che rasenta o simula l'originalità è tante volte argomento di fama, se non di gloria. Un uomo affatto non inteso dall'età sua è un anacronismo, il quale è grottesco se non è follia. Può essere un solitario sino a quando la sua teoria non si faccia luce nuova e diffusa, ma il lampo se ne vede sempre.

E qui fermiamoci. Lasciamo stare gli anacronismi, i miracoli del genio, e le supposizioni metafisiche che si sono fatte a spiegare l'oscurità di Vico tra' contemporanei. Quelle illustrazioni accrescono l'oscurità. Vico fu un solitario.

Chiariamo.

Ogni teoria, ogni autore d'una teoria vengono in proprio tempo e luogo. A questa storia del pensiero non poteva sottrarsi Vico che la costruì. Gli anacronismi non sono dunque nella storia del pensiero ma delle infermità umane.

Dunque Vico fu inteso ed ebbe, nel suo tempo, seguaci i Vichisti.„ Così disse Poli e negò il fatto.

Vico non fu inteso, perchè la sua storia delle idee umane presupponeva una metafisica della mente umana, che venne di poi.„ Così disse Spaventa e negò la teoria.

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I vichisti contemporanei di Vico sono una favola; ed è un errore affermare che un sistema possa derivare da una dottrina che nascerà dopo. Le antecedenze di Vico non si troveranno in Germania presso Kant, ma si trovarono in Italia e nel terzo periodo del Rinascimento. Anche ad ammettere che sia venuto dopo chi lo abbia chiarito ed integrato, ci aveva ad essere prima chi gli aprì la via e gl'indicò la traccia. La famosa proles sine matre nata possiamo lasciarla all'enigma del Macduffo shekspeariano.

Insomma, raccogliendo il mio pensiero in forma chiara, vo' dire che Vico fu piuttosto non approvato che non inteso, perchè non la teorica mancò a lui ma la prova di fatto, quella appunto che più gli bisognava; non fu giudicato oscuro ma incerto; e non fu, quindi, un anacronismo, ma un solitario.

E i solitarii non sono eccezioni, sono pensatori che entrano nella categoria di coloro che hanno larghe visioni e piccola prova. Vico, in fatti, fece correre la storia ideale eterna sopra un piano angusto - sul vecchio mondo greco-latino - e con poche fonti, fra le omeriche e le dodici tavole. Intuizione immensa e prova scarsa.

La grandezza e novità dell'intuizione fu intesa da tutti; la povertà della prova consigliava riserbo ed aspettazione di altri fatti. [352] Aspettiamo la prova: ecco la solitudine intorno a Vico.

Aspettiamo la prova: non si poteva dire così a Copernico e a Galileo, nè a Cartesio ed a Spinoza. In Vico è immediatamente visibile la sproporzione tra l'immensità dell'intuizione e la portata de' fatti.

Se non dunque da' fatti, donde ei trasse l'intuizione che è il titolo unico della sua gloria?

Non da Cartesio che aveva respinto - vano ingombro alla memoria - la storia e le lingue; nè dal primo sè stesso, che nell'Antichissima Sapienza aveva attribuito parlari filosofici alle origini umane. Nella Scienza Nuova dimostra invece che il cammino dell'uman genere non comincia da concetti filosofici, ma da grossolane immagini. Dal senso si comincia, si sale alla fantasia, si arriva alla ragione; ed a questi tre gradi della mente rispondono tre età, che egli chiama tempi divini, tempi eroici, tempi umani.

Fermiamoci ancora. Abbiamo una successione di tempi secondo una graduale evoluzione psichica, la quale comincia dal senso e perviene alla ragione.

È dunque una filosofia della storia a base di una psicologia naturalistica, che prende le mosse dall'evoluzione del senso. Egli dirà di avere avuto presente il Verulamio e di averlo voluto integrare; [353] ma egli deriva dal Naturalismo italiano, che, da Telesio a Campanella, aveva dato quell'indirizzo alla psiche.

E non è tutto. Quando le leggi della natura erano state determinate da Leonardo a Galileo e le leggi del pensiero da Pomponazzi a Bruno, la conseguenza inevitabile era determinare le leggi della storia. Vico doveva essere la suprema parola della rinascenza italiana.

Così intesi - e lo proverò meglio in altra mia opera - l'evoluzione dell'essere: Natura, pensiero, storia. La natura, organandosi, si fa pensiero; il pensiero, consociandosi, si fa storia. Il fatto naturale diventa pensiero; il pensiero diventa fatto storico. Quindi la natura è inscienza; il pensiero è scienza; la storia è coscienza.

Ne' tre periodi del Rinascimento noi troviamo intera questa evoluzione dell'essere, che si compie in Vico. Dopo, il nostro sapere è importazione.

Del significato e del valore di questa importazione tratterò in altro discorso, nel quale dimostrerò come la scolastica sia stata europea; italiano il Rinascimento; e come dalle nuove correnti del pensiero europeo sia stato perfezionato. Ora è chiaro come Vico sia stato non un ignoto ma un solitario; e come abbia trovato nel Risorgimento italico le antecedenze.

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Una obiezione, prima di esaminare da un punto pratico il sistema di Vico: - Come può allignarsi sul tronco del Risorgimento egli che in ogni parte dell'opera sua introduce la provvidenza?

Si guardi bene: quella provvidenza non è influsso esteriore, è insita nel senso comune umano, che si move usu exigenti, ut que humanis necessitatibus expostulantibus.

Ed ora esaminiamo il significato storico della degnità.

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