III.

Sono assiomi filosofici e filologici, onde muove la Scienza Nuova, entro la quale scorrono, dice Vico, come nel corpo animato il sangue.

Filologici e filosofici sono, ma portano sempre contemperati questi due termini - il Vero e il Certo - dovendo i filosofi accertare e i filologi avverare.

Ciò che nell'ordine speculativo è integrare il Vero nel Certo (accertare, sperimentare), nell'ordine pratico è integrare la sentenza, nel responso (avverare, indurre).

Il responso è l'espressione assoluta del diritto universale; la sentenza è l'espressione relativa dell'utile momentaneo; l'uno è dato dal giureconsulto, l'altro dal politico.

La dignità che contempera il Vero col Certo, il responso con la sentenza, è data dal giureconsulto politico, che è filosofo della storia nato.

La suprema espansione del responso fu data dal giureconsulto romano: Libertas summis infimisque acquanda. La suprema espressione della sentenza fu data dal politico per eccellenza, da [360] Machiavelli: Ei convien bene che accusandolo il fatto, l'effetto lo scusi. La suprema espressione della dignità è la comunione di tutte le civili utilità conformi alla natura degli uomini governati.

Queste tre nature di uomini pratici sorgono tipiche in Italia, il giureconsulto quando lo Stato è forte, il politico quando lo Stato è caduto, il giureconsulto politico quando lo Stato risorge. Ed esprimono il genio del tempo e de' luoghi: il giureconsulto è romano; il politico è fiorentino; il giureconsulto politico è napolitano. Tenete occhio ai tempi ed ai luoghi e vi spiegherete questi tre tipi etici.

Signori, io vedo che dopo Vico il circolo de' ricorsi si apre nella retta di Herder, indicante la continuità del progresso, e poi nella spira di Hegel, che sale per volute sempre più larghe, a ciascuna delle quali Ferrari tenta sovrapporre il numero. Il medio evo mal noto a Vico e il mondo moderno, quasi negletto, si vendicano. Pur egli resta un titano in mezzo ai contemporanei, anche quando bacia i santissimi piedi a Clemente XII, mentre il Comazzi, il Radicati, il Giannone protestano contro le usurpazioni pontificie.

Ma questi altri erano consiglieri e Vico fondava la Filosofia della storia, innanzi alla quale l'età de' consiglieri politici finisce.

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Che vuole Comazzi? - Flagella la divisione de' poteri, e torna, ridendo, a Machiavelli e a Campanella. Il Radicati vuole armato il potere civile contro le usurpazioni pontificie, delle quali Giannone dimostra le frodi. Illustrare la lupa dantesca era inutile, quando il tempo chiedeva sapere ciò che le leggi della storia potevano permettere sotto il destino delle date e lo svolgersi fatale delle necessità umane.

Questo fece Vico a cui potete perdonare le convulsioni del genio contro la continua ribellione de' fatti mal noti a lui; perdonare, ammirando un uomo tanto modesto e tanto audace che, postosi contro le tradizioni contemporanee, osa ricomporre i fatti contro le date naturali, o decapitare gli eroi della storia, se contrastano al suo pensiero.

Continuando l'indagine sulle leggi storiche, possiamo trarne alimento al carattere e alla fede civile. Molte cose ci sanno di reazione, ma nessuna può accennare alla possibilità di un ricorso. Alcuni possono tentare patti segreti o palesi con la Chiesa; ma nessuno può ritrarci all'età dei vescovi. Si moltiplichino pure quanti ordini cavallereschi possono confortare la vanità borghese, ma nessuno può ripetere la storia de' feudi. Potete invocare ora Dio ora la Dea Ragione, ma non farete nè una crociata nè una rivoluzione [362] francese. Ripetete pure una Sainte-Barthèlemy, una dragonnade contro i socialisti, non sopprimerete la quistione sociale, come i socialisti non sopprimeranno le necessità politiche. La Filosofia della storia indica la successione degl'ideali, integra l'antecedente nel susseguente, destina il proprio posto a ciascun istituto, a ciascuna forma, e non consiglia ma traccia il cammino ai partiti, ai Governi, ai popoli, aprendo le storie particolari verso la storia universale.

E questo destino delle cose ci compensa de' disastri momentanei che avviliscono gli animi deboli o sorpassati da' fatti. Perciò Oantù rovesciò il cono e fece più strette le volute come più la storia si accostava ai tempi nostri, sostituendo l'elegia al carme secolare.

No: io posso esser vinto oggi; ma se sotto la mia fronte si agita un'idea, le coalizioni avverse non sono più forti di me, e gli eventi non sono chiamati a sconfessarmi. Quest'idea mi salva dalle diverse congiure e malizie e mi mette sulla via per la quale dovranno passare i più fortunati di noi.

La forza di quell'uomo non deriva dal numero o dalle clientele, e neppure da' partiti; ma dal posto e dal grado che la sua idea occupa nell'ordine delle cose. Se le ripulse esteriori respingono Vico dentro sè stesso, ei diverrà il [363] Cristoforo Colombo della sua coscienza e scoprirà il mondo delle nazioni. Voi credete di averlo superato, e ne' progressi vostri ei diviene il maggiore de' vostri contemporanei.

In nome delle leggi scoperte ammonisce i banditori di programmi che non promettano da deputati ciò che da ministri non manterranno, perchè l'età nostra non tollera una politica d'inganni. Agli altri dice che chi violento contrasta al cammino delle cose, lo affretta, e chi troppo lo incalza, lo stanca o devia. Il moto delle cose uniformemente accelerato sconcerta i circoli di Vico, l'isocronismo di Ferrari e la boria nazionale di Hegel; ma illustra più rapidamente le idee e, attraverso le gelosie degli Stati, conserta le mani delle nazioni.

Con tutte queste diversioni io sono pur rimasto sul campo generale delle idee. Desiderate una qualche applicazione viva e pratica ai casi presenti, alla storia dell'ultimo triennio, al Governo, al capitale, alla religione, alle arti? Bisognerà più coraggio a voi a chiamarmi che a me a parlare.

Se in questa città Machiavelli potè scrivere le più terribili sentenze della politica, è segno che qui si possono dire le più ardite espressioni della libertà.

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