I.

A forza di sentirmelo dire io m'ero persuaso d'avere oggi alle mani con questi Avventurieri italiani del secolo XVIII il più bel tema possibile di conferenza, caratteristico cioè di quel secolo in sommo grado, e per sè stesso romanzesco, agitato, riboccante di tipi bizzarri, di singolari accidenti, di aneddoti piccanti, di scenette ora allegre (anche troppo), ora sentimentali, ora fantastiche, ora anche tragiche, se volete, su uno sfondo di paesaggio continuamente cangiante, il paesaggio di chi non si ferma mai in alcun luogo, e quindi non solo uno spettacolo sempre diverso di città, nazioni, pianure, monti, mari, foreste, deserti; ma, poichè trattasi di personaggi che, vivendo a casaccio e trasfigurandosi sotto mille aspetti, si ficcano dappertutto e coll'audacia, o coll'inganno, o colla violenza, o coll'ingegno sfruttano [88] in mille modi la società del loro tempo, uno spettacolo più limitato bensì e in pari tempo più vario, pel quale si passa anche più rapidamente dal tugurio al palazzo, dalla bisca al palcoscenico, da una prigione a una sala di ballo, da una reggia a una soffitta, da un accampamento a un monastero, da un'accademia a una loggia massonica, e ci s'imbatte in tutti i tipi storici contemporanei più notevoli: papi, enciclopedisti, dame galanti, mesmeristi, illuministi, framassoni, gesuiti veri, ex-gesuiti volterriani, giramondo diplomatici e letterari, monache ribellate, abati erotici, poetesse estemporanee, altre estemporanee senz'essere poetesse, eroine di teatro, monarchi filosofi, arcadi, filantropi, cicisbei e via dicendo.

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