TERZO INTERMEZZO

Il sabato mattina in giardino incontravo le varie persone e chiacchieravo con l'uno e con l'altro. La mattina in genere era un momento di separazione e di indipendenza: ognuno per conto proprio.

Marta fin da quando ero arrivata, era estremamente incuriosita da me e dal lavoro che facevo. Era salita più di una volta in camera mia, venendomi a chiamare al posto della cameriera. Aveva chiesto: «Posso entrare?» e aveva guardato i miei quaderni, i miei libri, molto attenta a quello che le spiegavo.

Un sabato mattina, mentre esploravo il giardino e il bosco, Marta mi raggiunge e mi dice: «Vuole che le spieghi le preferenze della nonna?» «La nonna fa delle preferenze? No?!»

«Certo, lei dice di no, invece le fa. Preferisce Anna.»

«Veramente?»

«Sí; ha visto a tavola? Alla destra della nonna c'è il posto d'onore, è il posto di Filippo perché è quello che porta il nome, è l'erede.»

«Sí ho visto.»

«Ecco, il posto d'onore è anche il posto degli ospiti.

Quando arriva un ospite, per esempio come lei, la nonna dice a Filippo: "Filippo sarà molto lieto di lasciarle il suo posto" e Filippo, che cosa può dire? Dice "si certo" e cosí – oplà! – non è mai seduto al suo posto. Qui ci sono ospiti molto spesso.

Stia attenta, la nonna invece non sposta mai Anna, mai!

Il posto di Anna è il vero posto d'onore.»

«Come? E se ci sono due ospiti? Uno al posto di Filippo e uno al posto di Anna?»

«Eh, no! Uno al posto di Filippo certo, l'altro a capotavola, sta più comodo, è più largo.»

«E se ce n'è più di due?»

«Niente da fare, Anna non si muove, nessuno può spostarla, nemmeno venisse un re. Sa che cosa dice la nonna in caso disperato? Che Anna deve stare seduta accanto a lei perché l'aiuta a controllare in cucina. E cosí, tanto per salvare la faccia, la manda in cucina un paio di volte per controllare non si sa che cosa, perché in cucina c'è la cameriera e quando c'è molta gente viene anche una cuoca qui del paese.»

«Forse desidera proprio che Anna l'aiuti, genericamente.»

«No, desidera che Anna non si muova da dove è. E dopo Anna la nonna non preferisce mica Filippo» aveva aggiunto festante Marta.

«Ah, no?»

«Mai più, dopo Anna preferisce me, poi Filippo e poi Antonio, ma forse, forse, poi Antonio e poi Filippo.»

«Perché questa graduatoria?»

«Perché Anna e io siamo figlie di sua figlia, mentre Filippo e Antonio sono figli della zia Antonella.»

«E perché forse Antonio viene prima di Filippo?»

«Perché Filippo parla come la zia, dice sempre che da grande vuole guadagnare e la nonna pensa che si deve studiare per imparare e gli ripete come un organetto "si guadagna per vivere e non si vive per guadagnare". Antonio invece non si interessa. Con la nonna è meglio non dire se no comincia a fissarsi.»

«Ma tu non mi sembri molto prudente, al contrario mi pare che parli ben più di Filippo.»

«Certo, ma io sono la nipote impertinente.»

«Insomma, ci sono posizioni che bisogna sapersi conquistare.»

Marta quasi ogni mattina mentre prendevo il caffè mi cercava, per «tenermi compagnia» e mi informava di «tutto quello che non sapevo».

Al pomeriggio verso le quattro, prima quindi delle altre visite che iniziavano alle cinque, arrivava il signor W., un medico, grande violinista, amico del signor Albanese, che suonava con la signora Emma. Magrissimo, alto, era nato alla fine del secolo da una madre italiana e da un padre austriaco a Trieste. Perfettamente bilingue, parlava rapidamente, con gesti nervosi delle lunghe mani ossute. Come ogni buon triestino, in fatto di musica era di quelli per Verdi contro Wagner, il che triestinamente significa conoscere ogni nota di Verdi, ma anche ogni nota di Wagner, proprio per criticarlo meglio e io ho sempre avuto l'impressione che sia anche per amarlo di nascosto, almeno un po'. La scelta di Verdi infatti, specie per le persone di quella generazione, ha tutta una valenza politica, che non sempre corrisponde appieno ai gusti. Il signor W. parlava un piacevolissimo italotriestino, usava l'esclamazione tedesca. «Ach, so!» e suonava sempre Beethoven. Avevo chiesto e ottenuto di ascoltare le prove di quel che poi veniva suonato dopo le cinque, quando arrivavano gli amici ad ascoltare. Fra le quattro e le cinque si svolgeva una vera e propria lezione. Purtroppo non avevo ricevuto un'educazione musicale, avevo solo sempre ascoltato, ma non suonavo nulla, cosí ero incuriosita e interessatissima. Non mi ero mai resa conto che uno stesso pezzo possa essere suonato in modi tanto diversi da essere irriconoscibile. Il signor W. aveva dei punti di riferimento fissi, «Come Gieseking», «Come Backhaus», «Come Benedetti Michelangeli», per il violino c'era un solo obiettivo non intercambiabile, «Come Menuhin». Faceva violenti rimproveri alla signora Emma, che per altro pareva abituatissima e non si lasciava impressionare. «No, no, ripeti di qui, sacramento, hai suonato come una zitella inglese, mettici anima, Dio benedetto», «Forza» le gridava sopra le note mentre suonavano «più anima, più anima. Brava, bravissima, cosí!» Alle cinque arrivava la moglie del signor W. con altre quattro o cinque persone, la signora Antonella, la signora Albanese, tutti insieme costituivano il pubblico. Filippo e Antonio ascoltavano brevemente e poi se ne andavano senza far rumore, Anna qualche volta partecipava e qualche volta no, inutile dire che la più interessata dei ragazzi era Marta. Si sedeva in disparte su un panchettino e di lí osservava con occhi penetranti, i signori del pubblico, sua madre, il signor W., non si perdeva nulla, ogni tanto mi sorrideva con aria d'intesa, perché al mattino mi aveva appena ragguagliato su qualcuno dei presenti. I ragguagli di Marta, man mano che ci conoscevamo, erano sempre più ricchi di particolari romanzeschi per i quali Marta aveva un estro non minore di sua nonna, cosí gli sguardi che correvano fra me e lei erano spesso pieni di complicità. «La signora N. è una balbuziente corretta» mi aveva detto al mattino, cosí non appena la signora N. aveva aperto bocca: «Hai sentito?» chiedevano i suoi occhi. Perché Marta teneva molto a che io verificassi la precisione delle informazioni che mi dava.

«Non è ancora arrivato nessuno?» aveva chiesto la signora W. indicando la casa accanto.

«Nessuno» aveva risposto la signora Albanese, allargando le braccia.

«Ma verranno?»

«Non si sa. Forse sí, forse no.»

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