SCENA II.

Gli stessi meno Antoniettapoi Vladimiro

Tomaso — (appena Antonietta è uscita) E dunque?

Remigio — (c. s.) Continua!

Ippolito — Non ho voluto svegliarvi...

Tomaso — Hai fatto bene.

Ippolito — Sono entrato nella sua camera, in punta di piedi.

Remigio — (con ansia) Vuota?

Ippolito — Vuota. Il letto intatto. Mi sono fermato un momento a riflettere. Occorreva riflettere....

Tomaso — Su che?

Ippolito — Su alcune cose curiose che m’era sembrato di intravvedere iersera. Mentre noi leggevamo i suoi versi, la signora Adriana era con lui. A lettura finita mi era parso di scorgere sul suo viso un turbamento, una preoccupazione, strani. Più tardi, il contegno di Alberto era indubbiamente imbarazzato. Non vi ricordate com’era pallido?...

Remigio — È vero.

Ippolito — E la sua fretta di correre a letto, la ricordate?

Tomaso — È vero.

Ippolito — E il suo mutismo, quando siamo saliti? Lui che, di solito, sente il bisogno di venire in camera mia, sedere presso il mio letto, confidarmi le impressioni della serata, farmi addormentare raccontandomi le sue pene... iersera è sgattajolato via, quasi che volesse sottrarsi al mio sguardo penetrante... Qui c’è sotto qualcosa, ho pensato tra me... Ho avuto il presentimento che quella lo aspettasse.

Remigio — È incredibile!

Ippolito — Niente affatto! Che cosa vi avevo detto io fino dal primo giorno che è arrivata qui? Donnina pericolosa...

Tomaso — E pericolante.

Ippolito — E, forse, ahimè! pericolata!

Remigio — Dici davvero?... Li hai visti?

Ippolito — Chi?

Remigio — Loro due?

Ippolito — Ma che! Il curioso viene adesso.

Tomaso — (con curiosità) Racconta.

Ippolito — (con enfasi) Scendo, a tentoni. Mi ero levato le scarpe per non far sussurro. Per fortuna l’uragano mi aiutava a illuminarmi il sentiero. Un lampo, un tuono, lo scrosciar della pioggia, l’ululare del vento, e io avanti imperterrito!

Remigio — Mi par di leggere il Conte di Montecristo!

Ippolito — Arrivo alla porta della sala. Resto in ascolto...

Tomaso — (c. s.) Ebbene?

Ippolito — Niente. Silenzio assoluto e buio pesto.

Remigio — Perdio!

Ippolito — È quello che ho detto anch’io! Perdio, sono arrivato troppo tardi: nessuno. (a Tomaso) Cosa avresti fatto tu in quel momento?

Tomaso — Sarei tornato a letto.

Ippolito — È quello che ho fatto anch’io!

Remigio — Finito?

Ippolito — Ma che!

Tomaso — C’è dell’altro?

Ippolito — La parte più oscura. Non ero a letto da cinque minuti, che crik, l’uscio della camera d’Alberto scricchiola: era lui. Di dove è sbucato? Di dove?

Tomaso — Lo sai?

Ippolito — Io no.

Vladimiro — (dalla terrazza) Buon giorno e buon appetito.

Ippolito — Ecco l’uomo che può illuminarci, (a Vladimiro) Scendete, scendete! Abbiamo bisogno di voi.

Vladimiro — (scendendo) Ai loro riveriti ordini.

Ippolito — È partita la signora Adriana?

Vladimiro — Col treno delle sei, sissignore. Ha lasciato tanti saluti per tutti.

Ippolito — Allora l’avete vista?

Vladimiro — Si capisce. L’ho accompagnata alla stazione io stesso.

Ippolito — Benissimo! E... com’era?

Vladimiro — Come com’era?... Non capisco...

Ippolito — Era triste? Era allegra?

Vladimiro — Non mi sono permesso di domandarglielo.

Ippolito — Lo domando a voi. Vorrei conoscere la vostra impressione personale. Avete o non avete notato in lei qualche cosa di diverso, di strano, di insolito?

Vladimiro — Aspetti... È vero... Mi ha fatto l’effetto di essere molto seccata di dover partire.

Ippolito — (agli amici) Capite? (a Vladimiro) E non vi è sembrata un poco abbattuta?

Vladimiro — Sì. È vero. Molto abbattuta, molto stanca.

Ippolito — (agli amici) Mi par chiaro, (a Vladimiro) Dunque era abbattuta e stanca?

Vladimiro — Poveretta! Non ha chiuso occhio, stanotte.

Ippolito — Come lo sapete?

Vladimiro — Me l’ha detto lei.

Ippolito — L’ha detto lei?.... (agli amici) Ha un bel coraggio!

Vladimiro — Tutt’altro. Aveva paura, anzi. È stato il temporale che non l’ha lasciata dormire.

Ippolito — Vi ha detto lei anche questo?... (posandogli la mano sulla spalla, con commiserazione) Onesto e buon Vladimiro!

Vladimiro — (stupito) Perchè?

Ippolito — Niente. Così. Siete onesto e mi fa piacere di constatarlo. L’ingenuità non è morta del tutto.

Vladimiro — Perchè ho detto che la signora aveva paura? Ma se non crede, lo può domandare alla signora Elena.

Ippolito — Che ne sa la signora Elena?

Vladimiro — Hanno dormito nella stessa camera stanotte!...

Tomaso — (guarda Ippolito) Nella stessa camera?

Ippolito — (turbatissimo) Hanno dormito nella stessa camera?

Remigio — (a Ippolito) Non ci capisco più niente.

(Lungo silenzio. I tre si guardano intontiti).

Ippolito — (con improvvisa risoluzione, a Vladimiro) Vi prego: salite a svegliare il signor Alberto. Se dorme ancora gettatelo dal letto. Ditegli che lo aspettiamo e che faccia presto.

Vladimiro — Benissimo (risale la terrazza incontrando Elena che ne scende).

Elena — (a Vladimiro) Quando la carrozza è pronta, avvertitemi.

Vladimiro — Sì, signora.

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