SCENA III.

Elenae i precedenti

Elena — Che mattinieri! Neanche aspettarmi a colazione! (a Tomaso) Lei ha fatto il suo dovere? (a Remigio) E lo studio come va? (i tre restano in silenzio, turbati – Elena con forzata indifferenza) Ho capito. L’avete con me? (siede)

Ippolito — (servendole il caffè) Con lei? Oh! no, signora... Scusi: quanti pezzi?

Elena — Tre, lo sa.

Ippolito — (continuando) Siamo convinti che lei non c’entra. Il nostro turbamento ha ben altre ragioni.... Latte?

Elena — Sì...

Ippolito — Stanotte, evidentemente... (a Tomaso) dammi il caffè... è successo qualcosa che lei sa, che noi non sappiamo e che ci preoccupa... (a Tomaso che ha nel frattempo recato il bricco del caffè) È caldo?

Tomaso — Sì, sì...

Remigio — Uno dei nostri ha commessa un’azione indegna.

Tomaso — Ha tentato di turbare la nostra pace.

Ippolito — E di macchiare la sua casa!

Elena — Perchè? Vi dispiacerebbe proprio molto che questa mattina Alberto m’avesse svegliato con una lettera traboccante di amore... e una richiesta di matrimonio?

Ippolito — (sbalordito) No!

Tomaso — Ha osato una cosa simile?

Remigio — Con lei?

Elena — (un po’ scossa dal loro stupore, cambiando tono) Sì, con me. Mi si offre la felicità, e voi ne siete turbati?...

Ippolito — Lei scherza, signora!

Elena — Affatto. È la pura verità... Ero qui per domandare il vostro consiglio, per avere la vostra approvazione.

Ippolito — No, signora! Non la burla in un momento in cui ci si vede smarriti. Perchè se questa fosse la verità, le assicuro che con tutte le nostre forze cercheremmo di distruggerla. Ciascuno di noi quattro può aver fatta tacitamente una rinuncia, in questa casa. Ma nessuno di noi quattro deve a questa rinuncia mancare.

Tomaso — La nostra devozione per lei è sempre stata disinteressata e sincera.

Remigio — E il colpo di testa di un fatuo non può distruggere il nostro legame.

Elena — (con comica tristezza) Ahimè! Compirò il sacrificio. Rinuncerò a un amore divampato con la violenza di un incendio!... Ad un uomo che sa di possedere tutti i requisiti per darmi la felicità, e piange amaramente sulla mia vuota esistenza! È triste... Ma lo farò....

Ippolito — Io mi domando come ha potuto osare una cosa simile!

Remigio — Io mi domando come ha potuto concepirla!

Tomaso — Ed io invece mi domando come farà adesso a cavarsela. Quello è un uomo finito!

Remigio — Io non lo guardo più in faccia!

Tomaso — Io lo prendo a schiaffi!.... M’ha tolta la voglia perfino di far colazione!

Ippolito — (quasi a sè) Disgraziato! S’è giocata una posizione!

Elena — No, via, non aggraviamo la colpa, perchè, a dire la verità, il torto fu mio. Quando ho visto iersera la tranquillità, diremo così, di Adriana in pericolo, l’ho atteso al varco. Non sapevo, non pensavo quello che avrei detto o avrei fatto. Ma non avevo sonno, ero in vena di divertirmi, e ho messo a prova ancora una volta la grande passione e la grande sincerità degli uomini. Voi sapete che, generalmente, agli uomini quella che piace è sempre l’ultima che incontrano, e siccome l’ultima ero io gli sono piaciuta al punto che....

Ippolito — (turbatissimo) Come?...

Elena — (ridendo) No, poveretto. S’è comportato benissimo! Ha soltanto sentito, da un momento all’altro, così forte il fascino della mia bellezza, della mia grazia, della mia intelligenza che, ne sono sicura, non potrà più vivere, non potrà più intendere la vita senza di me. Del resto, vi ripeto, mi ha scritto che vuole sposarmi, non è gentile?

Ippolito — Ma dove ha la testa?

Remigio — Ci fa una bella figura!

Tomaso — Perdersi così!... Che ragazzo!...

Ippolito — Che bestia!

Elena — Vi faccio notare che le vostre esclamazioni sono assai poco lusinghiere per me. Mi negate dunque la possibilità di suscitare una passione?

Ippolito — Non scherziamo. Sono profondamente seccato che uno dei nostri abbia potuto cadere così bambinescamente nella trappola.

Elena — Merito mio: la trappola era così ben tesa! E non ci ho messo niente a prepararla, v’assicuro.

Ippolito — E dorme! È meraviglioso!... Ho dovuto mandare a svegliarlo.

Elena — Poverino! Dopo tante emozioni, si capisce il bisogno di riposo. Chissà come mi sogna!

Ippolito — Sarà amaro il risveglio!

Elena — No. Sarà divertente. Esigo che ne ridiamo insieme, e che sia perdonato. Dopo tutto, gli è mancata l’avventura. È già un buon castigo. Perchè incrudelire? Non vi pare che basti?

Ippolito — Non basta, signora mia! Noi, è vero, siamo liberati da una grave preoccupazione. La cosa può riempirci di gioja e divertirci magari, più tardi. Ma per ora restano in ballo due questioni: l’offesa a lei, che generosamente perdona; il tradimento a noi, su cui ci riserviamo di prendere dei provvedimenti, (a Remigio e a Tomaso) Non vi pare?

Remigio — Non è il risultato – che essendo andato a vuoto non ha conseguenze – ma il tentativo che occorre punire.

Ippolito — Giustissimo! E punendo il tentativo, noi rivendichiamo anche lei!

Elena — Perchè?

Ippolito — Molto semplice: supponga, per un caso qualunque, che quello fosse riuscito.

Elena — (ridendo) Se vi fa piacere, supponiamolo pure.

Ippolito — Sarebbe terribile! Quell’uomo, in un colpo solo, avrebbe fatto quattro vittime.

Elena — E la quarta chi sarebbe?

Ippolito — Lei stessa... Noi la perderemmo, ma lei perderebbe noi. Le par poco?

Elena — Non saprei più darmene pace!

Ippolito — Non lo dica per ridere. È così. Lei avrebbe la peggio. Capirà che noi, bene o male, si rimedia. Il tempo, per fortuna, è fatto apposta per guarire i ricordi... la lontananza anche... e a poco a poco la nostalgia di Villalta svanirebbe nelle anime nostre come un sogno lontano...

Elena — Bello!... Mi piace!... È poetico!

Ippolito — Ma di lei, di lei che cosa avverrebbe?... Immagina possibile la sua vita senza di noi? Oggi non può capirne tutta l’enorme gravità. Le cose care non ci si accorge di averle, quando si hanno... Ma ne sentiamo bene la mancanza quando si perdono! Senza contare che mentre noi possiamo distruggere il passato con nuove abitudini, lei se lo troverebbe fra i piedi per tutta la vita. Eh! sì!... Quel qualunque di noi che le fosse vicino senza gli altri, non servirebbe che a ricordarle di aver perso gli altri!... Ammette lei il Padre senza il Figliuolo? Il Figliuolo senza lo Spirito Santo? Lo Spirito Santo senza il Padre e il Figliuolo?... Provi, provi a sposare il figliuolo, lei!... Noi non siamo che una trinità in quattro, signora!

Elena — Ma a voi non intendo affatto di rinunciare. In qualunque caso, ricordatevelo bene, questo mai!

Ippolito — Sbaglia, signora! Da una donna possiamo accettar tutto, ma niente dall’uomo che ne diventa il legittimo possessore. La nostra dignità dove la mette?

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