SCENA VII.

Elena e Alberto

(Alberto è rimasto nello stesso atteggiamento. Elena siede, scrutandolo di tratto in tratto. Un breve silenzio, finalmente essa si alza, gli si avvicina).

Elena — Ho avuto la sua lettera... e le assicuro che non avrei mai immaginato....

Alberto — (interrompendola, aspro, concitato, quasi violento). Una sola cosa non potrà mai immaginarsi, signora: tutto il male che mi ha fatto.

Elena — (con stupore) Io le ho fatto del male? E quando? (fissa Alberto interrogandolo con lo sguardo).

Alberto — (lentamente, dolorosamente) Sì, mi guardi pure. Mi guardi bene. Sono quale sono, quale mi ha reso lei, iersera, facile giocattolo nelle sue mani abili...

Elena — (fa per parlare)

Alberto — (con un gesto) No. Mi lasci dire. Adesso, quando siamo rimasti soli, avevo preparato il mio piano; tentare di salvarmi essendole pari, o, almeno, apparendole tale. C’era di mezzo il mio orgoglio e la preoccupazione di non sembrarle ancora ridicolo. Volevo dirle che tutti due avevamo giuocato, tutti e due. E la cosa poteva finire con una bella risata e con una buona stretta di mano... Invece, no. Non voglio. Ora la guardo anch’io bene in faccia, e rivedo il suo turbamento di iersera, la fiamma improvvisa dei suoi occhi, ricordo le sue parole e me ne sento ripreso, come da una verità....

Elena — Poteva crederlo?

Alberto — L’ho creduto. Ho fatto male? Non importa! Ciò che importa è che lei sappia che da quel momento mi sono nutrito di questa illusione, e che ancora amo illudermi. Perchè se prima ho pensato a lei con la gioia di chi vede avverarsi quello che non osava sognare, adesso voglio ancora pensarla con lo strazio di chi vede disperdersi quello che oramai sognerà per sempre. Che bella vittoria la sua, non è vero?... Perchè non ride? Rida. Voleva completare la burla. È compieta. Può chiamare gli amici.

Elena — (che lo ha ascoltato, con crescente meraviglia). Ah! Via! Ora è lei che scherza. Non vorrà pretendere, spero, che prenda sul serio le sue parole e il suo turbamento.

Alberto — Perchè?

Elena — Me lo domanda? Me se ieri sera ho cercato nel modo più sicuro e piacevole di salvare un’amica che mi è cara da una leggerezza, la credevo di tanto spirito da non serbarmene rancore. Se poi non l’ha capito, la colpa non è proprio mia.

Alberto — La sua colpa è un’altra: è di essermi apparsa per la prima volta come non l’avevo vista mai. Fosse pur falso questo suo atteggiamento, e io ne dubito ancora, esso m’ha rivelato ciò che potrebbe essere la realtà. È scomparsa la donna fredda, insignificante, deliziosamente inutile che io vedevo sempre in lei. Mi è apparsa una donna la quale sente che la sua giovinezza non può sfiorire così.

Elena — (ridendo nervosamente)... Sono sogni!... Sogni!... La sua fantasia vola!... La fermi, per carità, se no chi sa dove andremo a finire...

Alberto — Dove andremo a finire? Dove avrebbe dovuto incominciare.

Elena — E cioè?

Alberto — Col non mentire a sè stessa.

Elena — Mentire a me stessa?... .Sa che è curioso?... La verità è una sola; tutto il resto una sua fantasia.

Alberto — (avvicinandosi) E perchè me lo dice con la voce che trema?

Elena — (un poco smarrita) La mia voce trema?.... Non mi pare....

Alberto — (c. s.) È ben sicura di sè stessa, lei?

Elena — (c. s.) Naturalmente... Perchè non dovrei esserlo?

Alberto — Perchè spesso gli altri leggono nell’anima nostra assai meglio di quello che noi non si sappia fare.

Elena — (c. s.) Lei legge quello che non c’è. E, francamente, non so proprio che cosa voglia leggervi... E tanto meno riesco a capire dove miri questo suo discorso concitato e... commosso... Io le sono apparsa diversa iersera? È naturale: lo ero. Ma conoscevo la mia finzione, sapevo ciò che volevo fare, ricordo esattamente quello che ho voluto dire... Quello che voglia dir lei, questo non so....

Alberto — È molto semplice: lei, jersera, non mentiva.

Elena — No?

Alberto — No. Credeva di mentire. Illusione, illusione anche la sua, perchè lo stesso suo gioco prendeva a poco a poco la sua anima, come in un gorgo. Ne sono convinto. È inutile che mi dica di no. Provi a esaminarsi. Si interroghi. Capirà, forse allora, che, chiudendosi qua dentro in una tranquillità di sogno, si è imposto un sacrificio superiore alle sue forze. Far tacere le nostre passioni con la volontà, non è che un sogno, signora mia.

Elena — Non è un sogno; è la più bella delle vittorie!

Alberto — A meno che non sia la più paurosa delle viltà! È per questo che io me ne libero. Sì. Io, io stesso che mi sono sempre creduto un leggero cacciator d’avventure mi sento adesso, improvvisamente, un meraviglioso sentimentale, al punto che potrei dirle «l’amo» come non l’ho mai detto a nessuna donna.

Elena — Non lo dica nemmeno a me, perchè non lo crederei. Lo scoppio improvviso di una passione non mi ha mai convinta.

Alberto — Chi lo dice? Il vero amore può nascere anche all’improvviso. Da niente e da tutto. Da un gioco, forse, come il suo, o da un attimo come quello che mi ha rivelala la sua anima, sotto il suo gioco.

Elena — Che importa sapere come nasce e quando nasce l’amore? Anche se quello che lei ora mi ha detto avesse qualche base di verità, anche se io avessi sentito qualche volta il peso di una vita chiusa, non è il presente che mi preoccupa di considerare, ma quello che avverrà.

Alberto — Incominci coll’ammettere il presente.

Elena — A che servirebbe?

Alberto — A darle tutta la mia visione del futuro.

Elena — Mi pare perfettamente inutile, dal momento che ne ho una mia, inflessibile e immutabile.

Alberto — E allora mi esponga la sua.

Elena — Sì, per calmarla. E la calmerò subito dicendole che l’amore come io lo intendo, è di un tale esclusivismo da far scappare qualunque innamorato.

Alberto — Le giuro che io resterò.

Elena — Già: ma chi mi garantisce che non scapperà più tardi?... No, no, Alberto. Non si illuda. Sarebbe il sacrificio suo... e la mia fine. Preferisco non arrischiare, perchè, tutto sommato, sto bene così.

Alberto — E questa è appunto la viltà.

Elena — Sia pure. Può essere vero. Anch’io qualche volta dico a me stessa: «Perchè non provare?» Ma ci vuol troppo coraggio per provare. Non me la sento. L’uomo che mi apparterrà, dovrà rinunciare a tutto, essere mio interamente. Ogni suo pensiero, ogni suo desiderio, ogni sua volontà devono essere anche miei. Questo è l’amore come l’ho sognato da ragazza. La ragazza è scomparsa ma il sogno è rimasto. Perchè vorrebbe farlo crollare?

Alberto — Io voglio semplicemente sognare con lei. Se sapesse quante volte, venendo qua dentro, ho sentita, ho vissuta la sua solitudine, e quante volte l’ho invidiata! E quante volte ho pensato anche di poterla dividere insieme, di poterla insieme godere, noi soli, noi due...

Elena — No, no... non dica quello che non pensa...

Alberto — Vorrei che lei dicesse quello che pensa! Lei, adesso, senza saperlo, si è confessata. Ha capito che non è più un gioco il nostro, e che qualche cosa di invincibile, ci trascina l’uno verso l’altro. Le avrei parlato così se non fossi stato sicuro? Mi sarei esposto ancora alle sue risa e alle risa degli altri? Avrebbe provato tanto turbamento alle mie parole?... No, è vero? in questi pochi minuti ella ha potuto sentire tutta la sincerità della mia passione, e il nascere della sua. Ha perduto la sua calma, s’è smarrita la sua sicurezza, s’è affievolito il suo coraggio... ed ora è così poco padrona dell’anima sua che la difesa non ha più consistenza.

Elena — (con smarrimento) Non è vero!... Le confesso che non mi aspettavo questa sua curiosa indagine.... queste sue supposizioni strane... e non vorrei....

Alberto — (interrompendola) Non vorrebbe, lo so. Vede un pericolo dove dovrebbe vedere la gioia. E per non vederla, per non restarne soggiogata, fa come i bambini: chiude gli occhi. Non basta, signora. Non basta. C’è un’altra prova, sicura, infallibile. Ma occorre tenere gli occhi bene aperti, stavolta. Vuol provare?

Elena — (subito) No.

Alberto — Perchè?... Dal momento che è tanto sicura, la prova non dovrebbe spaventarla. D’altronde la mia prova non era che una semplice domanda. Lei me ne ha fatte tante, iersera! Vuol rispondere?

Elena — (tace).

Alberto — (avvicinandosi) Sì?... E allora abbia coraggio di dirmi che ho sbagliato, che non mi crede, che non potrà mai amarmi, e io non le dirò più nulla. Me ne andrò.

Elena — Me ne dà la sua parola?

Alberto — Glielo giuro.

Elena — (dopo un momento di silenzio, senza guardare Alberto che la fissa). Ebbene, Alberto: è così: ha sbagliato.

Alberto — (pallido, smarrito, resta immobile, senza parole)

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