SCENA VIII.

Gli stessi, Ippolito

Ippolito — (avanzando con comica precauzione) Disturbo?

Alberto — (con voce commossa, ma risoluta) No. Arrivi in buon punto.

Ippolito — Ecco dunque il menù... Cose sbalorditive.....

Alberto — Prima ascoltami un momento... Ti parlo seriamente e per l’ultima volta.

Ippolito — Dio. Che tragedia!

Elena — (che ha seguito Alberto, con emozione) Alberto!

Ippolito — Non si turbi signora! Lo lasci dire! Le sue tragedie non mi spaventano!

Alberto — Nessuna tragedia, e ho ben poco da dire. Ho commesso un errore, ho tradita la vostra fiducia, non ho voluto rimediare, ho perduta la partita. Pago e me ne vado.

Ippolito — Tu sei pazzo. E mi farai il santo piacere di non prendere le cose con questo tono. Non credere d’impressionarmi. Quando si è imbecilli come tu sei stato, non si ha più il diritto di diventar persone serie, si resta imbecilli. Sai, del resto, che ti ho sempre preferito allo stato naturale. Perchè vuoi forzare il tuo temperamento?.... Ma sii uomo una buona volta! Ho persuaso anche gli altri al perdono. Oramai quello che è stato è stato. Ridiamone insieme. È difficile ridere della propria bestialità, lo ammetto. Ma è più grave rimpiangerla, (rivolgendosi ad Elena) Dico bene, signora?

Elena — (tace)

Ippolito — (rivolgendosi ad Alberto) Non ho ragione?

Alberto — (tace).

Ippolito — (guardando l’una e l’altro, senza capire) Be’!... Che cosa succede?.... Che meditate? Posso saperlo?

Elena — Scusi, Ippolito. Ora spero di convincerlo io.

Ippolito — (fissando Elena) Benissimo. Vi ascolto.... (un silenzio) Come?... Devo andarmene?

Elena — Vi raggiungeremo subito.

Ippolito — (c. s.) Ah! Benissimo, (guarda ancora curiosamente l’uno e l’altra, poi esce).

Share on Twitter Share on Facebook