SCENA VII.

ElenaAlberto

Alberto — (rimane fisso a guardare la porta dalla quale è uscito Respighi, mormorando a mezza voce) Strano!....

Elena — (avvicinandosi) Che cosa?... Che pensi?...

Alberto — (scuotendosi) Ebbene, sì: penso che è forse giunto il momento di dire la verità.

Elena — (turbata) La verità?

Alberto — Hai visto quell’uomo che è uscito adesso di corsa?

Elena — (esitante) Sì....

Alberto — Sai perchè è uscito di corsa?

Elena — (c. s.) No...

Elena — Sai che cosa aveva in tasca quell’uomo?

Elena — (smarrita) Una lettera.

Alberto — (pure smarrito) Diretta a chi?

Elena — (chinando la testa) A Ippolito.

Alberto — (con la convinzione che Elena sappia) Scritta da chi?

Elena — (ormai persuasa che Alberto sa) Da me.

Alberto — (stupefatto) Da te?!

Elena — Non osavo dirtelo... Avevo paura che mi rimproverassi... Temevo che non me lo permettessi... Ma sentivo che era necessario....

Alberto — Necessario? Che bisogno c’era che tu scrivessi? Vuoi dirmi che cosa t’è passato per la testa?

Elena — Non ne ho il coraggio.

Alberto — Bisogna averlo... Bisogna dirmi tutto.... Tanto più che anch’io ho qualcosa di molto importante da dirti.

Elena — Anche tu?

Alberto — Sicuro... ma non è facile.

Elena — Dimmi! Dimmi!.... Ti prometto che, dopo, parlerò anch’io.

Alberto — Vedi... non so se saprò renderti il mio pensiero... ma è certo che in questi ultimi giorni specialmente, da quando il tempo ha incominciato a guastarsi, sono stato preso dai rimorsi.

Elena — Dai rimorsi?

Alberto — Sì. Tu, eri abituata a tutt’altra vita... Ippolito – devo pur troppo nominarli – Ippolito, Tomaso, Remigio ed io stesso, rappresentavamo per te un piccolo mondo, che ti eri scelto, costruito, reso necessario.... Ciascuno di noi quattro aveva presso di te, ospite nella tua casa, una missione... Insignificante, se vuoi, ma indistruttibile....

Elena — Che c’entra?

Alberto — Moltissimo. Sono le piccole cose, spesso, che ci danno la gioia o la tristezza... E quello che per gli altri può sembrar niente, assume, rispetto a noi stessi, talvolta tale importanza, che non si può farne a meno.

Elena — Ma tu credi che io soffra della loro mancanza?

Alberto — Non solo lo credo, ne son certo. Io avevo eliminato con la mia presenza quello che da tempo costituiva il tuo piccolo spasso e, anche, la tua piccola comodità.

Elena — E non c’eri tu?

Alberto — D’accordo: c’ero io, c’era il mio amore... ma di solo amore si vive... fino a un certo punto. L’ho sentito da tante cose: incertezze, preoccupazioni, smarrimenti che non eran che sfumature, in te, ma che mi spingevano a cercare di ridarti quello che senza volerlo ti avevo portato via. Il mio orgoglio, da una parte, mi impediva di umiliarmi davanti a chi ci aveva abbandonati. Ma l’amore per te ha vinto il mio orgoglio e ho tentato di farti, in occasione del tuo compleanno, questo bel regalo: ricondurre all’ovile le pecorelle smarrite....

Elena — E come hai fatto?

Alberto — Molto semplice: ho scritto ad Ippolito.

Elena — Anche tu?

Alberto — Vedi che avevo saputo capirti, e prevenirti.

Elena — No, Alberto. T’inganni. Io ho scritto per una ragione molto diversa. Anch’io, sai, avevo molti rimorsi... Anch’io sentivo d’aver portato via a te qualche cosa... Ti ho costretto a vivere qui, lontano dal mondo, lontano da tutti...

Alberto — (subito) Ma questo era il mio desiderio più vivo! Che cosa c’è di più bello della solitudine per l’amore, per il grande amore qual’è il nostro?

Elena — Non negare che in qualche momento, in molti momenti, incominciavi a sentirne il peso....

Alberto — Nemmeno per sogno.

Elena — Sei molto buono rispondendomi così, ma non perfettamente sincero.

Alberto — Come no?

Elena — No, Alberto... E non te ne rimprovero, bada. È giusto, è umano, è naturalissimo. Non si vive di solo amore... L’hai detto tu stesso, un momento fa... Ebbene: per completare la nostra felicità, c’era proprio bisogno...

Alberto — Di loro?

Elena — Di avere vicini quelli che, avendo tentati tutti i modi per ostacolarci ieri, ci avrebbero senza dubbio invidiata domani questa felicità, come nessuno saprebbe invidiarla.

Alberto — Ma non capisci che stiamo per dare a quella gente un’enorme importanza?

Elena — Lo credi?

Alberto — Come no? Abbiamo finito a confessarci che non se ne può fare a meno.

Elena — Lo ammetto, dal momento che potranno servirci!

Alberto — Loro?... A che cosa?

Elena — A farci trovare dolcissimo quello che oggi si incominciava a trovare semplicemente dolce. In apparenza, richiamandoli appariremo ai loro occhi come due poveri naufraghi del nostro sogno romantico. E il loro orgoglio sarà soddisfatto. Ma in sostanza saremo due grandi innamorati che hanno sentito la necessità di crearsi di tanto in tanto il loro piccolo pubblico.

Alberto — In conclusione, per non tuffarci nel mondo, ce lo facciamo servire a domicilio!... Mi piace! È un lusso da miliardari.

Elena — No. È una raffinatezza da innamorati. E adesso lasciami vestire per il pranzo, perchè sono in ritardo (si avvia).

Alberto — (quando essa è giunta alla porta di sinistra, richiamandola) Elena?... Devo dirtelo? Sei una donnina squisita.

Elena — (ridendo) Lo so... Ma domani mi troverai più squisita ancora (escono da parti opposte).

(La scena resta vuota)

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