I

Nella felice terra di Rioronco viveva ancora, pochi anni sono, un patriarca: un alto e forte vecchio dai capelli bianchi, dalla faccia tutta sbarbata, dall'occhio vivo, dal naso aguzzo. Senza far ridere alcuno portava le brache corte, con le calze al ginocchio d'estate e con le ghette d'inverno; e in famiglia poteva contare con la moglie, vecchia meno di lui ma già imbecillita, tre figli, tre nuore, un genero, una quindicina di nipoti, il più grande dei quali, per riparare in qualche modo all'assenza di due cugini soldati, aveva preso moglie anche lui, rendendo bisnonno il vecchio Carlone.

Carlon dei Carli alla Cà scura, la casa de' suoi avi, governava tranquillamente e assolutamente come quello nella cui volontà e nelle cui tasche trovavano regola ed equilibrio le spese della casa e le rendite della terra coltivata da tutta la famiglia. Egli vigilava ai lavori; parlava poco con i figlioli; era aspro con le donne, complimentoso col curato, loquace con gli amici, terribile con i ragazzi e buono con i bambini che, seduto nella panca sotto il moro, elevava qualche volta a cavallo d'un ginocchio per cantarellare trotta trotta, cavallon, e farli ridere.

Saldo nelle antiche costumanze, fra le altre usava sedere a capo di tavola con gli uomini attorno e in fondo i ragazzi già pervenuti alla prima comunione: i minori mangiavano dopo con le donne. E per la rigida osservanza al vivere antico, e per la sua religione e per l'esperienza dei consigli, il vecchio godeva nella parrocchia d'una supremazia che gli aveva meritata rinomanza pure nei dintorni.

Quand'egli si assentava - ma di rado e solo per la fiera al paese o per qualche grossa vendita in città - la Cà scura si commoveva in un avvenimento quasi di liberazione; e degli uomini, chi scappava all'osteria, chi dall'amorosa; mentre i ragazzi correvano a vuotar borri nel rio Rosso, liticavano e si picchiavano; e le nuore sfogavano le ire e le gelosie per lungo tempo contenute; sicchè il tiranno, che partendo era stato salutato da sospiri di sollievo, tornava non solo temuto come giudice, ma desiderato spesso come salvatore. All'annunzio: - c'è il nonno! c'è il nonno! - la Cà scura cadeva di subito in una quiete conventuale.

Tornava Carlone dalla città tutt'intronato, stanco, con l'oscura e quasi atterrita coscienza della sua prossima morte, perchè in quelle ore laggiù egli si era sentito fuori del suo tempo; e col pensiero avvinto alle cose vedute pativa un fastidio da cui stentava a liberarsi. Se gli affari gli erano andati a modo, si consolava alla vista dei nipotini e borbottava: «Loro, laggiù, hanno il vapore che ha avvelenata l'aria, ed hanno perduto il timor di Dio: dunque stiamo meglio noi altri!» Se poi gli affari gli erano andati male, allora lamentava: - Noi diciamo che si stava meglio una volta; e a Bologna dicono lo stesso: che si stava meglio una volta. Dunque la gente a questo mondo non la trovo mai piana, in nessun sito. - Ma egli era un povero ignorante; e per più giorni faceva il cattivo in casa, quasi temesse d'aver perduta o temesse di perdere l'autorità famigliare.

Ed ecco che a turbarlo in simile modo risparmiandogli la fatica di viaggi alla città, ecco che ad amareggiare gli ultimi giorni del patriarca venne lassù l'ingegner Stoia, erede d'un conte pontificio, ch'era morto a Roma e a Rioronco non si era visto quasi mai. La strada nuova divideva il possesso di Carlone dal possesso dell'erede: alla massiccia Cà scura s'opponeva, nell'estimazione pubblica, il nobile Palazzetto, di recente restaurato; alla supremazia del vecchione minacciava di succedere la supremazia di quel signore patito e guardingo, che i contadini dicevano cattivo come il loglio.

Invano il curato studiavasi a difendere l'intruso che gli si era dato a conoscere per uno dei capi clericali in Bologna; invano ne esagerava i meriti. Carlone protestava: - Oh che ha preso Rioronco per un covo di ladri?

Infatti aveva messo le stanghe all'entrata delle carraie; tese reti metalliche lungo la strada; piantati pali con su la scritta «bandita». E il curato: - La moglie del signor ingegnere veste cinque bambine per la cresima.... Il signor ingegnere ha mandata la panca per la chiesa.... Il signor ingegnere fa questo; la signora fa quest'altro. - Dopo il ristauro della villa, ristauravano anche il piccolo oratorio di Sant'Anna, di fronte alla villa.... - Oh che bravo signore! che brava signora!...

Carlone scoteva la testa: - Chi mal pensa, mal fa; chi non guarda in faccia, non è sincero; non mi fido io di colui!

Nè tardò ad aver ragione. Al principio d'agosto, il cursore del Comune venne alla Cà scura con tanto di carta stampata e scritta, e firmata dal sindaco.

A norma della legge sui lavori pubblici e dell'articolo num. 12 del Regolamento.... etc..., s'intima al signor Carlo Carli il taglio, nel suo predio denominato la Zucca, di tutti i rami di quella quercia che impediscono la viabilità della strada comunale in Ronco... , con minaccia di dar corso immediato agli atti di contravvenzione... . etc....

Parve a Carlone di ricevere un pugno su la testa. Rosso d'ira fe' portare da bere all'uomo; poi chiese:

- Oh perchè non han mai detto niente prima d'oggi?

- Cosa volete sappia io? - il cursore rispose.

E bevuto ch'ebbe ripetè la sentenza con cui, indifferentemente, si difendeva dalle lagnanze, dalle minacce e dalle proteste:

- Carta canta e villan dorme. Bisogna ubbidire!

Diceva Carlone: - Ma qui su dei carri non ne passano, e la quercia non arriva alle birocce.

- Cosa volete che vi dica io? La quercia farà ombra a qualcuno. - Poscia, con la stima d'ogni servo per chi lo paga, il cursore aggiunse: - Le leggi, caro voi, ci sono per tutti; ma in Comune non se ne ricorderebbero se un qualche furbo di tanto in tanto non ci avesse tornaconto a metterle in memoria al Sindaco e alla Giunta.

- È così! Ho capito.... Vedremo!... - brontolava il vecchio.

Il quale, appena se ne fu andato il messo, chiamò i figlioli e il cane, li mandò a provvedere in fretta un «arrostino», quantunque fosse ancora tempo di caccia vietata, ed egli recò la biada alla sua mula.

A cavallo, discendendo poco dopo, preparava il discorso per convincere che la quercia non faceva danno a nessuno; e sperava evitarsi una prepotenza e un'ingiustizia. Così sospirando brontolando e rammentando che al tempo del Papa le strade passavano tutte in mezzo a quercie folte, che era una delizia, giunse la sera al paese. Naturalmente, in vista dell'arrosto, il segretario promise di interporre la sua autorità perchè l'ordine fosse sospeso; tornasse fiducioso due o tre giorni dopo.

E naturalmente quando Carlone de' Carli venne per la risposta, apprese che l'arrosto era stato squisito e il sindaco irremovibile.

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