In Arcadia

Rioronco, su l'Appennino, è lontano quasi trenta miglia da Bologna e dieci dal men grosso paese, Castello. La strada che vi menava una volta era per lungo tratto il greto del fiume Idice, e poi una carraia, stretta fra balzi e rotta spesso da lavine, della quale non avrebbe potuto rendersi comparativa idea neppure chi avesse vista una via di Milano scomposta per prova di un nuovo pavimento. Ma, or è qualche anno, fu condotta dalla costa dell'Idice una strada comunale che passando di lassù doveva contribuire anch'essa ai fatti di questo racconto. E lassù, dal sagrato della chiesa, il luogo è delizioso: aperto davanti e al di sopra di colline o più basse montagne, di cui una ha nome dall'antica Pieve, e chiuso, dietro, da monti più alti, su cui sorgono evidenti i tozzi campanili di San Martino, di San Giorgio e di Cignano. Fra i castagneti appaiono le case bianche; tra balze, fratte e pioppi il rio va a cadere nell'Idice, che ai dì sereni si distende in nitido e obliquo letto per la plaga occidentale, alla pianura.

Di forestieri a Rioronco non capitano che i carabinieri, a quando a quando, o, pur troppo, il cursore del comune. La scuola è distante e fuori della strada nuova. Un giornale vecchio d'un anno, se pervenga a chi sa leggere, è un foglio pieno di meravigliose novità.

Anche, a pochi passi dalla chiesa, un'osteria serve da spaccio d'ogni genere; fin di sigari toscani, i quali, stagionati come sono, mitigherebbero il più fiero nemico della «Regia Privativa.»

Ma oltre questi benefizi, e oltre i bei castagneti che, se non ci si metta la malattia della foglia, producono assai, e le belle vigne, che, se non le guastano malanni delle foglie e del grappolo, producono assai; oltre la terra fertile di formentone e di meliga, il rio Rosso ha per i più poveri qualche pesce e molti gamberi; qualche anguilla e tanti ranocchi!

I ranocchi si prendono la notte con la «facella»; ciò e un pugno di canne le quali, accese, bruciano adagio e alla cui fiamma quelle curiose bestiole si destano, espongono a fior d'acqua e di fra le alighe il capo stupefatto, e restano immote, fisse, incredule ai loro stessi occhi, non si sa bene di che cosa. Forse scambiano quella luce con l'aurora, o credono a qualche scientifica scoperta degli uomini; il fatto sta, che nell'estasi sono raccolti e gettati in un sacco, dove, al ruvido contatto della tela con le loro membra tenerelle, imparano giù prima d'esser fritte che vantaggio ci sia in questo mondo a farsi delle illusioni.

Quanto agli altri animali del rio Rosso - detto Rosso per le sue sabbie bionde, ma senza traccia d'oro - , si prendono trattenendo con una chiusa la corrente e con le pale gettando l'acqua fuori del borrone finchè questo rimanga asciutto. Che piacere allora! Gli uomini afferrano anguille che si appiattano nella melma e pesci che si raccomandano a bocca aperta e muta; e i ragazzi aggrappano i gamberi, e poi godono a vederli arrossare, retrocedendo su le bracie come eroi che tentino uno scampo senza voltarsi indietro.

Di pernici e starne, a dir vero, non abbondano oggigiorno neanche i boschi di Rioronco; tuttavia la cacciagione vi è meno scarsa che in pianura; e d'inverno i ragazzi dissimulano lacci e trappole e in primavera fan posta ai nidi con la poetica speranza d'allevarsi in gabbia o un cardellino, o un fringuello, o un merlo. Il quale di solito - ingozza che t'ingozzo - basisce per il troppo pane biascicato che gli s'impartisce con troppo buon cuore.

Tutti buoni, o quasi, lassù! Non si ricorda a Rioronco un solo omicidio: una baruffa vi è un avvenimento come un furto di pollaio; intorno al quale di casa in casa si discorre per un mese, e del quale non si fa denuncia poichè quasi sempre si sa da tutti in che pentole quelle due o tre galline andarono a finire. Nè i costumi vi sono corrotti come nei paesi dove le mamme fan la guardia alle figliole fidanzate. Notevole soltanto, a questo proposito, è l'innocente manìa per cui dopo sette, o otto, o talvolta nove mesi di matrimonio, i padri cercano nel lunario e propongono alla moglie puerpera i nomi più strambi e difficili, da storpiare barbaramente sul neonato o sulla neonata che vanno a battezzare.

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