IV.

Filomena , «bella e grande della persona e nel viso piú che altra piacevole e ridente», è piú volte lodata quale discretissima giovane, e la discrezione sua prova subito alla proposta che Pampinea fa di lasciare Firenze, osservando:

«Donne, quantunque ciò che ragiona Pampinea, sia ottimamente detto, non è perciò cosí da correre come mostra che voi vogliate fare. Ricordovi che noi siamo tutte femine, e non ce n'ha niuna sí fanciulla, che non possa ben conoscere come le femine sieno ragionate insieme e senza la provedenza d'alcuno uomo si sappiano regolare."

Per questa qualità dell'animo suo ella gode raccontare come giudiziosamente procedé la donna che senza infamia fece il confessore inconsapevole mezzano al suo amore, e come cauti procederono i fratelli di Lisabetta colpevole nell'uccidere il drudo di lei; gode narrare con quale avvedimento madonna Francesca si levò d'addosso due che l'amavano contro al suo piacere, e Beatrice ingannò e fe' bastonare il marito Egano da Ludovico suo amante. Alle novelle premette anch'essa qualche volta osservazioni e consigli, ma al contrario di Pampinea, non parla mai troppo. Né pure al pari d'Emilia e d'Elisa s'accende e s'adira discorrendo de' religiosi, ma a proposito di un confessore burlato, s'accontenta di notare scherzando: "Vo' farvi accorte che eziandio i religiosi, ai quali noi, oltre modo credule, troppa fede prestiamo, possono essere sono alcuna volta, non che dagli uomini, ma da alcune di noi cautamente beffati.»

Questa cura costante di serbare certa misura è in Filomena non solo allorché racconta, ma sempre, in ogni suo atto, in ogni suo discorso. Cosí quand'è coronata regina da Pampinea, vincendo tosto, per non parere melensa, la confusione in cui resta un momento, afferma ai compagni: «Non solo il mio giudizio, ma anche il vostro vo' seguire»; e co 'l tema che ella dà, «qualora non spiaccia», a svolgere per novelle, toglie ragione cosí di dolore soverchio come di riso smodato: desidera si ragioni di chi «da diverse cose infestato, sia oltre alla sua speranza, riuscito a lieto fine». E quando dalla dolcezza della canzone in cui lamenta la lontananza del novo amante sarebbe tratta a svelare tutto quanto in passato ha goduto e tutto quanto si ripromette di godere per l'avvenire, presto sa dominarsi:

Se egli avvien ch'io mai piú ti tenga,

- canta all'amante -

Non so s'io sarò sciocca

Com'io or fui a lasciarti partire.

Io ti terrò, e che può, sí n'avvenga,

E della dolce bocca

Convien ch'io soddisfaccia al mio desire:

D'altro non voglio or dire....

Né è a maravigliare se cantando lascia comprendere che del novello e piacevole amore ha sentito piú avanti che la sola vista, poiché la sua non è la riserbatezza d'una affettata modestia; ed ella che a Neifile, sbigottita allorquando Pampinea esorta a prendere per compagni gli amanti di alcune di esse, risponde: «Dov'io onestamente viva, né mi rimorda d'alcuna cosa la coscienza, parli chi vuole in contrario, Iddio e la verità per me l'armi prenderanno», ella può bene anche arrischiarsi a dire quando accenna al godimento ch'ebbero due amanti una notte: «Prego Iddio per la sua santa misericordia, che a tali notti conduca me e tutte le anime cristiane che voglia ne hanno.»

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