Dioneo re del drappello
Le Grazie afflisse....
Dioneo , che il Boccaccio animò della franchezza, della vivacità, dell'ardore suo proprio, meglio che il re è l'anima del drappello.
- "Fra voi tutte, discretissime e moderate, io, qual sento anzi dello scemo che no, facendo la vostra virtú piú lucente col mio difetto, piú vi debbo esser caro che se con piú valore quella facessi divenir piú oscura....." - dice egli, umile e carezzevole, alle belle donne innanzi di raccontare l'ultima sua novella, quasi che loro non fosse piaciuto subito il primo giorno in cui uscito di Firenze con esse ad esse dichiarò: - "Io non so quello che de' vostri pensieri voi v'intendete di fare; li miei lasciai dentro dalle porte della città..... E per ciò voi a sollazzare et a ridere et a cantare con meco insieme vi disponete (tanto dico quanto alla vostra dignità s'appartiene), o voi mi licenziate che io per li miei pensieri mi ritorni a starmi nella città tribolata.» - Però a movere la temperata allegria di Panfilo, ad animare l'allegria che Filostrato trova a fatica, ad assicurare l'allegria delle donne spesso dubitanti, egli apporta la schietta ardita irresistibile allegria dell'animo suo.
Ma all'occasione, e specie allorché le donne stimano proterva e temeraria la licenza del suo parlare, e temono per la loro onestà, Dioneo, non piú scemo, dimostra com'esse s'ingannino se credono ch'ei non sia capace di pensare e sentire nobilmente. Cosí se desidera che presto finiscano le dolorose novelle di cui Filostrato si compiace, è perché non solo alle donne, ma anche a lui «le miserie degl'infelici amanti contristano gli occhi ed il petto»; e se, fatto re, dà al novellare un tema che pare troppo arrischiato, egli prova che non deve pentirsi d'averlo scelto. - «Donne, io conosco ciò che io ho imposto, non meno che facciate voi, e da imporlo non mi poté istornare quello che voi mi volete mostrare, pensando che il tempo è tale che, guardandosi e gli uomini e le donne d'operar disonestamente, ogni ragionare è conceduto... La vostra brigata, dal primo dí infino a questa ora stata onestissima, per cosa che detta ci si sia, non mi pare che in atto alcuno si sia maculata, né si maculerà, collo aiuto di Dio...... Et a dirvi il vero, chi sapesse che voi vi cessaste da queste ciance ragionare alcuna volta, forse suspicherebbe che voi in ciò foste colpevoli, e perciò ragionare non ne voleste». - E questo giovane che affligge le Grazie narrando di Paganino da Monaco e di Alibech, di Pietro di Vinciolo e dell'incantesimo della cavalla, allorché l'oscenità gli sfugge, «arrossa un po' per vergogna» e gli dispiace d'«esser troppo bene compreso». Ma le donne, «rosse nel viso, l'una all'altra guardando, appena dal ridere potendosi astenere, l'ascoltano sogghignando»; e ad esse è caro: Lauretta canta con lui, ed egli accompagna co 'l liuto il canto d'Emilia, e da Filomena regina ottiene una grazia; onde Fiammetta è gelosa. Ride Dioneo della gelosia di lei e per gelosia non soffre egli; non troverebbe anzi nel suo amore ragione alcuna di rammaricarsi se, tant'è ardente il suo affetto, non lo turbasse il timore che l'amata Fiammetta non conosca bene l'alto suo desio e la sua intera fede.
........non so ben, se 'ntero è conosciuto
L'alto disio che messo m'hai nel petto,
(dice ad Amore)
Né la mia intera fede,
Da costei, che possiede
Sí la mia mente, che io non torrei
Pace fuor che da essa, né vorrei.
Perch'io ti prego, dolce signor mio.
Che gliel dimostri, e facciale sentire
Alquanto del tuo foco
In servigio di me; ché vedi ch'io
Già mi consumo amando e nel martire
Mi sfaccio a poco a poco.....