Fiammetta, "i cui capelli eran crespi, lunghi e d'oro, e sopra li candidi e delicati omeri ricadenti, et il viso ritondetto con un colore vero di bianchi gigli e di vermiglie rose mescolati, tutto splendido, con due occhi in testa che parevan d'un falcon pellegrino, e con una boccuccia piccolina le cui labbra parevan due rubinetti», Fiammetta, quale vive nel Decamerone, ha pure tutta la leggiadria regale della donna che nel Filocopo presiede alla brigata intesa a risolvere le difficili questioni della scienza d'amore; ha pure la grazia della ninfa che «con atti d'autorità pieni, lieta e ridente» narra nell'Ameto come si concedette all'affetto di Galeone, e pur ha non poco della donna appassionata e gelosa che nel doloroso romanzo si strugge per l'abbandono del suo Panfilo.
Non piú fidente giovinetta quale è Neifile, ella sa «come Amore vince tutte le cose», e canta e lamenta:
...... perciò ch'io m'avveggio
Che altre donne savie son com'io,
I' triemo di paura,
E pur credendo il peggio,
Di quello avviso in altre esser disio,
Ch'a me l'anima fura (cioè del suo amante);
E cosí quel che m'è somma ventura,
Mi fa isconsolata
Sospirar forte e stare in vita ria.
Se io sentissi fede
Nel mio signor, quant'io sento valore,
Gelosa non sarei......
Ma tra le amiche del Decamerone ella riesce ad attutire il tormento della gelosia e a scacciarne il cupo pensiero, e narra di cortesie e d'amori, lieta in viso e ridente come tra le compagne dell'Ameto. E ricorda: «Noi siam qui per aver festa, e buon tempo.» Via dunque ogni cagione di dispiacere! - e pur raccontando di Tancredi ella è mal disposta al tema dato da Filostrato; - via tutto ciò che possa inacerbire gli spiriti! - e dopo la novella dello scolare, la cui severità ha trafitta lei e le compagne, osservando prima come la vendetta non dev'essere soprabbondante, narra l'allegra istoria dei due che si accomunarono le mogli - ; via anche ciò che possa muovere leggermente ad ira! - e la decima giornata, quando nella nobile gara di chi narri azioni piú nobili, gli animi delle compagne s'accendono disputando, essa innanzi di dire la sua novella ammonisce: «Splendide donne, io fui sempre in opinione che nelle brigate come la nostra è, si dovesse sí largamente ragionare che la troppa strettezza della intenzione delle cose dette non fosse altrui materia di disputare. Il che molto piú si conviene nelle scuole tra gli studianti che tra noi, le quali appena alla rócca et al fuso bastiamo."
Cosí Fiammetta, dopo le tristi, dà tema alle felici novelle: "Ciò che ad alcuno amante dopo fieri o sventurati accidenti felicemente avvenisse." D'amore ogni suo pensiero, e amore è la sua vita; né fa commento alcuno a quello che racconta se non per consigliare chi ama o chi è per amare.
Al modo stesso che nel Filocopo risolve la questione di Pola, se piú alta debba essere la condizione dell'amata o dell'amante, asserendo che "quantunque la donna sia ricca, grande e nobile piú che 'l giovane in qualunque grado, o dignità si sia, ella deggia piú tosto dal giovane essere amata, che quella che alcuna cosa ha meno di lui", facendosi a narrare la prima novella del Decamerone afferma: "Quanto negli uomini è gran senno il cercar d'amar sempre donna di piú alto lignaggio ch'egli non è, cosí nelle donne è grandissimo avvedimento il sapersi guardare dal prendersi dallo amore di maggiore uomo ch'ella non è.» - Bene dunque Fiammetta figlia di re e Dioneo figlio di mercante fiorentino possono amarsi e di amore pari a quello di messer Guglielmo e della dama di Vergiú, dei quali cantano insieme le gioie e gli affanni.