VII.

Emilia non imita Pampinea considerando le passioni umane e i casi della vita e traendo dalle considerazioni sue ammaestramenti utili e morali; non ostenta la prudenza e la discrezione di Filomena, e come mostra di non comprendere dolori quali sono quelli di Lauretta e di Elisa, vorrebbe far credere di non curare godimenti quali sono quelli che consolarono e consolano Fiammetta e Neifile: per arte di seduzione vuole persuadere che dall'amore di sé deriva un piacere di cui nulla e nessuno la può privare, e sí fatto che ad altro amore non pensa e d'altro amore non ha né pur coscienza d'aver desiderio:

Io son sí vaga della mia bellezza,

Che d'altro amor giammai

Non curerò, né credo aver vaghezza.

Civettuola! Non s'avvede poi che con l'impeto onde magnifica il prepotente amore della Simona accerta che non le dispiacerebbe punto di essere risottomessa alla forza di quella passione di cui si vanta ribelle, né, per quanto astuta, s'invigila sempre in guisa da non tradire talvolta un desiderio o i ricordi: cosí, nella sesta giornata còlta in distrazione da Elisa regina deve pur confessare "soffiando non altrimenti che se da dormir si levasse, che un lungo pensiero molto l'ha tenuta lontana." Ma, del resto, quale spontanea e graziosa vivacità e franchezza nel suo carattere! Canta prima di tutte e quando racconta è impossibile dimenticarsi che lei sola può parlare in quel modo; e però lo scrittore lascia che per sé medesima si faccia conoscere, e si cura solo d'avvertire innanzi la sua prima novella ch'essa narra baldanzosamente e di ripetere innanzi alla decima, l'ultima - quasi ad imprimere meglio il carattere di lei ripetendo la parola la quale ne raccoglie l'intera espressione - «che prese a raccontare baldanzosamente, quasi di dire desiderosa.»

Di novellare desiderosa non si perde in preamboli. Rapida sempre, alle volte è incisiva nel suo discorrere, e ne' suoi racconti quasi sempre è un personaggio che dell'animo suo ha l'ardimento e la forza: però sembra di comprendere la compiacenza di lei quando narra l'animosa difesa di Giannotto in conspetto a Corrado, o la veemenza con cui Tebaldo in conspetto alla amata donna maledice ai preti ed ai frati, dei quali ancora non bisogna perdonare le ingiurie, o la fierezza di madonna Dianora in presenza al barone amante e la fortezza con cui ella sostiene la pena che la sua stessa baldanza le ha procurata.

Dunque bene Dioneo si rivolge a lei affinché, date a narrare le burle che le mogli fanno ai mariti, tolga ogni titubanza alle compagne cominciando per prima i racconti dei ridevoli casi con la libertà delle frasi ridevoli, e bene Emilia, che male «si restringe sotto qualunque giogo», fatta regina, lascia, «come buoi al prato», le compagne libere al tema.

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