Due o tre giorni? Sarebbero stati pochi al compimento di una difficile impresa; troppi al compimento di un miracolo. E questo avvenne il giorno stesso, nel pomeriggio.
Col dito contro il naso, per raccomandar silenzio, il soldato condusse la signora alla cuccia, ove, l'uno accanto all'altra, placidamente dormivano la cagna e il gatto.
Oh stupore! Oh commozione!
— Astolfo! Corri a vedere! Corri!
E il marito venne adagio adagio, dall'orto, con la zappettina in mano, e rimase a bocca aperta.
— Come avete fatto? — chiedevano a Monterúmici.
Egli scosse le spalle. Sorridendo significava: se tutte le difficoltà, le questioni a questo mondo fossero di tal fatta! Ma:
— Ci vuol pazienza!
E — a udirne la relazione — il miracolo incuriosì anche il colonnello, quando discese, lieto del suo lavoro. E su l'uscio della stalla chiamò:
— Monterúmici!
— Pronto! — (con la striglia in mano).
— Come hai fatto a domesticare quelle due bestie feroci?
Rispose senza esitare:
— Io con la quiete non posso dormire. Ho bisogno, per dormire, delle cannonate. Il farmacista invece mi ha dato delle polverine; e io ne ho data una...
Il colonnello scoppiò a ridere. E si avviava. Se non che l'attendente balzandogli davanti e mettendosi in posizione, seguitò:
— A svegliarsi e a vedersi vicini si meraviglieranno anche loro, di essersi così amicati, e saran sempre buoni amici: vedrà!.
— Ho capito! ho capito!
Non era un bel matto?
Quante volte però, non molto tempo di poi, all'orecchio dell'ufficiale dovevan tornare quelle parole: «Io con la quiete non posso dormire».