SCENA SECONDA

Emone, Antigone, Creonte

Guardie

Emone

Al palco? Arresta...

Antigone

Oh vista!... Or, guardie, or vi affrettate; a morte

strascinatemi. Emon,... lasciami;... addio.

Emone

Trarla oltre più nessun di voi si attenti.

Creonte

E che minacci, ove son io?...

Emone

Deh padre !...

Così tu m’ami? così spendi il giorno

concesso a lei?...

Creonte

Precipitar vuol ella;

negargliel posso?

Emone

Odi; oh! non sai? ben altro

a te sovrasta inaspettato danno.

D’Atene il re, Tesèo, quel forte, è fama

che a Tebe in armi ei vien, degli insepolti

vendicatore. A lui ne andar le Argive

vedove sconsolate, in suon di sdegno

e di pietà piangenti. Udia lor giuste

querele il re: l’urne promesse ha loro

degli estinti mariti; e non è lieve

promettitor Tesèo. – Padre, previeni

l’ire sue, l’onta nostra. A te non chieggio

che t’arrendi al timor; bensì ti stringa

pietà di Tebe tua: respira appena

l’aure di pace; ove a non giusta guerra

correr pur voglia in favor tuo, qual prode

or ne rimane a Tebe? I forti, il sai,

giaccion, chi estinto in tomba, e chi mal vivo

in sanguinoso letto.

Creonte

A un timor vile

mi arrendo io forse? a che narrar perigli

lontani, o dubbj, o falsi? A me finora

Tesèo, quel forte, non chiedea pur l’urne

de’ forti d’Argo; e non per anco io darle

negato gli ho: pria ch’ei le chiegga, io forse

suo desir preverrò. Sei pago? Tebe

riman secura; io non vo’ guerra. – Or, lascia,

che al suo destin vada costei.

Emone

Vuoi dunque

perder tuo figlio tu?... Ch’io sopravviva

a lei, né un giorno, invan lo speri. È poco

perdere il figlio; a mille danni incontro

tu vai. Già assolta è Antigone; l’assolvi

tu col disfar tua legge. A tutti è noto

già, che a lei sola il laccio vil tendesti.

La figlia amata de’ suoi re su infame

palco perir, Tebe vedria? di tanto

non lusingarti. Alte querele, aperte

minacce, ed armi risuonar già s’ode;

già dubbio...

Creonte

Or basta. – Sovra infame palco,

poiché nol vuoi, Tebe perir non vegga

la figlia amata de’ suoi re. – Soldati,

la notte appena scenderà, che al campo,

là dove giaccion gl’insepolti eroi,

costei trarrete. Omai negar la tomba

più non dessi a persona: il gran Tesèo

mel vieta: abbiala dunque, ella, che altrui

la diè; nel campo l’abbia: ivi sepolta sia,

viva...

Emone

Oh ciel! che sento? A scherno prendi

uomini e Dei così? Versar qui pria

tutto t’è d’uopo del tuo figlio il sangue.

Viva in campo sepolta? Iniquo;... innanzi

estinto io qui; ridotto in cener io...

Antigone

Emon, dell’amor mio vuoi farti indegno?

Qual ch’egli sia, t’è padre. A fera morte

già, fin dal nascer mio, dannata m’ebbe

il mio destino: or, che rileva il loco,

il tempo, il modo, ond’io morrò?...

Creonte

Ti opponi

indarno; ah! cessa: lei salvar non puoi,

né a te giovare... Un infelice padre

di me farai; null’altro puoi...

Emone

Mi giova

farti infelice, e il merti, e il sarai; spero.

Il trono iniquo por ti fa in non cale

di re, di padre, d’uomo, ogni più sacro

dovere omai: ma, più tu il credi immoto,

più crolla il trono sotto al rio tuo piede.

Tebe appien scerne da Creonte Emone...

V’ha chi d’un cenno il mal rapito scettro

può torti: – regna; io nol darò; ma, trema,

se a lei...

Antigone

Creonte, or si t’imploro; ah! ratto

mandami a morte. Oh di destino avverso

fatal possanza! a mie tante sventure

ciò sol mancava, ed al mio nascer reo,

che instigatrice all’ira atroce io fossi

del figlio contro al padre!...

Emone

Or me si ascolti,

me sol, Creonte: e non di Atene il ferro,

né il re ti mova; e noti di donne preghi,

né di volgo lamenti: al duro tuo

core discenda or la terribil voce

di un disperato figlio, a cui tu stesso

togli ogni fren; cui meglio era la vita

non dar tu mai; ma, che pentir può farti

di un tal don, oggi.

Creonte

Non è voce al mondo,

che basti a impor legge a Creonte.

Emone

Al mondo

brando v’ha dunque, che le inique leggi

può troncar di Creonte.

Creonte

Ed è?

Emone

Il mio brando.

Creonte

Perfido. – Insidia i dì paterni; trammi

di vita, trammi; osa; rapisci, turba

il regno a posta tua... Son sempre io padre

di tal, che omai figlio non mi è. Punirti

non so, né posso: altro non so, che amarti,

e compianger tuo fallo... Or di’; che imprendo,

che non torni a tuo pro? Ma, sordo, ingrato

pur troppo tu, preporre ardisci un folle,

e sconsigliato, e non gradito amore,

alla ragione alta di stato, ai dritti

sacrosanti del sangue...

Emone

Oh! di quai dritti

favelli tu? Tutto sei re: tuo figlio

non puoi tu amare: a tirannia sostegno

cerchi, non altro. Io, di te nato, deggio

dritto alcuno di sangue aver per sacro?

A me tu norma, in crudeltà maestro

tu sol mi sei; te seguo: ove mi sforzi,

avanzerotti; io ’l giuro. – Havvi di stato

ragion, che imprenda iniquitade aperta,

qual tu disegni? Bada; amor, che mostri

a me così, ch’io a te così nol renda...

Delitti, il primo costa; al primo, mille

ne tengon dietro, e crescon sempre; – e il sai.

Antigone

Io t’odio già, s’oltre prosiegui. Ah! pria

d’essermi amante, eri a Creonte figlio:

forte, infrangibil, sacro, e il primo sempre

d’ogni legame. Pensa, Emon, deh! pensa,

che di un tal nodo io vittima pur cado.

Sa il ciel, s’io t’amo; eppur tua man rifiuto,

sol perché meco non si adirin l’ombre

inulte ancor de’ miei. La morte io scelgo,

la morte io vo’, perché il padre infelice

dura per lui non sopportabil nuova

di me non oda. – Ossequïoso figlio

vivi tu dunque a scellerato padre.

Creonte

Il suo furor meglio soffrir poss’io,

che non la tua pietà. – Di qui si tolga. –

Vanne una volta, vanne. Il sol tuo aspetto

fa traviare il figliuol mio. – Nell’ora

ch’io t’ho prefissa, Eurimedonte, in campo

traggasi; e v’abbia, anzi che morte, tomba.

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