SCENA SECONDA

Almachilde, Romilda, Ildovaldo.

Romil.

Oh ciel! con lui chi veggo? -

Oh miei delusi voti! alla non tua

regal corona anco l'alloro intessi?

Palma oggi ottiene il tradimento? - E l'abbia. -

Ma tu, guerrier di generosi spirti,

Ildovaldo, perché l'alta tua possa

spendi a pro di costui? virtú cotanta

dovea mai farsi a tanta infamia scudo?

Almac.

Dunque, o ver me non mai placabil donna,

non v'ha forza di tempo, o d'opre modo,

che un cotal poco rammollisca, o acqueti

l'ira tua giusta? A te Ildovaldo il dica,

com'io nel campo ricercai la morte,

ei che a morte mi tolse. - Ah! mal ti prese

pietá di me: morire io lá dovea,

poiché qui offende il vincer mio. - Ma il cielo,

che del mio cor sa l'innocenza, (ah, pura

fosse cosí mia destra!) il ciel fors'oggi

non diemmi invan lustro, e vittoria, ov'io

morte cercai.

Ildov.

Non mi accusar, Romilda,

d'aver pugnato. A vendicar tuo padre

Clefi coll'armi non veniva in campo;

distruggitor del trono ad alta voce

ei s'appellava; io combattea pel trono.

Romil.

O in libertade questa oppressa gente

Clefi ridur, com'ei dicea, volesse,

o per se regno; ad ottener suo intento

mezzi adoprava assai men vili ognora,

di chi l'ottenne pria. Da prode, in campo,

alla luce del sole, ei l'armi impugna:

e, s'era pur destin, che sul paterno

vuoto mio soglio usurpator salisse,

dovea toccare al piú valente almeno.

Almac.

Codardo me v'ha chi nomare ardisca?

Ad assalire il trono altri mostrossi

piú forte mai, ch'oggi a difenderl'io?

Mai non perdoni tu? l'error, ch'io feci

mio mal grado, (il san tutti) io solo il posso

forse emendare; io, sí. Dolce mi fia

renderti ben per male: ho col mio sangue

difeso intanto il vuoto soglio; è tuo

il soglio, il so; mai non l'oblio, tel giuro.

Per quanto è in me, giá lo terresti. Il preme

Rosmunda, ed è...

Romil.

Contaminato soglio,

di tradimenti premio, altri sel tenga;

Rosmunda il prema, ella con te n'è degna. -

Ma, se pur finto il tuo pentir non fosse;

se a generosi detti opre accordarsi

potesser poi d'alma giá rea; mi ottieni,

non regno, no, dalla crudel madrigna;

sol di me stessa ottieni a me l'impero.

Libera vita io chieggo; o morte io chieggo.

Quasi appien giá nel mio svenato padre

non avess'ella sfogata sua rabbia,

l'empia Rosmunda, or per piú strazio darmi,

in vita vuolmi, e ad Alarico sposa.

Ildov. Che ascolto?
Almac.

Odi, Ildovaldo? ah! per te il vedi,

s'io con ragion teco era in dubbio...

Ildov.

Sposa

del barbaro Alarico?

Almac. Ah! no...
Romil.

Promessa

ad Alarico; ed in mercede io 'l sono

dei non prestati ajuti: hanne sua fede

impegnata colei, che il regno e il padre

mi ha tolto: e a patto nullo omai sua fede

tradir (chi 'l crederia?) non vuol Rosmunda.

Deggio al novello sole irne a tai nozze:

ma il nuovo sol me non rischiara ancora. -

Deh! se men d'essa iniquo esser tu puoi;

s'egli è pur mio destin, ricorrer oggi

all'uccisor del padre mio; deh! tenta

di opporti almen...

Almac.

Ch'io tenti? io ben ti giuro,

che non v'andrai.

Ildov.

Per questo brando io 'l giuro.

Mi udrá Rosmunda...

Romil. Ecco; ella vien nell'ira.

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