SCENA II.

Gionata e David.

GIONATA

Oh! qual voce mi suona? Odo una voce,

Cui del mio cor nota è la via.

DAVID

Chi viene?...

Deh, raggiornasse! Io non vorrìa mostrarmi,

Qual fuggitivo...

GIONATA

Olà. Chi sei? Che fai

D'intorno al regio padiglion? Favella.

DAVID

Gionata parmi... Ardir. – Figlio di guerra,

Viva Israël, son io. Me ben conosce

Il Filisteo.

GIONATA

Che ascolto? Ah! David solo

Così risponder può.

DAVID

Gionata...

GIONATA

Oh cielo!

David,... fratello...

DAVID

Oh gioja... A te...

GIONATA

Fia vero?...

Tu in Gelboè? Del padre mio non temi?

Io per te tremo; oimè!...

DAVID

Che vuoi? La morte

In battaglia, da presso, mille volte

Vidi, e affrontai: davanti all'ira ingiusta

Del tuo padre gran tempo fuggii poscia:

Ma il temer solo è morte vera al prode.

Or, più non temo io, no: sta in gran periglio

Col suo popolo il re: fia David quegli,

Che in securtade stia frattanto in selve?

Ch'io prenda cura del mio viver, mentre

Sopra voi sta degli infedeli il brando?

A morir vengo; ma fra l'armi, in campo,

Per la patria, da forte; e per l'ingrato

Stesso Saùl, che la mia morte or grida.

GIONATA

Oh di David virtù! D'Iddio lo eletto

Tu certo sei. Dio, che t'inspira al core

Sì sovrumani sensi, al venir scorta

Dietti un angiol del cielo. – Eppur, deh! come

Or presentarti al re? Fra le nemiche

Squadre ei ti crede, o il finge: ei ti dà taccia

Di traditor ribelle.

DAVID

Ah! ch'ei pur troppo,

A ricovrar de' suoi nemici in seno

Ei mi sforzava. Ma, se impugnan essi

Contro lui l'armi, ecco per lui le impugno,

Finchè sian vinti. Il guiderdon mio prisco

Men renda ei poscia; odio novello, e morte.

GIONATA

Misero padre! Ha chi l'inganna. Il vile

Perfid'Abner, gli sta, mentito amico,

Intorno sempre. Il rio demon, che fero

Gl'invasa il cor, brevi di tregua istanti

Lascia a Saulle almen; ma d'Abner l'arte

Nol lascia mai. Solo ei l'udito, ei solo,

L'amato egli è: lusingator maligno,

Ogni virtù che la sua poca eccede,

Ei glie la spinge e mal secura, e incerta.

Invan tua sposa ed io, col padre...

DAVID

Oh sposa!

Oh dolce nome! Ov'è Micol mia fida?

M'ama ella ancor, mal grado il padre crudo?

GIONATA

Oh! s'ella t'ama?... È in campo anch'essa...

DAVID

Oh cielo!

Vedrolla? Oh gioja! Or, come in campo?...

GIONATA

Il padre

Ne avea pietade; al suo dolor lasciarla

Sola ei non volle entro la reggia: e anch'ella

Va pur porgendo a lui qualche sollievo,

Benchè ognor mesta. Ah! la magion del pianto

Ella è la nostra, da che tu sei lungi.

DAVID

Oh sposa amata! A me il tuo dolce aspetto

Torrà il pensier d'ogni passata angoscia;

Torrà il pensier d'ogni futuro danno.

GIONATA

Ah, se vista l'avessi!... Ebbeti appena

Ella perduto, ogni ornamento increbbe

Al suo dolor: sul rabbuffato crine

Cenere stassi; e su la smunta guancia

Pianto e pallore; immensa doglia muta,

Nel cor tremante. Il dì, ben mille volte,

Si atterra al padre; e fra i singhiozzi, dice:

«Rendimi David mio; tu già mel desti.»

Quindi i panni si squarcia; e in pianto bagna

La man del padre, che anch'egli ne piange.

E chi non piange? – Abner, sol egli; e impera,

Che tramortita come ell'è, si strappi

Dai piè del padre.

DAVID

Oh! vista! Oh; che mi narri?

GIONATA

Deh! fosse pur non vero!... Al tuo sparire,

Pace sparì, gloria, e baldanza in armi:

Sepolti sono d'Israello i cori;

Il Filisteo, che già fanciullo apparve

Sotto i vessilli tuoi, fatto è gigante

Agli occhi lor, da che non t'han più duce:

E minacce soffriamo, e insulti, e scherni,

Chiusi nel vallo, immemori di noi.

Qual maraviglia? Ad Israello a un tempo

Manca il suo brando, ed il suo senno, David.

Io, che già dietro ai tuoi guerrieri passi

Non senza gloria iva nel campo, or fiacca

Sento al ferir la destra. Or, che in periglio,

A dura vita, e da me lungi io veggo

Te, David mio, sì spesso; or, più non parmi

Quasi pugnar pel mio signor, pel padre,

Per la sposa, pe' figli: a me tu caro,

Più assai che regno, e padre, e sposa, e figli...

DAVID

M'ami, e più che nol merto: ami te Dio

Così...

GIONATA

Dio giusto, e premiator non tardo

Di virtù vera; egli è con te. Tu fosti

Da Samuël morente in Rama accolto;

Il sacro labro del sovran profeta,

Per cui fu re mio padre, assai gran cose

Colà di te vaticinava: il tuo

Viver m'è sacro, al par che caro. Ah! soli

Per te di corte i rei perigli io temo;

Non quei del campo: ma, d'intorno a queste

Regali tende il tradimento alberga

Con morte: e morte, Abner la dà; la invia

Spesso Saulle. Ah! David mio, t'ascondi;

Fintanto almen che di guerriera tromba

Echeggi il monte. Oggi, a battaglia stimo

Venir fia forza.

DAVID

Opra di prode vuolsi,

Quasi insidia, celar? Saùl vedrammi

Pria dei nemico. Io, da confonder reco,

Da ravveder qual più indurato petto

Mai fosse, io reco; e affrontar pria vo' l'ira

Del re, poi quella dei nemici brandi. –

Re, che dirai, s'io, qual tuo servo, piego

A te la fronte? Io di tua figlia sposo,

Che di non mai commessi falli or chieggo

A te perdono; io difensor tuo prisco,

Ch'or nelle fauci di mortal periglio

Compagno, scudo, vittima, a te m'offro. –

Il sacro vecchio moribondo in Rama,

Vero è, mi accolse; e parlommi, qual padre:

E spirò fra mie braccia. Egli già un tempo

Saulle amava, qual suo proprio figlio:

Ma qual ne avea mercede? Il veglio sacro,

Morendo, al re fede m'ingiunse e amore,

Non men che cieca obbedïenza a Dio.

Suoi detti estremi, entro il mio cor scolpiti

Fino alla tomba in salde note io porto.

«Ahi misero Saùl! Se in te non torni,

«Sovra il tuo capo altissima ira pende.»

Ciò Samuël diceami. – Te salvo

Almen vorrei, Gionata mio, te salvo

Dallo sdegno celeste: e il sarai, spero:

E il sarem tutti; e in un Saùl, ancora

Può ravvedersi. – Ah! guai, se Iddio dall'etra

Il suo rovente folgore sprigiona!

Spesso, tu il sai, nell'alta ira tremenda

Ravvolto egli ha coll'innocente il reo.

Impetüoso, irresistibil turbo,

Sterpa, trabalza al suol, stritola, annulla

Del par la mala infetta pianta, e i fiori,

Ed i pomi, e le foglie.

GIONATA

– Assai può David

Presso Dio, per Saùl. Te ne' miei sogni

Ho visto io spesso, e in tal sublime aspetto,

Ch'io mi ti prostro a' piedi. Altro non dico;

Nè più dèi dirmi. Infin ch'io vivo, io giuro

Che a ferir te non scenderà mai brando

Di Saùl, mai. Ma, dalle insidie vili...

Oh ciel!... come poss'io?... Qui, fra le mense,

Fra le delizie, e l'armonia del canto,

Si bee talor nell'oro infido morte.

Deh! chi ten guarda?

DAVID

D'Israële il Dio,

Se scampar deggio; e non intera un'oste,

Se soggiacer. – Ma dimmi: or, pria del padre,

Veder poss'io la sposa? Entrar non debbo

Là, fin che albeggi...

GIONATA

E fra le piume aspetta

Fors'ella il giorno? A pianger di te meco

Viene ella sempre innanzi l'alba; e preghi

Porgiam qui insieme a Dio, per l'egro padre. –

Ecco; non lungi un non so che biancheggia:

Forse, ch'ella è: scóstati alquanto; e l'odi:

Ma, se altri fosse, or non mostrarti, prego.

DAVID

Così fàrò.

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