[139] AL MEDESIMO

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Posdammo, 24 aprile 1751.

Moltissimo mi piace che quanto ho detto nella ultima mia, abbia avuto il suggello della approvazion sua. Quelle osservazioni fatte dal signor Vitaliano Donati lungo la costa della Dalmazia, ch’ella accenna in confermazione di quanto ha trovato il Manfredi a Ravenna, le ho potuto novellamente veder anch’io, avendomene fatta copia il Maupertuis, a cui son dedicate. In Lissa, in Dielo, a Zara e in parecchi altri luoghi il comune del mare è presentemente più alto che non è il piano terreno di antichissime fabbriche, le quali, perchè avessero i debiti scoli, e non fossero ad abitar mal sane, saranno state senza dubbio, da chi le edificò, piantate molto al di sopra di esso comune. E tali fabbriche essendo piantate nel sasso vivo, di cui è formata tutta quella spiaggia, non si può dire che abbiano ceduto nè meno un pelo. Con che vengono a rendersi più luminose ancora e più stringenti le osservazioni fatte a Ravenna, a Venezia ed anche a Viareggio dal nostro Zendrini del crescere che fa del continuo il livello delle acque marine; cosa dice il medesimo Zendrini che non fu ignota a’ nostri periti del secolo decimosesto, e ne [140] parlò formalmente l’ingegnere Sabbadini, che molto scrisse e molto osservò nel circondario delle venete lagune.

Ma che dirà ella, signor marchese, se in mezzo a tanto lume di osservazioni salta su chi asserisce positivamente il contrario? E non dico io già di quelli che, come il Maillet, cavano uno argomento del calare che fa il livello del mare, dal ritirarsi che esso fa in alcuni luoghi; chè costoro sono abbastanza confutati dal fatto di Ravenna, dove, per via di livellazioni certissime, pur sappiamo che dal tempo dello imperadore Teodosio in qua il mare si è alzato di parecchi piedi; e ciò non ostante se ne è ritirato a segno, che dove Ravenna era un porto, ricetto dell’armata romana, si trova presentemente esser lontana dal mare per lo spazio di due o tre miglia. Il moto litorale che porta le arene de’ fiumi della Romagna verso la bocca dell’Adriatico, è cagione principalissima di quella gran colmata che si è venuta formando tra Ravenna ed il mare. E lo stesso a un dipresso è da dirsi della bassa Egitto, o del Delta, formato dalle alluvioni del Nilo. Di simili cose, come io le diceva, non parlo. Io intendo parlare di un matematico svezzese il quale pretende avere osservazioni certissime che il pelo delle acque del Baltico, e delle acque medesimamente di quel seno dell’oceano che bagna da ponente la Svezia, vada calando del continuo. E tal calo non è già in ragione di un mezzo piede in 348 anni, come è il ricrescimento del Manfredi, ovvero di un piede al secolo, come è [141] quello dell’Hartsoeker; è in ragione di una oncia l’anno, che sarebbe più di otto piedi in cento anni. Cosicchè ella vede che non andrà gran tempo che il Baltico, che non è mar di gran fondo, resterà a secco, e da Stralsunda a Stockolm si correranno le poste. Le osservazioni, sopra cui è fondata tal nuova asserzione, sono nomi di stretto, d’isola, e simili; grosse anella di ferro ed ancore che trovansi dentro terra; fondi d’acqua più bassi che altre volte non erano; bonificazioni varie fatte sulla marina: e le più decisive sono scogli che a memoria de’ vecchi del paese erano già a fior d’acqua, ed ora hanno alzata la testa, e di parecchi piedi signoreggiano il mare.

Alcuni ci sono, a’ quali ho udito sostenere che l’acqua de’ mari verso il norte dee calare del continuo, mentre ha da ricrescer l’acqua de’ mari posti verso il mezzodì. E ciò per la ragione, dicon essi, della forza centrifuga, che da noi essendo maggiore che in Svezia, ha anche da far ricorrer l’acqua dalla nostra banda; onde la terra si stiacci verso il polo, e abbia il colmo sotto la linea. Ma non fanno considerazione costoro come ciò dovette succedere da principio, quando incominciò la terra a rotare intorno a sè medesima; e poco tempo dipoi si equilibrò ogni cosa; ed essa si conformò in quella figura di sferoide che costantemente ritiene.

Più sottili di assai sono gli Svezzesi, i quali sostengono che l’acqua, generalmente parlando, tanto dalla banda di mezzodì, quanto di settentrione ha nel nostro globo da calare. Ed hanno per essoloro l’autorità del gran Neutono. [142] Nel libro terzo dei Principj egli dice, come dei vegetabili tutti solo alimento è l’acqua; per essa nascono, crescono per essa, per essa fruttificano. Morti che sono, non tornano già del tutto a risolversi in acqua; ma buona parte di loro sostanza per via della putrefazione, divien terra. Ond’è che la parte terrea del globo va crescendo di dì in dì, e la parte acquea calando per lo contrario. E già verrebbe al niente, se le code delle comete rarefatte allo infinito, egli aggiunge, e per lo universo cielo isperse, non cadessero a poco a poco ne’ pianeti, recando vapori alle loro atmosfere, e nuovo umidore a’ lor mari. Ecco adunque come l’acqua, per forza della vegetazione continua, va scemando; cosa che tanto va a sangue ad alcuni ch’ e’ non fanno difficoltà di credere che que’ maravigliosi strati di testacei impietriti e di fossili marini che si trovano su per li monti, non sieno altrimenti, come altri spiritosamente disse, medaglie del diluvio, ma con assai chiarezza mostrino un letto di mare divenuto ora secco, a cagione del ritiramento e abbassamento delle acque.

Che cosa conchiuderemo da tutto questo, signor marchese? Io per me non dubito che ella non sia per l’alzamento della superficie del mare. Troppo chiare ne sono le dimostrazioni; e a petto ad esse non fanno gran forza le tradizioni vaghe, le congetture, le speculazioni sullo stato primevo della terra, anche le più ingegnose e le più belle. Tanto più che nell’oceano abbiamo le osservazioni dell’Hartsoeker ripugnanti del tutto a quelle degli Svezzesi; e [143] quanto al Baltico vogliono per contrario alcuni altri osservatori delle cose naturali, che il mare, ricrescendo di livello, siasi ficcato tra il territorio di Rugen e il Continente, il che non era ne’ tempi addietro.

E per maggior confermazione di tal verità le potrei anche aggiungere che trovandomi io questi passati giorni con un dotto gentiluomo inglese, e caduto sopra tali cose il discorso, egli mi assicurò che avendo per qualche tempo dimorato nella isola di Capréa famosa per la purità del cielo e per la impurità di Tiberio, avea osservato come in uno antico edifizio romano piantato sulla riva del mare, le acque aveano già vinto il piano terreno di esso, e ne inondavano tutta la parte da basso.

Che se dubbio alcuno rimaner potesse mai intorno alla presente quistione, niuno letterato potrà meglio deciderla, quanto la imperadrice delle Russie. Signora di parte del Caspio e del Baltico, e di un gran tratto dell’oceano glaciale, ella può comandare a’ suoi Accademici che vi prendano quelle sperienze che dinanzi almeno a’ nostri nipoti pongano la cosa nel maggior lume della evidenza. E non sarà questa la sola gran quistione di fisica che avrà sciolto la Russia. Per essa egli è oramai fuori di controversia che la nuova Zembla è isola veramente, che la costa dell’Asia corre bensì lunghissimo tratto per levante verso l’America, ma a quella non si congiugne. Tra l’Asia e l’America vaneggia uno stretto, diremo con Dante, per cui le nostre navi potranno anche un giorno andare alle Indie orientali, se, [144] giusta l’avviso del Maupertuis e del Maclaurin, saranno ardite di tanto da lasciare da lungi le coste della Zembla, tirar verso il polo, dove il mare è libero di diacci e larghissimo, e di là imboccare per levante il mare del sud, che per quello stretto riesce nel glaciale.

Ella mi ami, e mi creda, ec.

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