Ospite sempre memore, io son Gorgo
e l’odor delle Cicladi vien meco.
Tutte l’uve e le spezie, ecco, ti reco
in questo lino aereo d’Amorgo.
Glauco, e ti reco il vin di Chio nell’otro,
quel che bevesti un dí sul tuo fasèlo,
quel che in argilla si facea di gelo
pendula a soffio di ponente o d’ostro.
E una corona d’ellera e di gàttice
ti reco, per un’ode che mi piacque
di te, che canta l’isola di Progne.
Io voglio, nuda nell’odor del màstice,
danzar per te sul limite dell’acque
l’ode fiumale al suon delle sampogne.