Glauco di Serchio, m’odi. Io, Nicarete
le canne con le lenze e gli ami sgombri
che non preser già mai barbi nè scombri
t’appendo alla tua candida parete.
E t’appendo le nasse anco, e la rete
fallace con suoi sugheri e suoi piombi
che non pescò già mai mulli nè rombi
ma qualche fuco e l’alghe consuete.
Amaro e avaro è il sale. O Glauco, m’odi.
Prendimi teco. Evvi una bocca, parmi,
sinuosa nell’ombra de’ miei búccoli.
Teco andare vorrei tra lenti biodi
e coglier teco per incoronarmi
l’ibisco che fiorisce a Massaciúccoli