I «LORDS» E LE «LADIES» DI CIOCCOLATTO

Dal 1665 – data dell'occupazione della Giamaica da parte di Cromwell – ad oggi gli inglesi hanno stilizzato l'isola in tutti i versi ed in tutti i modi, fino a far raggiungere ai giamaichini quel punto ideale che nel pensiero britannico è lo standard del perfetto suddito color cioccolatto.

Col fiorire della potenza degli Stati Uniti e di tutta l'evoluzione delle Americhe gli inglesi si sono messi di puntiglio per fare in Giamaica le cose a modino; non solamente per mostrare agli americani la bontà dei metodi civilizzatori britannici, ma anche per evitare che i giamaichini sentissero invidia dei loro consanguinei che si fanno linciare negli Stati Uniti o di quelli delle vicine repubbliche di Haiti e di Cuba che hanno l'illusione di credersi indipendenti e perfettamente eguali agli uomini di razza bianca.

Benchè l'isola di Giamaica sia solo un piccolo angolo dell'impero essa è un eccellente documento della mentalità coloniale britannica e può esserne anzi considerata una specie di campione. Infatti in Giamaica il colonialismo inglese ha avuto modo di applicare in pieno i suoi sistemi. Ambiente isolato e chiuso che non risente influenze esterne, che non ha dighe religiose, che non subisce affinità storiche nè etniche, la Giamaica è una pasta cedevole nella quale l'Inghilterra ha modellato l'esemplare della perfetta colonia abitato dal prototipo del perfetto suddito di colore.

L'isola intera è lavata, pettinata, bellamente accomodata all'inglese, con innumerevoli strade linde e carrozzabili, con numerosi orti botanici e parchi pubblici, con comode ferrovie che rispettano gli orari e le distinzioni di colore, con cittadine ben messe ognuna delle quali ha la sua brava stazione di pompieri ed il suo campo di golf, con villaggetti puliti nei quali non mancano poliziotti imponenti con l'uniforme nè chiesette gotiche con un biondo pastore dagli occhi cilestrini. Benchè la maggioranza dei neri siano cattolici – unica traccia della primitiva dominazione spagnuola – tutte le chiese d'Inghilterra sono rappresentate nell'isola, come in una esposizione, da un vescovo od almeno da un clergyman che nella peggiore delle ipotesi possiede una chiesetta, un giardino, un campo di tennis ed un armonium.

Duecento cinquanta anni di dominazione inglese hanno trasformato l'antico schiavo delle piantagioni antillane – originario del Senegal, del Dahomey e del Congo – in un essere amorfo che parla inglese, che mangia tartine imburrate, che beve whisky an soda, niente soda e molto whisky), che giuoca il foot-ball, che osserva il week end, che si rasa quotidianamente, legge la Bibbia, idolatra il principe di Galles e si rovina per il Gran Derby. E siccome i neri posseggono indubitatamente, come le scimmie, una grande capacità di imitazione, hanno finito per copiare gli inglesi in tutti i loro gesti e le loro smorfie, così che il vagabondaggio per le strade di Kingston o di Sant'Antonio è uno dei più spassosi spettacoli che possa capitare sotto gli occhi di un giramondo e bisogna veramente avere una discreta dose di dispiaceri e di grattacapi per non sentirsi irresistibilmente di buon umore in questa isola di cercopitechi parlanti che sono più britannici del più britannico dei sudditi di re Giorgio!

Il fondo della gente resta irrimediabilmente africano, ma le generazioni hanno accumulato sul nocciolo originario una serie di spessi strati di vernice – solide pitture inglesi all'olio di lino – che fanno rassomigliare ogni classe giamaichina all'analoga classe inglese nelle sue forme esteriori di vita, nelle sue intransigenze, nei suoi pregiudizi, nel suo rigido conservatorismo. A volte avete perfino l'impressione di trovarvi in un paese dell'Inghilterra, durante il periodo del Carnevale, in un giorno in cui tutti i cittadini hanno deciso di mascherarsi da zulù e cercano goffamente di imitare i selvaggi dell'Africa, senza riuscire però a perdere quell'indefinibile quid che è l'essenza delle razze civili di Europa! Ed in questo modo potete spiegarvi come mai un tizio, che ha tutta l'aria di un clerk di banca o di un funzionario del Public Service, dimentichi d'un tratto la sua buona educazione per abbandonarsi ad una vigorosa grattata o ad una lunga esplorazione nei misteri delle fosse nasali.

Se è l'epoca del turismo – da ottobre ad aprile – i rari bianchi che incontrate nelle strade e nei negozi, contribuiscono alla vostra convinzione di essere in carnevale, giacchè l'attività del Giamaica Turist Office snida dagli angoli più remoti del Canadà e delle isole britanniche una torma di vecchie zitelle e di stagionati possidenti i quali sono rimasti fedeli alle gonne lunghe ed ai borsettoni ricamati delle nostre bisavole, ai fazzoletti a quadri ed ai pantaloni a righe dei nostri antenati.

Da questi esemplari, gli eccellenti neri copiano i loro vestiti d'etichetta e le loro toilettes da festa, così che sovente una piazza è rallegrata dalla macchietta impagabile di un nero in tuba e stiffelius o dal graziosissimo insieme di una matrona d'ebano con la cintura all'altezza delle mammelle e con tre penne di struzzo infilate in un cappellino del 1900.

Ragazze nere o color cioccolatto, oleograficamente vestite da missis, rinforzate dagli occhiali a stanghetta, impeccabilmente ammaestrate nelle Girl's School dell'isola, sbrigano nei negozi gli avventori con meccanica rigidità britannica, strascicando le cadenze degli yes, secondo il più smanierato dei vezzi londinesi e se per caso vi tradite per straniero, rischiate di esser trattato con quel sussiego tra il freddo e lo sprezzante che ogni buon inglese riserva per le minestre ed i cittadini di un altro paese.

Spesso nei trams l'eco di una conversazione vi fa volgere istintivamente il capo indietro, per guardare chi siano i due lords o le due ladies che condividono democraticamente con voi il pubblico carrozzone e che si raccontano cerimoniosamente i pettegolezzi della vita mondana. E sentite quasi disappunto nel vedere due faccioni di gorilla coi denti d'oro e le orecchie a sventola o nel constatare che le due aristocratiche dame sono solamente due enormi nere vestite di pizzi bianchi che rispondono al vostro sguardo con un largo sorriso delle loro grosse labbra color melanzana.

Attraverso le finestre aperte delle caserelle di legno non intravvedete che homes del più standardizzato stile inglese e sentite insieme all'odore dei puddings l'eco di un piano martellato britannicamente che accompagna un Good by, my dear!

A volte una gran fanfara di tamburi e di pifferi intorno a cui s'accalca una torma di uomini e di donne vi fa tirare un sospiro di sollievo! Finalmente! Ecco l'Africa originaria! Ecco un tam-tam dei boschi! Ma se vi avvicinate vi accorgete che si tratta solo di una suffragetta che catechizza le sue consorelle al cromo o di una propagandista dell'esercito della salute che legge con gli occhi spiritati un passo della Bibbia e tuona contro la perdizione spirituale del secolo.

La smania imitatrice dei neri – una vera seconda natura – non si limita solo alle forme esteriori della vita ma copia in profondità anche le più sottili sfumature del modo di agire e di pensare degli inglesi. Col calar del sole e coll'accendersi dei globi elettrici, Kingston assume quell'aspetto fra il patriarcale e l'evangelico che è proprio delle borgate inglesi, ma se spingete la porta socchiusa di un bar o di una Pension House trovate i lords color cioccolatto ed i sirs di liquerizia che s'ubriacano di rhum e di whisky dietro il paravento quacchero del muro e lo schermo puritano della porta chiusa. Essi sanno all'occasione rovesciare le tavole ed improvvisare combattimenti di pugilato com'è buona buona usanza dei loro maestri e padroni quando l'alcool li priva del self control nazionale.

Via via che uno frequenta le classi più elevate vede farsi più impressionante e più dispotica questa smania imitativa. I salotti v'offrono fior di missis alle quali basterebbe sbiancare il nero dell'epidermide per dar loro un passaporto europeo. Ma è un nero terribile che resiste a tutti i saponi. L'unica speranza dei giamaichini è che un Voronoff provi l'innesto nei neri di una glandola di bianco. Ma come fare poi a trovare le glandole?

La questione del colore è il perno dell'alta vita sociale giamaichina, intorno al quale turbinano quotidianamente migliaia di farse e si sbriciolano migliaia di piccoli drammi. L'opportunità politica e l'interesse commerciale consentono certi piccoli strappi all'intransigenza dei bianchi e queste cosuccie formano la suprema ambizione di innumerevoli famiglie color caffè e caffelatte. L'invito ad un pranzo o ad un ballo può essere l'obiettivo di una intera esistenza, la ragion d'essere di tutta una vita di controllo e di sacrifizio.

V'è una complessa araldica locale nella quale le particelle di nobiltà sono rappresentate dalle particole di sangue bianco che scorrono nelle vene della tale o tal altra famiglia, eredità magari di un marinaio ubbriaco o di un ospite di un penitenziario della Guiana, ma che equivale in pratica al sangue di un Nothumberland o di un Torlonia. Per avere un'idea della minuzia di questa araldica, basti dire che le particole di sangue bianco possono arrivare in un incrocio ripetuto fino a 166 e che ad ognuna di queste cento sessantasei parti corrisponde un gradino della scala sociale che separa il nero dal bianco. Otto sono le categorie fondamentali: il nero, il mulatto, il quarto, il grifo, il quarterone, il mescolato, il creolo, il bianco. Ed ognuno di questi casellari ha un blocco di schede suddivisorie. Eserciti di zii e di suocere dosano attentamente i matrimoni per non indietreggiare d'un pelo nella terribile graduatoria, in cima alla quale sorride il bambolone latte e rosa della inesorabile razza bianca.

Solo i pacifici ed eccellenti neri della campagna si infischiano di queste quisquilie cittadine e pensano a far pupattoli di celluloide scura, a maggior gloria del Signore ed a maggior ricchezza dei piantatori britannici che spremono fior di milioni dal fertile grembo dell'isola meravigliosa.

La grande burattinaia Inghilterra può essere fiera della sua fabbrica di marionette della Giamaica. Non ne esiste una migliore in nessuna parte del mondo.

Quanto al grosso problema delle anime l'Inghilterra lo ha risolto a priori, negando programmaticamente e nettamente ai suoi sudditi colorati delle Antille qualsiasi parità col bianco e condannandoli ad una inferiorità perpetua che è più tassativa di un comandamento del Sinai. E questo rigido pregiudizio inglese contro l'uomo di colore – teoricamente discutibile ma praticamente esatto – ha assicurato alla Giamaica la tranquillità sociale e politica in quanto ha polarizzato tutti i pensieri e tutte le ambizioni degli isolani verso un solo scopo; quello di equipararsi più che sia possibile al bianco, distraendoli da ogni altra preoccupazione e non facendo sentir loro neppure la loro dura miseria economica, giacchè in realtà l'isola intera con tutte le sue immense ricchezze appartiene ad una diecina di Limited.

Politicamente l'isola è amministrata dal Governatore, assistito nominalmente da un Consiglio che per metà è nominato dal governo e per metà è eletto da certe categorie sociali. In fondo l'Inghilterra non ha concesso ai suoi sudditi della Giamaica nessun diritto sostanziale e si attiene in proposito alle più rigide tradizioni del Colonial Office. E se dopo tutto questo voi vi permettete di parlar male dell'ammiraglio Jellicoe o peggio ancora della principessa Mary con un qualsiasi amico nero o color cappuccino incontrato in un teatro di Kingston o di Sant'Antonio, rischiate di buscarvi, oltre ad una scarica di pugni, il più sanguinoso degli improperi: Pig stranger! (porco straniero).

A Giamaica l'Inghilterra non si tocca. E la constatazione è divertente per chi arriva dalla Guadalupa o dalla Martinica.

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