IL NIDO DEI CICLONI

Un vapore della Flotta Bianca, carico di banane di Giamaica e di cedri di Cuba per il mercato pantagruelico degli Stati Uniti, mi ha lasciato un mattino in quel chilometro quadrato di terra ferma che è l'isoletta di Swan ed ha proseguito il suo viaggio per l'Arcipelago dei coccodrilli, con la tacita promessa di ritornare a prendermi una settimana dopo.

Trovo nell'isola sette abitanti che fanno parte del personale della Compagnia, non perchè vi sia nell'isola nulla da comperare o da vendere, ma perchè la navigazione marittima internazionale ha nella microscopica Swan un osservatorio strategico di primissimo ordine, incaricato di vigilare per conto degli uomini i venti e le tempeste, di sorvegliare le collere del mare e delle nubi, di studiare la formazione dei terribili cicloni del Golfo del Messico che hanno qui uno dei loro ritrovi preferiti, di segnalarli alle stazioni metereologiche delle grandi isole e del continente.

Si tratta di un vero e proprio Comando di Stato Maggiore che è permanentemente in campagna e che ha stabilito il suo quartier generale in questo punto avanzato del fronte, in pieno territorio nemico. Lo stato di guerra è perpetuo, però vi sono due periodi dell'anno nei quali l'attività dell'avversario è più violenta: gli equinozi di primavera e gli equinozi di autunno. Allora i Bollettini del Comando di Swan seguono le operazioni di ora in ora e sono radiotelegrafati incessantemente. In quelle giornate tutti i paesi del Golfo del Messico e del Mar dei Caraibi, tutte le isole e gli arcipelaghi dell'America Centrale, tutte le navi che traversano questi mari, aspettano ansiosamente l'oracolo di Swan. L'isoletta, che nessuno ricorda durante il resto dell'anno, sperduta com'è in mezzo all'immensità del mare, lontana dalle rotte dei traffici trascontinentali e degli stessi servizi di cabotaggio, cocuzzolo scoperto di una grande piramide sottomarina, diventa per un giorno o per una settimana il formidabile centro di una porzione del mondo.

La nave si è fermata a Swan venti minuti, giusto il tempo per scaricare due casse di viveri, tre sacchi di patate, un barometro di precisione, una gabbia di galline ed il sottoscritto. Mezz'ora dopo la nave era sparita nell'infinito del mare ed io avevo fatto conoscenza con i sette personaggi: un vecchio che è custode del faro e governatore dell'isola; due metereologhi specializzati nella balistica delle nubi; un ufficiale radiotelegrafista; un secondo ufficiale radiotelegrafista che nei periodi di bonaccia è incaricato della pesca all'aragosta; una signorina che esercita la duplice funzione di dattilografa e di fidanzata del telegrafista-pescatore; infine un nero che per essere nato a Cuba si dichiara latino e che è l'uomo più occupato della baracca essendo contemporaneamente spazzino, cuoco, lavandaio e primo attor comico dell'isola di Swan.

L'isolotto appartiene a S. M. Britannica.

Sono arrivato in una settimana interessante dell'equinozio di autunno, cioè in uno di quei periodi nei quali l'isola di Swan è alla moda. C'erano diversi cicloncini in formazione tra il Banco dei Giardinetti e l'isola del Piccolo Caimano, semplici monellate di venticelli irrequieti che giuocavano al mulinello. Ventiquattr'ore dopo un vento andò in bestia ed incominciò a fare sul serio. Subito diversi altri venti persero le staffe comunicando il loro malumore al mare ed alle nuvole. Sei ore bastarono per creare una situazione pre-ciclonica che interessava mezzo golfo del Messico ed il mare dei Caraibi. La situazione si aggravò seriamente durante la notte e diventò minacciosa quando il Comando metereologico dell'Honduras comunicò al Comando di Swan che anche quel punto del fronte era entrato in attività e che una burrasca ciclonica si delineava tra il Banco di Serranilla e l'isola di Barbareta.

Il guardiano-governatore dichiarò lo stato d'assedio, il che significa la sospensione della pesca all'aragosta e la mobilitazione della dattilografa-fidanzata per i servizi di guerra. Io, come corrispondente al campo, diventai immediatamente un imbarazzo, e, tanto per fare qualche cosa, m'imboscai nei servizi di intendenza agli ordini del cuoco-lavandaio Manuel Suegra y Bustamante.

Sorse così l'alba. Nonostante io sia un profano, m'accorsi subito che le cose andavano male. Il cielo era livido e sinistro. Enormi nuvoloni bituminosi si accavallavano paurosamente intorno ad una grande nuvola apocalittica che pareva avvolta in un alone di bile fosforescente. Il mare, che di solito è in questi luoghi un sorriso di verde e di celeste, era diventato un liquido torbido e pecioso, marezzato di spuma sudicia. Soffiava un ventaccio gagliardo che ogni tanto cambiava direzione ed a volte spariva per ritornare all'improvviso più fischiante e rabbioso. Le onde s'avventavano contro il parapetto dell'isola e vi si frangevano turbinosamente con schianti ciclopici.

Verso mezzogiorno, stanco di ascoltare le chiacchiere del latino color cioccolatto e di respirare l'odore dell'agliata che stava confezionando per la popolazione dell'isola, m'azzardai ad entrare nella sede del Comando dove ebbero la compiacenza di non mandarmi via. La dattilografa-fidanzata martellava con velocità ciclonica sulla macchina da scrivere bollettini su bollettini che mediante un dispositivo meccanico salivano fulmineamente alla stazione radiotelegrafica e di là partivano per gli Stati Uniti, per il Messico, per Cuba, per Giamaica, per Portorico, per il canale di Panamá, per l'arcipelago delle Bermude.

Seria, accigliata, quasi collerica, la dattilografa-fidanzata non era più la bionda ragazzona anglosassone delle giornate di sole. Si sarebbe detto che il contenuto dei bollettini si comunicasse al suo essere e che il fluido delle tempeste penetrasse, attraverso i polpastrelli nei suoi nervi, nel suo sangue. Tirava fuori i fogli dal carrello con la velocità del lampo e tempestava sulla tastiera con furia di temporale. Il vento che entrava per le fessure della costruzione spettinava a burrasca i suoi capelli di lino maturo. Una vetrata s'aprì di botto scatenando una baraonda di fogli bianchi e di carta-carbone. Mi precipitai a chiudere la finestra. Essa alzò il capo a guardarmi e nell'incontrare i suoi occhi ebbi l'impressione di essere guardato dalle pupille di una bufera.

Incominciarono a brontolare lunghi tuoni che via via infittivano e diventavano più cupi. Due campanelli elettrici trillavano in permanenza e quel tintinnio metodico e meccanico era un'oppressione in mezzo all'atmosfera di battaglia.

Tra l'isola del Gran Caimano e l'isola del Piccolo Caimano s'era formato un ciclone che impazzava in uno stretto spazio di mare, senza riuscire a concretarsi e senza decidersi a mettersi in movimento, in modo che l'osservatorio era obbligato a dare l'allarme ad oriente e ad occidente, a nord ed a sud, senza poter precisare la direzione del movimento meteorico. Tutti i paesi del Golfo del Messico e tutte le navi in viaggio chiedevano ansiosamente notizie al Comando di Swan. I due radiotelegrafisti lavoravano in permanenza, uno a trasmettere, l'altro a ricevere. I dispacci in arrivo giungevano per via automatica alla signorina che li dattilografava e li faceva proseguire per via automatica al metereologo di turno, il quale vergava le risposte che in senso inverso ripassavano dalla signorina e salivano alla stazione radiotelegrafica.

Io ero lo spettatore della grande battaglia e mai battaglia mi parve più grandiosa di questa che gli uomini combattevano a colpi di semplici telegrammi contro i cicloni e le burrasche, i venti e le tempeste, le nuvole ed i fulmini, i marosi e le correnti.

Era la battaglia dell'intelligenza umana contro le forze brute della Natura!

Seguivo le vicende della titanica lotta attraverso le mezze frasi della signorina che monosillabava parte dei dispacci.

— Cuba... direzione ciclonica...

— Honduras... ciclone incamminatosi da isola Roatán verso Pedro Bank.

— Vera Cruz... canale Tampico mare grosso...

— Piroscafo Lafayette chiede direzione tempesta...

Steamer Groenlandia comunica vento trentacinque miglia passaggio di Windward.

— Avana allarmata... avvisati tutti i fari... molte barche da pesca al largo di isola dei Pini...

— Vapore Timavo obbligato cambiare rotta...

— Santiago... movimento accenna dirigersi Santa Clara.

— Georgetown, velocità quarantacinque miglia...

— Kingstown... minaccia grave porzione orientale Giamaica...

— Veliero Camagüey chiede soccorso...

Diluviava. Il barbaglio dei lampi era così frequente che la sede del Comando era in una perenne alternativa d'ombra e di fiammate. V'erano lampi rossicci che parevano sprazzi di forno, lampi bianchi come esplosioni di magnesio, lampi giallo-lividi che evocavano paurose atmosfere d'oltre tomba, lampi quasi violacei che facevano chiudere le palpebre e gelavano l'anima. Fulmini vicinissimi piombavano in mare con scariche di artiglierie navali. Il vento urlava, mugghiava, ruggiva. A volte era un sibilo stridente che faceva pensare ad una colossale segheria elettrica; a volte era una torma di lupi affamati che latrava; a volte erano grida umane che invocavano disperatamente soccorso; a volte era il rombo di turbe fameliche incalzate da battaglioni e battaglioni di cosacchi sciabolanti...

Di mano in mano che le ore passavano la tempesta aumentava d'intensità ed i personaggi della piccola torre si trasformavano nei magici giganti di una fantastica epopea. La mia inutilità mi pesava come una condanna ma comprendevo che il meglio che potessi fare era rimanere silenzioso ed immobile, per non turbare quel magnifico movimento di orologeria col quale l'umanità combatteva i mostri del mare e del cielo.

Ogni telegramma in arrivo era un grido di paura o di aiuto. Ogni telegramma che partiva era una indicazione preziosa che allontanava le navi dalle rotte minacciate; che faceva rifugiare i transatlantici nei porti e nelle baie; che ammoniva le città a prepararsi per non essere sorprese dal turbine in mezzo alla spensieratezza di una domenica festaiola; che dava l'allarme ai villaggi ed ai fari, alle barche da pesca ed agli stabilimenti balneari; che rinviava feste, gite, crociere, incontri sportivi; che affrettava mietiture di raccolti; che faceva puntellare alberi, case e monumenti; che mobilitava l'intera America Centrale contro il suo nemico più implacabile: i cicloni che ogni anno immancabilmente seminano la distruzione e la morte, ora in questo ora in quello dei paesi bagnati dal Golfo del Messico e dal Mar dei Caraibi.

Ogni qualvolta un telegramma della torre di Swan arriva in una città, all'Avana, a Porto Principe, a Vera Cruz, a Tampico, a Nuova Orleans, a Saint Louis, a Colón, a Tegugicalpa, a Caracas, a Bridge Town, alla Martinica, alla Guadalupa, alla Trinidad, è immediatamente comunicato al pubblico, trasmesso alle capitanerie ed alle provincie, diramato ai distretti ed alle isole, concretato in misure di precauzione ed in provvedimenti difensivi. Swan, la microscopica Swan con sette abitanti fissi ed un avventizio, era la capitale di tutta una porzione del mondo, incoronata tale dalle forze del cielo e del mare che sono le forze stesse della Divinità onnipotente. Nuova York, l'Avana, Caracas obbedivano agli ordini di Swan. La bionda dattilografa-fidanzata era la regina terribile di cento città. La grande tragedia e la grande farsa dell'esistenza umana si vedevano da Swan in tutto il loro orrore, il loro grottesco e la loro pietà.

Alle undici della notte – in mezzo ad una bufera d'acqua e di fulmini che pareva il finimondo – la regina dattilografa, ascoltato il parere dei suoi due Consiglieri di Stato che erano i metereologhi di Swan ed il parere di due informatori segreti che radiotelegrafavano dai ponti di comando di due navi attraversanti la zona della tempesta, pronunziò la grave sentenza definitiva contro l'isola di Giamaica e contro Vera Cruz del Messico, condannata la prima ad essere devastata da un ciclone alla velocità di 88 miglia, l'altra ad essere malmenata da un uragano prodotto dallo scontro di una depressione atmosferica contro una elevazione meteorica.

Giusto in quel momento Manuel Suegra y Bustamante entrava nel salone reale con un vassoio di sandwichs ed un bricco di tè.

I venti squassavano la reggia miserabile con furia satanica, quasi volessero punire i sette pigmei d'osare l'impossibile contro le forze degli spazi e degli oceani. Manuel Suegra y Bustamante servì il tè alla regina di Swan la quale mandò due panini gravidi di carne al telegrafista delle aragoste.

A mezza strada il ciclone, tanto per far dispetto all'isola spiona, cambiò bruscamente rotta disdegnando Giamaica e le sue banane per scorazzare a suo capriccio in mare aperto. Basta però il suo alito per distruggere i bananeti della regione occidentale dell'isola. Vera Cruz pagò invece regolarmente il suo tributo alla collera degli elementi.

Swan è sempre al suo posto. È stato tolto lo stato d'assedio. La regina-dattilografa ha ripreso il suo flirt col pescatore delle aragoste. Manuel Suegra y Bustamante ha steso dinanzi al mare i bucati. Domani è atteso il vapore della Flotta Bianca che mi trasporterà ad Haiti.

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