LA STAZIONE FERROVIARIA DI RUSPOLI

Chi a Ceballos, piccola stazione della linea Avana-Santiago, scende dal grande espresso d'Oriente e prende una linea secondaria che attraversa la provincia di Camagüey, incontra una stazione ferroviaria che si chiama «Ruspoli». Se il viaggiatore è italiano resta gradevolmente sorpreso di trovare nel centro dell'isola di Cuba un nome così tipicamente italiano il quale evoca una nobile casata della nostra terra e ricorda fra le altre cose un pioniere del colonialismo italiano, morto in Abissinia all'avanguardia della nostra espansione africana. Se quest'italiano, tentato dal nome della stazione, scende a far quattro passi nella campagna, vedrà dopo pochi minuti una grande bandiera, bianca, rossa e verde che sventola in cima ad un bel bungalow. Bussi ed avrà buona accoglienza!

Il principe Camillo Ruspoli di Candriano vi possiede una grande tenuta che fa onore allo spirito d'iniziativa ed alla capacità tecnica degli italiani. Non si tratta di un feudo tropicale posseduto nei lontani Caraibi da una ricca famiglia per l'automatico giuoco dell'eredità. No. Si tratta di una azienda agricola creata dagli attuali proprietari a forza di audacia, di costanza e di sacrifizi: comperata prima coraggiosamente, poi organizzata in mezzo a difficoltà d'ogni genere, sviluppata d'anno in anno, trasformata in una tenuta superba la quale, in una zona coltivata ad aranci, ha il vanto d'essere il più bell'aranceto dell'isola di Cuba.

Quando il principe comprò questa estensione di terra le Compagnie nordamericane che si dedicano nella regione alla coltivazione dell'arancio pensarono al capriccio di uno snob, ammalato di esotismo passeggiero. Un principe a Ceballos! E italiano! Poveri denari buttati al vento! Si aspettavano di vedere una limousine che di tanto in tanto recasse da Camagüey a Ceballos una comitiva di gitanti in pic-nic. Videro invece un uomo a cavallo, in stivaloni e cappello vaquero, che batteva i campi dall'alba al tramonto e che a sera si ritirava in una modesta casetta in mezzo all'azienda. Altre volte l'uomo era al volante di una macchina agricola che arava in profondità le terre bruciate dal sole oppure dirigeva lunghi e pazienti scavi che cercavano nelle viscere del suolo l'acqua preziosa. Una gentildonna condivideva quella vita di lavoro e di sacrifizio e la si vedeva anche essa a cavallo pei campi in mezzo al rimescolio dei solchi ed al travaglio delle semine.

Pian piano la tenuta cambiò aspetto. Era gialla e triste. Diventò verde e prosperosa. L'acqua trovata a grande profondità, allagò i campi con la sua frescura. Mille e mille alberi si empirono di foglie e di frutti. La terra celebrava le sue nozze col sole con una immensa fiorita di fior d'arancio. La casetta diventò un bungalow. Sorsero case coloniche, tettoie, scuderie, garages. Si formò un piccolo paese e si dovette creare una stazione ferroviaria. Ruspoli è oggi un paese in formazione. Ed il tricolore che sventola sul pennone dice a quale razza appartengano i suoi fondatori.

In un grazioso salotto cinese a lacche nere e cinabrine, dopo una colazione tipicamente italiana a base di autentici spaghetti e di chianti genuino, ascolto Donna Margherita Ruspoli di Candriano che mi racconta le vicende dell'aranceto.

— Mio marito desiderava da lungo tempo dedicare la sua attività ad una impresa d'oltre mare. Era perplesso fra l'Africa e l'America. Siccome mia madre è cubana, ci decidemmo per Cuba. Incominciammo con un'azienda di canna da zucchero, ma non fummo fortunati. Capitammo proprio nel momento del crak improvviso dello zucchero e l'impresa inghiottì il capitale. Non ci scoraggiammo e cercammo altro. Gli aranceti di Ceballos ci sedussero, forse perchè l'arancio è un frutto tanto italiano. Comprammo qui una tenuta abbandonata e ci mettemmo al lavoro. Non v'erano allora nè la stazione, nè il paese, nè il bungalow. I primi tempi furono assai duri. Le piante erano poche e malate. La terra, incattivita e trascurata, sembrava poco fertile. I sistemi agricoli adoperati dagli altri non andavano. Mio marito trapiantò qui il sistema italiano, adattandolo alle esigenze del clima tropicale ed alla natura del suolo. Il più grande problema era l'acqua. Tutti assicuravano che non ve n'era. Mio marito la trovò. Egli stesso diresse la costruzione di un enorme pozzo artesiano di duecento metri di profondità, finchè l'acqua zampillò fresca ed abbondante. Tutti i proventi della fattoria furono coraggiosamente investiti in macchine agricole. Poi vennero le malattie delle piante e fu una lotta a coltello contro i vermi, la cocciniglia, la filossera degli agrumi. Si dovettero fare i vivai, creare nuovi aranceti, trovare il mercato del prodotto. La lotta fu lunga ed aspra ma abbiamo vinto. Oggi il nostro aranceto è uno dei più grandi e dei più belli della repubblica di Cuba. Ogni giorno uno o due vagoni di aranci partono regolarmente per l'Avana.

Don Camillo lascia parlare la principessa, forse un po' seccato di far sapere ad un giramondo i fatti suoi e nello stesso tempo contento di sentire evocare la sua battaglia da colei che gli fu affettuosa compagna d'ogni giorno e d'ogni fatica.

Poi ce n'andiamo a cavallo per l'aranceto. Le piante verdi sono piene di frutti d'oro. I fiori hanno brinato la terra ed empiono l'aria di fragranza. L'acqua scorre abbondante nei solchi e dilaga gioiosamente fra le piante. Uomini a cavallo sorvegliano il raccolto che empie d'oro le ceste ed ed empie di ceste d'oro i camions. Ingrassate dall'acqua, dai concimi, dalla fecondità della terra e dall'ardore del sole, le piante piegano sotto il peso delle foglie e dei frutti. Ovunque lo sguardo si posa non vede che aranci. L'immenso aranceto stende nelle lontananze la sua massa verde-cupo in mezzo alla quale vezzeggia il verde più tenero dei vivai. Il rombo della turbina artesiana è il palpito di tutta questa vita vegetale che canta la gloria del lavoro. Muli potenti trainano in mezzo ai solchi grandi carri carichi di nitrati e di potassa. Le macchine agricole frugano in mezzo agli alberi coi loro getti antisettici che giorno per giorno distruggono i mille microscopici roditori del Tropico. Lontano lontano un canto negro si sperde per la pace della campagna.

— Per un po' mi sono occupato di politica, – mi dice il principe – poi ho pensato che di politica si occupano anche troppi in Italia e che era più italianamente utile tentare all'estero qualche impresa agricola. I risultati finanziari dell'azienda compensano oggi largamente il mio capitale ed il mio lavoro, ma certo molti miei amici mi debbono aver giudicato matto il giorno in cui ho lasciato il mio palazzo di Perugia per tentare la fortuna nel centro dell'isola di Cuba. A parte l'utilità dell'affare, ho la soddisfazione di aver creato qualche cosa dal nulla, di essere un uomo che lavora, che produce. Vede quel piccolo aranceto al di là del muro di cinta della tenuta? È per mio figlio Emanuele che attualmente fa il servizio militare a Pinerolo. Voglio che anche lui sia un lavoratore ed un produttore, che sia cioè un italiano in armonia con la nuova vita e con le nuove ambizioni della patria!

Nel cielo di smeraldo di Cuba il sole morente sceneggia un tramonto d'Italia. Ceballos, Pinerolo, Perugia...! L'ora è piena di dolcezza per i tre italiani che parlano e che evocano con tenerezza di figli la grande patria lontana!

Ricordo d'aver letto varie volte il nome dei Ruspoli di Candriano nelle cronache di Biarritz e di Deauville, del Lido e di Villa d'Este ed ho certamente pensato allora ad una coppia ricca ed aristocratica che portasse a zonzo il suo lusso e la sua noia attraverso le stazioni climatiche d'Italia e le villes d'eau di Francia. Certo non immaginavo che quella cronaca mondana fosse la parentesi festiva di due ottimi italiani, i quali ogni anno trascorrono sei mesi nel centro dell'isola di Cuba, proprio nella stagione dei più forti calori tropicali, dediti ad un lavoro rude e penoso che nobilita chi lo compie ed è di esempio a quanti credono d'aver assolto il loro compito d'italiani frequentando «quegli atri dei grandi alberghi» che Benito Mussolini frustò in uno dei suoi memorabili discorsi.

Nel bungalow italiano della stazione di Ruspoli (isola di Cuba) si parla dell'Italia e del suo avvenire con animo imperiale. Non potrebbe essere altrimenti! Ovunque vi sono italiani che affermano con la loro vita pratica le capacità e le virtù del nostro popolo, là sempre, qualunque sia la condizione sociale degli abitanti, l'Italia è vista con la corona imperiale di Roma. E come tale è amata! E come tale è servita!

Bisogna che i ricchi d'Italia vadano per il mondo come quelli d'Inghilterra a creare imprese industriali, minerarie ed agricole, perchè solamente in questo modo il capitale italiano potrà essere pian piano rafforzato ed ingrandito con linfe di provenienza straniera e raggiungere rapidamente quell'importanza dalla quale dipende in buona parte l'indipendenza economica del nostro paese. E sono coloro che al censo aggiungono un nome aristocratico che debbono dare l'esempio per giustificare con la loro opera la selezione della loro nascita. Non v'è forse in Inghilterra un solo pari che non abbia in Africa o nelle Antille, in Australia o nelle Indie, nel Canadà o nel Messico, un forte interesse agricolo, industriale o minerario! Quanti sono le grandi casate d'Italia che possono dire altrettanto?

Sono queste le semplici osservazioni di un giramondo il quale non ha il temperamento nè la voglia di fare il moralista ma che ha annotato il bungalow Ruspoli di Ceballos nel suo taccuino di viaggiatore fra i luoghi nei quali la sua anima italiana e fascista si è sentita a casa sua.

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