LE NOZZE D'ARGENTO DI UNA REPUBBLICA

Cuba ha celebrato nel 1927 le sue nozze d'argento con l'indipendenza. Sono infatti venticinque anni che la bandiera con la stella sventola sulla storica fortaleza del Morro, già roccaforte della potenza coloniale spagnuola. Per un curioso scherzo del Destino il grande impero spagnuolo d'Ultramar è finito proprio a Cuba, cioè in quel mare dei Caraibi nel quale aveva avuto inizio. Dopo l'isoletta di San Salvador, Cuba fu la prima terra del nuevo mundo che Cristoforo Colombo diò a Castilla y a León, com'è scritto sull'epitaffio del grande Genovese. L'ironia del Destino è spesso feroce, ma la nuova Spagna che sorge può rendere la pariglia al Destino sostituendo all'antica dominazione – fatalmente caduca come tutti i domini politici – l'imperio spirituale più duraturo della maternità etnica.

Benchè sull'indipendenza cubana gravi l'ombra dell'imperialismo degli Stati Uniti e vi sia di fatto l'ipoteca giuridico-diplomatica dell'Enmienda Platt, la Repubblica ha festeggiato gioiosamente il primo venticinquennio di libertà ed ha rinfrancato la sua fede nell'avvenire col ricordo delle lotte e delle miserie di ieri. Storia fresca della quale vivono ancora i protagonisti. Non pochi degli uomini maggiori della Repubblica hanno sui loro corpi le cicatrici di quelle drammatiche giornate. Perciò la celebrazione ha avuto il fresco sapore delle albe nazionali ed un fervore garibaldino che in certi momenti evocava nello spettatore italiano le ore di commozione del Risorgimento, illustrate dai nostri vecchi nelle veglie domestiche.

Le cerimonie militari, scolastiche e burocratiche sono state di schietto stampo americano e come tali hanno a volte meravigliato l'europeo, abituato alle feste più solenni, più gerarchiche, quasi direi più classiche dei nostri antichi paesi i quali anche in fatto di commemorazioni hanno una tradizione secolare, un cerimoniale storico e la necessità di appagare le esigenze estetiche delle moltitudini.

Tanto per dirne una, un italiano non può concepire che in una rivista militare un bel battaglione di cavalleria con tanto di drappella del reggimento sfili dinanzi alla folla ed alle più alte autorità dello Stato al suono di... Valencia, perchè il nostro senso musicale e la nostra stessa sensibilità affinata dalla lima dei secoli, non ci permettono di mescolare l'esercito che esprime le glorie e le tragedie della nazione con un ritmo di dancing che evoca gambe più o meno ben tornite di ballerine e bottiglie più o meno autentiche di champagne! Ma l'America bisogna prenderla com'è dopo aver lasciato nella cabina del transatlantico tutte le nostre delicatezze e raffinatezze di Europa, pronti, s'intende, a riprendere questo preziosissimo bagaglio appena si risalga sul transatlantico di ritorno.

La folla partecipava con entusiasmo puerile e simpatico alle cerimonie, le ravvivava col suo ardore tropicale ed in certi momenti riusciva a contagiare anche lo straniero indifferente con la sua festosità spontanea, con la sua esultanza comunicativa, con la sua nobile ebbrezza per la più grande delle libertà, quella della Patria.

Cuba è un piccolo paese – uno dei più piccoli paesi di razza bianca del mondo perchè non conta che tre milioni e mezzo di abitanti – però merita da parte degli italiani il più affettuoso interessamento, non solo perchè il suo popolo appartiene alla nostra grande famiglia etnica, non solo perchè la sua civiltà è tutta imbevuta di romanesimo, non solo perchè il nostro paese gode le simpatie incondizionate dei cubani come terra madre dell'Arte e del genio latino, ma anche perchè Cuba è una sentinella avanzata di quella latinità americana alla cui prosperità ed alla cui grandezza sono indirettamente legate la prosperità e la grandezza di Roma. Mentre tutte le altre Antille hanno prevalentemente popolazioni di colore, più o meno sottomesse al prepotere anglo-sassone, Cuba ha una popolazione prevalentemente bianca, caratteristicamente latina, generosa, combattiva, piena di slancio, capace domani anche di una Termopili per difendere contro l'invadenza nord-americana le caratteristiche peculiari della razza. Nei rispetti della latinità Cuba ha un posto d'onore e di pericolo. Tutto fa credere che questo posto sia occupato da un buon figlio di Roma, di quelli che non abbassano le armi al primo colpo di cannone od alla prima stretta della tenaglia economica, ma che sanno difendere con bravura il patrimonio spirituale ereditato dai loro padri spagnuoli e dai loro grandi avi romani. Cuba è latina. Di razza, di temperamento, di aspirazione. E vuole rimanere tale nonostante il miraggio dei dollari nord-americani. Un popolo che ha questi sentimenti è senza dubbio caro alla nuova Italia che risorge con l'anima volta alla grandezza storica di Roma.

In molti paesi la parola «Cuba» suscita solo visioni di montagne di zucchero e di scatole di sigari. Pochi sanno che la piccola Cuba occupa come movimento commerciale di esportazioni e di importazioni il secondo posto fra gli Stati del Centro e del Sud-America, subito dopo l'Argentina e prima dello stesso Brasile, con una cifra di traffici di ben settecento milioni di dollari, che è quanto dire circa dodici miliardi di lire italiane al cambio attuale.

Grazie allo zucchero! Indubbiamente lo zucchero c'entra e per parecchio. C'entrano anche la guerra europea ed il miliardo e mezzo di dollari investito dagli Stati Uniti nell'isola, però buona parte del merito spetta al popolo cubano il quale ha saputo rapidamente trasformarsi da colonia di piantagione in un paese moderno, senza impastoiarsi in quelle competizioni partigiane nelle quali diversi paesi americani consumano sterilmente le loro mirabili energie. Le nozze d'argento della Repubblica coincidono con la presidenza del generale Machado, uomo di governo audace ed energico che è assai discusso dai suoi avversari e che magari può essere anche criticato da un punto di vista teoretico, ma è indubbiamente il capo che ci vuole in un paese tropico-americano in questo periodo speciale di evoluzione dell'America Centrale. In un momento nel quale le lotte partigiane potrebbero compromettere lo «statu quo» diplomatico delicatissimo di Cuba, in un momento nel quale il grande mercato zuccheriero nord-americano tiene l'isola nella sua morsa e si affacciano problemi economici di non indifferente portata, il generale Machado ha creato lo Stato ed ha fatto sentire alla nazione cubana che essa non può permettersi certi lussi dottrinari perchè ha nel golfo del Messico una funzione storica. L'uomo, sorto nelle giornate tempestose della Rivoluzione, ha un suo profilo che lo distacca nettamente dalla maggioranza dei governanti centro-americani e ne fa un tipo interessante di Capo.

Le nozze d'argento sono state favorite dalla Natura con belle giornate di sereno tropicale durante le quali l'isola intera si è vestita a festa, dalla lussuosa capitale alla romantica Santiago, dalla tranquilla Mattanza alla vecchia e suggestiva Trinidad. Per tre giorni gli ingenios hanno smesso il loro incessante lavorìo di zucchero e di melasse e l'isola si è abbandonata alla frenesia dei danzones nazionali. Gli industriosi cinesi hanno rovesciato nei mercati delle città tutto il prodotto dei loro orti lavorati con la tradizionale pazienza dei figli del Cielo. Gli hacenderos spagnuoli hanno dimenticato la storia per smaltire in onore della libertà cubana tutti i fondi di bottega. I vapori nord-americani hanno scaricato all'Avana centinaia di turisti ai quali non pareva vero di trascorrere mezza settimana di festa in un paese umido. I caratteristici fruttivendoli cubani (non ho mai visto tanti fruttivendoli come in questo paese) hanno decorato le strade di ananas, di manghi, di papaje, di toronjas, di mami, di cocchi, di acauát, di guayabas, di guanabanas, d'innumerevoli altri frutti tropicali dai colori vivaci, dal sapore strano, dal profumo violento. Tutti i negozi hanno esposto in vetrina una bella Repubblica, grassoccia e ben piantata, qui col berretto frigio, lì con l'elmo romano o col casco alla prussiana o con una capigliatura alla Ninon. Il Presidente ha partecipato di persona od in spirito a centinaia di banchetti (è una mania cubana) durante i quali sono stati pronunziati migliaia di discorsi (un'altra mania) e si sono consumate tonnellate e tonnellate del nazionale arroz con pollo.

Fuochi d'artifizio, ludi sportivi, giuochi floreali, balli aristocratici e danze popolari hanno dato a tutti la sensazione di essere in baldoria. Ma i giorni di festa hanno permesso anche ai cubani di contemplare il lavoro compiuto durante questo primo venticinquennio di indipendenza e di esserne giustamente fieri. Lo straniero deve riconoscere che questo paese possiede oltre a grandi risorse materiali, notevoli attitudini. E se questo straniero è un italiano non può che provarne piacere, perchè Cuba è un virgulto latino che prospera nel sole del Tropico.

Venticinque anni fa Cuba era un paese triste e malsano, infestato dal paludismo, dalla febbre gialla, dalle dissenterie e da altri morbi tropicali che decimavano le popolazioni. Non aveva quasi strade e poche ferrovie. L'Avana era una città coloniale sporchetta e sonnacchiosa. Il commercio vegetava all'antica nei fondachi delle città e nelle patriarcali viviendas dell'interno. Un colpo di bacchetta magica ha trasformato l'isola. Oggi l'Avana non è solo la perla delle Antille ma è una delle più lussuose città tropicali del mondo. La popolazione dell'isola è passata da un milione e mezzo di abitanti a tre milioni e mezzo. Le ferrovie che erano 1500 chilometri sono diventate cinquemila. Nella sola Avana circolano diecimila automobili. La produzione dello zucchero è aumentata del mille per cento, passando da 350.000 tonnellate a quattro milioni e mezzo. I trecento chilometri di strade carrozzabili esistenti al tempo degli spagnuoli sono diventati duemila e cinquecento e la Repubblica ha festeggiato le sue nozze d'argento iniziando una nuova strada di duemila chilometri che attraverserà da nord a sud l'isola intera aprendo alla agricoltura ed al commercio nuove regioni.

L'anno scorso, il 20 di ottobre, uno di quei formidabili cicloni, che sono la triste specialità del golfo del Messico, s'abbattè con straordinaria violenza sull'Avana falciando duecento vittime, distruggendo quindicimila abitazioni e causando danni per cinquanta milioni di dollari. In quell'occasione il popolo cubano ha già dato prova di un'attività ricostruttrice alla quale hanno reso omaggio gli stessi nord-americani, sempre poco teneri verso le razze latine. Sei mesi dopo la catastrofe il turista di passaggio non trovava più un sasso fuori posto. Solo la vegetazione ornamentale delle strade e dei parchi conserva le traccie della furia devastatrice per l'inevitabile lentezza della Natura, ma anche in questo la città ha voluto fare un gesto di volontà chiamando dall'Europa uno specialista di ornamentazione urbana, per ricostruire al più presto il superbo patrimonio vegetale del quale la regina dei Caraibi era giustamente orgogliosa e che incorniciava pittorescamente la sua grazia di bella creola.

In questo momento in cui la nuova splendente primavera italiana rinverdisce gli augusti allori di Roma e la Città Eterna riprende, grazie alla perenne giovinezza del popolo dalle mille vite, la sua tradizionale missione di maestra del mondo latino, il nostro paese segue con affetto e con interesse lo sviluppo di quelle terre d'America che non sono più considerate dagli italiani come sbocchi di emigrazione, ma come gemme del grande tronco romano che perpetuano e ingrandiscono la millenaria fioritura del ceppo glorioso.

Nel giardino dell'America latina la piccola Cuba non è solamente un bel fiore profumato che sboccia rigoglioso e che orna con la sua magnificenza tropicale lo scenario del Centro-America; non è solamente una seconda Nizza a portata dei dollari nord-americani con il sole e col pittoresco delle terre meridionali; è anche un bell'esempio di vitalità latina, il quale dimostra che dove le condizioni economiche siano favorevoli anche la nostra razza sa creare sveltamente il lusso e la ricchezza. Cuba è soprattutto una prova del formidabile potere di adattamento delle razze scaturite dalla matrice romana. Mentre le altre Antille, inglesi, olandesi e nord-americane – compresi gli stessi possedimenti francesi della Guadalupa e di Martinica – vegetano più o meno allo stato di piantagioni coloniali per la scarsa potenzialità delle razze bianche che le hanno sottomesse e le dominano, il popolo cubano, nel quale la maggior parte del sangue è squisitamente latino (cioè italico ed iberico), ha saputo creare una razza nuova ed adattarla alle particolari condizioni climatiche del Tropico.

Paese verso il quale l'emigrazione italiana non si è mai orientata in grandi masse, Cuba è soprattutto popolata da genti di origine spagnuola, però molte migliaia di italiani hanno mescolato il loro sangue nel crogiuolo cubano, molti sono i cognomi di puro calco italico e parecchi italiani hanno partecipato in prima fila alla lotta per l'indipendenza dell'isola. Nel solo biennio 1923-1925 quattromila italiani di sesso maschile sono venuti ad ingrossare l'elemento bianco della giovane Repubblica. Del resto le statistiche hanno un valore relativo di fronte alla genuina latinità del popolo cubano che da Roma ha avuto, sia attraverso la Spagna, sia direttamente, sia pel tramite del Cattolicesimo, quel sacro fuoco nel quale le antiche Vestali simboleggiavano l'indistruttibile spirito dell'Urbe.

La strapotenza anglo-sassone non è riuscita finora ad estinguerlo in nessuno dei luoghi nei quali fu acceso dal soffio dell'Eternità.

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