L'ISOLA DELLO ZUCCHERO

Avana ha un po' di Napoli ed un po' di Madrid; della Napoli di Santa Lucia e della Madrid di Puerta del Sol; appartiene cioè a quel tipo di città che possono essere più o meno belle ed avere un numero maggiore o minore di difetti ma finiscono per cattivarsi la simpatia dello straniero. Avana è simpatica. I suoi cittadini sono persuasi che essa è la più bella città del mondo. Vedere Avana e poi morire, insomma! Esagerano, come tutti i figliuoli quando parlano della madre e, siccome siamo sotto il Tropico, l'esagerazione è in proporzione con la temperatura, però l'entusiasmo dei cubani non è la sdegnosa sicumera dei parigini pei quali all'infuori di Paris non ci sono che città di provincia. No, il cubano è così buon ragazzo nel suo delirio per l'Avana, che non viene nemmeno in mente di contraddirlo; si avrebbe l'impressione di commettere una cattiva azione.

Città tropicale, quindi sempre piena d'un sole che empie gli occhi d'oro luminoso, spiegata quasi per intero sulla riva del mare con un arco pieno di grazia partenopea, con strade e quartieri di lussuosa apparenza che non fanno pensare alle viuzze dei rioni popolari, sfogata qua e là in grandi piazze che allargano i polmoni e scacciano i cattivi pensieri, adornata da monumenti e monumentini che, senza essere capolavori, son pur sempre ninnoli urbani d'un certo effettaccio, l'Avana è come quelle persone che si presentano bene e che predispongono favorevolmente in loro favore, le quali, se hanno anche un bel sorriso, gesti simpatici ed una conversazione pittoresca, di solito vi conquistano per intero. L'Avana ha il sorriso costante del suo cielo sempre azzurro che ogni sera si mette in ghingheri per offrirvi un bel tramonto ed il sorriso del suo mare porcellanato che cambia colore ogni mezz'ora per non darvi tempo di sentire la noia.

Sono due grandi sorrisi che bastano a sedurre chi concepisce le città alla mediterranea; cioè come luoghi fatti sì, per lavorare, pagare le tasse e tirare la carrettella quotidiana, ma anche per passeggiare e per godersi un tantino l'esistenza; senza l'eterno grigiore e gli eterni tetti a triangolo del Nord che pesano come un incubo addosso alla collettività, senza tutte quelle cupole stilizzate delle città slave che hanno l'aria di ricordarvi ogni momento i foruncoli e la dilatazione di stomaco, senza quei grattacieli di Nuova York che vi schiacciano inesorabilmente dall'alto della loro maestà e vi fanno pensare perpetuamente al meschino contenuto del vostro portafoglio.

A questi due sorrisi l'Avana aggiunge il riso allegro della sua folla gaudente, chiassosa, gesticolante, buontempona, ottimista, che si contenta di poco per essere gaia e non nasconde ipocritamente il suo buon umore, ma anzi ci tiene a farvi sapere che è contenta di se stessa, che ha venduto bene il suo zucchero, che ha fatto una buona colazione, che è andata a teatro e si è divertita. Popolo latino, tropicale, cioè due volte meridionale, giovane, favorito finora dalla sorte, il cubano prende la vita gaiamente come si prende una bibita inzuccherata e se a volte il fondo del bicchiere gli ricorda i guai che sono retaggio d'ogni povero cristo, tira fuori dal taschino uno di quei sigari monumentali che negli altri paesi vengono fumati solamente dai milionari e sbuffa insolentemente in faccia al Destino la sua fiducia nel domani.

Sono venticinque anni che l'isola è indipendente. Durante i primi cinque anni è vissuta nell'estasi della libertà raggiunta, poi quando sarebbero incominciati i guai d'ogni self-governement è comparso sulla scena lo zucchero a fabbricar milioni come una rotativa e quando lo zucchero ebbe l'aria di non voler far più le spese della festa cubana, è scoppiata la guerra europea che ha addirittura indorato l'intero paese. Denaro a torrenti! Adesso questo benedetto zucchero incomincia a dare nuove preoccupazioni per la concorrenza americana, giavanese, filippina, ecc., ma il cubano, pure pensandoci su, confida nella sua buona stella. Qualche santo aiuterà! Tutte le volte che è arrivato il periodo delle vacche magre è sempre capitato un avvenimento, magari un guaio degli altri, a togliere Cuba d'impiccio. Non si parla ora di un super-esplosivo a base di zucchero? Non per nulla i cubani hanno battezzato la loro patria la isla de corcho (l'isola di sughero), perchè galleggia con qualsiasi tempesta!

Nei periodi di grande ricchezza Cuba non ha pensato alla famosa calza di lana dei francesi, ma ha speso prodigalmente i suoi milioni a farsi bella. L'Yacht Club di Avana, il Country Club, il Reparto Almendares, il Casino Invernale, il Casino Spagnuolo, il Centro Asturiano sono degni di qualsiasi capitale e sono fabbricati con un lusso spagnolesco il quale ricorda allo straniero che Cuba produce un quinto del raccolto mondiale dello zucchero. L'Yacht Club per esempio ha costruito addirittura un porto speciale per i suoi soci; il Country Club ha un campo di golf a praterie scozzesi che migliore non lo hanno molte grandi città britanniche, con una piscina pompeiana a mattonelle smaltate che è uno sfarzo di nababbi. Lo Stato si è costruito una Residenza presidenziale di grande mole, di fronte alla quale la Casa Bianca del povero Coolidge è una coserella da niente, ed ora sta costruendo per il Legislativo un monumentale Capitolio con sei dozzine di colonne e non so quante centinaia di tonnellate di marmo di Carrara.

I cittadini hanno sempre avuto lo stesso sistema di vita, proiettato dinamicamente in avanti, verso la stella della buona sorte e durante gli anni grassi chi ha potuto s'è costruito senza economia ville e palazzi. Ci sono all'Avana residenze private che costano più d'un milione di dollari. Vi sono zuccherieri e sigarai che hanno smaltato d'oro-zecchino i loro soffitti o hanno adoperato per i loro pavimenti mattonelle di madreperla. La gente di condizione ha camminato pressapoco con lo stesso passo, per cui la vita cubana ha esteriormente un ritmo di grande stile, che è reso più tangibile da una pronunciata ostentazione, la quale fa parte del temperamento nazionale. Quella mania del buon mercato che caratterizza tante città europee – per esempio Barcellona – e che costituisce lì l'elemento fondamentale di tutta la pubblicità commerciale, è qui sostituito dalla smania invece del rico, del bonito, del muy raro, del muy precioso. Le vetrine espongono oggetti di grandissimo conto che dopo un po' di tempo sono venduti ad un tizio il quale, in seguito ad un affare qualsiasi si è trovato padrone di diverse migliaia di dollari e non si è peritato di spenderle nell'acquisto di quel tale oggetto, nonostante la spesa non fosse assolutamente proporzionata alla sua reale situazione finanziaria. I commercianti di automobili vendono di preferenza le macchine di lusso e di gran lusso. E v'è una moda abbastanza capricciosa che mette fuori uso auto ancora nuovissime, così come v'è una moda dei mobili che obbliga ogni tanto gli elegantissimi a cambiare insieme con la cravatta anche i mobili di casa. I bottegai che non fanno credito debbono cambiare paese, perchè a Cuba qualsiasi famiglia di impiegato è sempre allo scoperto d'almeno tre mesi di stipendio. Il sistema delle vendite a rate crea dei bilanci familiari buffissimi, nei quali il reddito domestico è come una fragile impalcatura che sostiene l'edifizio gigantesco del credito. Sotto questo aspetto la società cubana è un motore sempre ad alta pressione. Gli scoppi in genere sono rari e quando avvengono fanno poco rumore. Povero oggi, ricco domani!

Il tassametro ha fatto fiasco in questo paese nel quale l'auto pubblica è una macchina di lusso che nasconde il cartellino del si loca appena il cliente sale in vettura. Ognuno tiene a far vedere che è hombre de dinero anche se sbarca appena il lunario. Il vestito di tela bianca, uguale per i poveri e per i ricchi, livella i ranghi sociali. Se uno ha in tasca un solo dollaro e gli capita di offrire una bibita, non tentenna un minuto a fare il gesto. Voi non sapete mai se parlate con uno che ha dei sacchi di dollari in tutte le banche o con uno che non ha pagato e non sa a qual santo votarsi per pagare l'affitto di casa.

Lo scenario dell'Avana è quindi uno scenario di pompa e di eleganza, in mezzo al quale principi ed arlecchini gareggiano a chi fa bella figura. In fondo i soli che veramente economizzano sono i cinesi e per questo sono poco ben visti in paese. Naturalmente non manca anche qui come in ogni luogo la miseria nera, ma essa o è nascosta nelle campagne e nei quartieri eccentrici della capitale o sparisce nel fastoso turbinio della vita cittadina.

Le quinte di seta e questa messa in scena da Rivista di gran lusso non basterebbero a fare di Avana una città simpatica se i personaggi non fossero tali. Ma il cubano è in genere simpaticone. Prendete un napoletano di media cultura, di quelli che hanno il gesto largo e la frase cortese, fatelo vivere due anni a Siviglia fra il patio degli aranci ed i caffè dei toreros perchè si spagnolizzi un po', trapiantatelo poi un altro paio d'anni a Nuova York perchè si abitui a comprendere all'americana tante cose come i dollari, lo sport, la politica, i giornali, i cinematografi; vestitelo ora di tela bianca lustrata all'amido (molto amido, mi raccomando), mettetegli in bocca un sigaro Henry Clay, abituatelo a bersi tre litri di sciroppi ghiacciati al giorno ed a barattare gli spaghetti alle vongole col riso alle banane fritte e, novantacinque volte su cento, vi troverete di fronte il tipo caratteristico del cubano della media e buona borghesia, l'uomo della Avenida Maceo e della Calle Obispo.

Ho scelto un napoletano perchè è il tipo secondo me più vicino al cubano nelle sue qualità e nei suoi difetti esteriori, ma v'è una indiscutibile rassomiglianza fra il cubano di pura razza bianca e l'italiano dell'Italia centrale e meridionale, più che fra un cubano ed uno spagnuolo, che ha sempre un fondo mistico-attaccabrighe, o fra un cubano ed un qualsiasi altro europeo. Questa affinità che mi ha colpito fino dal primo momento, mi è stata poi confermata da autorevoli cubani che hanno viaggiato molto ed hanno soggiornato nel nostro paese. Il cubano ha infatti nelle sue vene diverse di quelle particole di sangue iberico ed arabo che non mancano nel nostro meridionale. Qui come lì, il temperamento individuale ha subìto l'influenza della Natura soleggiata e benigna, della terra verdeggiante, dell'alimentazione prevalentemente vegetale, della dedizione completa volta più alle persone che incarnano un'idea che all'idea medesima. Tanto il napoletano che il cubano hanno una intelligenza pronta e vulcanica, naturale inclinazione per l'eloquenza, eccesso di slancio e difetto di self-control, entrambi sono facili alla collera ed al sorriso, pittoreschi nella frase, eleganti nel gesto, attaccati alla famiglia, passionali e gelosi in amore, inclini alla generosità, rispettosi per gli ascendenti ed un po' sultaniali nell'autorità con i discendenti. Manca al cubano quel senso artistico che è così profondo nel napoletano, ma sente però viva attrazione per la musica, specialmente per quella di colore locale e d'ispirazione popolare.

Numerosi altri punti di contatto esistono fra le due genti: l'amore per il grandioso, la suscettibilità, il sentimento dell'amicizia che arriva fino all'omertà, il debole per i bei discorsi ed i buoni banchetti, la consuetudine della clientela politica, il gesto eroico, la passioncella del lotto, la sensibilità davanti alle bellezze della natura, il potere d'adattamento alle condizioni ed ai lavori più diversi, la dignità nella disgrazia e l'affabilità nella fortuna.

Ho dovuto ricorrere all'aiuto di Napoli e dei napoletani (una città ed un popolo che mi sono simpaticissimi) per far sentire al lettore l'Avana, i suoi abitanti, le sue strade, i suoi caffè, la sua vita colorita, artificiale, effervescente, romantica, semplice e complicatissima nel medesimo tempo, nella quale non bisogna lasciarsi ipnotizzare da un lato solo del prisma ma abbracciar tutto l'insieme poliedrico. Avana è una Napoli tropicale con molto più sole e con molta meno storia, con più larghe strade e meno ricchi musei, con Santa Lucia e Porta Capuana, con i suonatori di chitarra di Posillipo e gli industriali di Bahia e dei Bagnoli, con molti dottori, molti avvocati, molti candidati alla laurea ed alla politica. L'una e l'altra hanno fruttivendoli a profusione, bancarelli che vendono sorbetti e frittelle, gelatieri ambulanti, organetti di Barberia, scugnizzi che v'inchiodano con una barzelletta, rivenduglioli che decantano a squarciagola i loro prodotti, commessi di negozio che paiono diplomatici a riposo, gentiluomini che danno dei punti ai grandi di Spagna, belle donne prosperose che v'assassinano con un'occhiata promettendovi tutto il paradiso e sono invece eccellenti madri di famiglia d'onestà incorruttibile, belle ragazze dagli occhi di lava che si commuovono alla serenata romantica, papà che danno marito alle loro figliole che si lasciano sposare come vuole papà, ganimedi che si fanno lucidare le scarpe tre volte al giorno e maneggioni che aguzzano l'ingegno per far venire fuori i soldi da un bicchiere d'acqua; insomma una quantità di lati affini che creano una forte simiglianza fra i due tipi di esistenza, pur rimanendo in fondo le due genti diversissime, cosa questa che appare solo che si scruti un po' più in profondità.

Qualche napoletano che mi legge dirà: «Ma a Napoli si lavora!» Anche a Cuba si lavora. Perchè una piccola isola come questa abbia un commercio di dodici miliardi di lire italiane ed una esportazione pari a quella del Brasile bisogna farne del lavoro, ma è un lavoro fatto allegramente, pittorescamente, quasi direi poeticamente, senza ciglia aggrottate e senza visi di funerale. Sotto questo aspetto Napoli ed Avana non saranno mai anglosassoni!

Pigliate ora questa mia Napoli tropicale, sostituite alle pesche ed ai fichi di Partenope gli ananas ed i guayabo del Tropico, vestite tutto il sesso maschile di bianco (le pagliette ci sono anche a Napoli), moltiplicate le automobili, sopprimete il Vesuvio e venite con me in calle Obispo. In certi momenti avrete la perfetta illusione di essere in via Toledo.

Ecco qui uno dei mille chioschi di bibite ghiacciate della città. Potete scegliere: cocco, mango, toronja, oppure un gelato: tamarindo, guayabo, guanabana. Vi consiglio il guanabana. Il saporino dolce-acidulo dello spumone, qualche cosa fra il cetriolo in insalata e l'essenza di mille-fiori, vi aiuterà ad addomesticarvi con la gente e con la strada. Sentite come urlano gli strilloni? I venditori di lotterie vi stuzzicano a non perdere la buona occasione, l'unica, quella che non torna più nella vita! Passano belle donne inguainate dall'ultima moda e gli uomini le seguono con occhi che vorrebbero essere spregiudicati e sono invece amorosi. Qualcuno si curva a pronunziare un complimento: «Bella! Simpaticona! Guapa! Riquísima!». Sigari in tutte le labbra. Anelli in tutti i mignoli. Grandi fazzoletti di seta svolazzanti dai taschini. Amici che s'incontrano, che si chiamano ad alta voce, che si raccontano da un marciapiede all'altro i loro affari, che si battono le mani sulla spalla, che quasi si abbracciano come non si fossero visti da due anni e si sono lasciati un quarto d'ora prima in calle O' Relly.

Incontrate ogni venti passi un negozio di barbiere, splendente di specchi e di dorature, con garzoni bianco vestiti che vi parlano d'arte e di politica, con clienti che per farsi radere si tolgono la cravatta, il colletto e quasi si scamiciano. Entrate. Ascoltate i loro discorsi. Parlano di donne? Sono tutti conquistatori, usciti freschi freschi da una avventura galante. Parlano di politica? Sono tutti ministri degli Esteri, capaci di salvare la patria solo che restino una settimana al governo. Parlano di casa loro? Sono tutti príncipi e multimilionari. Lo sapete che stanno raccontando delle fandonie, ma le dicono così bene che quasi ci credete. Basta che guardiate uno negli occhi perchè attacchi discorso e per poco che gli diate ragione vi piglia a braccetto e vi invita a bere il vermuth.

Usciamo dal barbiere. Dove volete andare? Andiamo sul Malecón a bere l'oro del sole ed a sentire la carezza del mare. La strada non è altro che un corteo di macchine di lusso in giro dalle cinque alle sette per la quotidiana esposizione dei loro proprietari. Se non conoscete nessuno, scappellate due o tre: vi risponderanno la prima volta con un gran volteggio di paglietta, la seconda con un amichevole cenno di mano. Avete ancora sete? Ecco un chioschetto che in piena strada vende ananas sbucciati e sorbetti di frutta. Le Packard, le Fiat, le Lincoln, le Isotta-Fraschini, le Roll-Royce si fermano democraticamente dinanzi al bancarello del gelatiere e fanno circolo, mentre le dita ingemmate delle dame si deliziano al contatto del gelato popolare contenuto fra due ostie.

Per due ore, per tre ore, per quattro ore, tutto il lungo mare non è altro che un viavai di macchine di lusso (che sono magari di affitto) e che vanno su e giù per documentare urbi et orbi la perfetta salute e la solidità finanziaria della persona che vi sta sopra, la quale, messa come un figurino, non avrà forse molti dollari in tasca ma quei pochi che ha se li gode da gran signore.

La natura partecipa alla festa con tramonti di porpora che pavesano il cielo, che addobbano il mare, che indorano la città, che fanno scintillare come diamanti i gioielli falsi delle signore. L'aria è dolce! Viva la vita e chi la sa prendere! Nelle campagne le canne di zucchero crescono da sole e, finchè vi saranno buongustai al mondo, vi saranno sempre compratori di sigari Avana.

E quando è l'ora della cena se volete la pizza io non ve la posso dare perchè Napoli è lontana assai, ma vi faccio seguire le automobili che filano misteriosamente sui vialoni di Almendares e vi conduco in uno dei luoghi più frequentati dell'Avana notturna, proprio dinanzi all'Yacht Club, dove troverete centinaia di baracche illuminate a giorno che vendono zippole all'olio e frittelle all'aglio, delizia delle belle señoras e degli eleganti caballeros della capitale dello zucchero.

Lì le automobili fanno sosta, in mezzo ai pianoforti meccanici, agli organetti di Barberia, ai razzi, ai mortaretti, alle chitarre, alle fanfare afro-cubane. Non è Posillipo ma vi si balla e vi si canta fino a tarda notte sotto gli stellati immacolati del Tropico, tra l'incessante sventagliare delle palme ed il perpetuo rinnovarsi delle canzoni. Le persone con le quali farete conoscenza, milionari o pezzenti, vi daranno l'indirizzo del loro domicilio dicendovi cavallerescamente: «In via tale, numero tale, lei ha casa sua!» Io ho già più di trecento case mie all'Avana.

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