«ROUGE ET NOIR»

La Repubblica di Cuba ha dedicato all'Italia una delle migliori strade della capitale nel centro degli affari. L'aristocratica calle San Raffaele che taglia l'Avenida de Italia forma con essa un quadrivio il quale è uno dei punti più frequentati d'Avana, dove ostentano le loro vetrine sempre in festa i maggiori negozi della città.

Negozi di mode! È quindi un punto strategico nel quale ogni giorno si dà convegno il mondo femminile della capitale per le sue piccole e grandi compere, per i suoi flirts e vagabondaggi, per gli appuntamenti, le chiacchiere, le maldicenze, i peccati di gola e di desiderio, la visita alla sarta, la sosta dinanzi ai figurini, la pesca degli scampoli, la scelta del nastrino, del campione, del fiocchetto, della bagatella quotidiana. Vi passano e ripassano. A piedi ed in automobile, in tram ed in autobus. Accigliate o sorridenti, melanconiche o gaie, furiose o felici.

Il sesso forte dell'Avana il quale ha per le gonnelle un'adorazione tropico-mediterranea, approfitta di tutti i suoi momenti perduti per piantarsi nel quadrivio strategico, così che le nozze di San Raffaele con l'Avenida de Italia offrono perennemente allo straniero di passaggio un quadro pittoresco della vita cubana, anzi più che un quadro una vera rappresentazione cinematografica nella quale le stelle sono innumerevoli e tutti i personaggi sono Rodolfo Valentino!

Il segreto non l'ho scoperto da me. È stato un conoscente spagnuolo a rivelarmelo, un tipo che è diventato milionario di dollari facendo l'impresario di matches di football, di boxe, di lotta greco-romana, di lotta canaria, di pelota basca, di haialaj, di base ball, ecc. e che è perciò addentro nella psicologia del pubblico. Gli avevo chiesto che m'indicasse i quartieri più caratteristici dell'Avana, quelli aristocratici, quelli popolari, quelli teppistici, quelli frequentati dai creoli, quelli abitati dai meticci, dai neri, dai cinesi.

M'ha risposto: – È inutile che andiate ad arrostirvi al sole al Vedado od alla Víbora, alla Marina o a San Francesco. Piantatevi tra San Raffaele e l'Avenida de Italia, dalle tre alle sei, accanto al policeman che fa scattare i segnali colorati della circolazione. Troverete lì, oltre ad abbondanti esemplari della bellezza femminile tropico-americana e ad ancora più abbondanti campioni della stupidità mascolina, – il mio impresario ha dei motivi di rancore verso le donne, forse perchè non frequentano abbastanza gli spettacoli sportivi – troverete lì riuniti come in una insalatiera, con pepe, olio, sale ed aceto, tutti gli ingredienti etnici della grande insalata cubana: lattuga, cicoria, indivia, banane, ananas, crisantemi... Divertitevi e portatevi un ventaglio. Occhio agli uomini perchè hanno tutti il temperamento di Otello e non vi fidate delle donne che fingono d'essere più civette di quanto non siano!

Dopo un primo esperimento ho preso anch'io gusto a fare il palo sul crocicchio strategico ed ho ormai fatto conoscenza con una buona dozzina di quei policemen i quali giuocano per tre ore consecutive al rouge et noir, senza guadagnare che la loro modesta paga quotidiana.

Rosso! Trams ed automobili si fermano. Passano le signore, di corsa, mezza corsa o adagino, a seconda dei temperamenti. Gli uomini tossiscono, si scappellano, vezzeggiano.

Nero! Le signore di tutte le età e di tutti i formati si fermano. Passano i trams e le automobili. Gli uomini saettano occhiate d'inferno.

Poche città al mondo posseggono un miscuglio di razze che possa stare a pari con quello dell'Avana. Non solamente formicolano in questa città tutte le razze scaturite dalla Torre di Babele, la bianca, la nera, la gialla, la rossa; non solamente ognuna di queste razze è rappresentata da numerose specie e sottospecie; ma il clima e l'amore si sono divertiti a mescolarle fantasticamente fra loro durante lo spazio di diverse generazioni, creando tutta una gamma di meticci e di mulatti che alla loro volta si sono fusi con altri meticci e mulatti o sono ritornati alle origini o sono passati capricciosamente dal nero al giallo; e poi al rosso; e poi al bianco; e poi hanno rivoltato la frittata ed aggiunto un torlo d'uovo o un pizzico di carbone o una spruzzata di zafferano o un bricco di latte; per cui certe volte vi trovate dinanzi una tizia di colore imprecisabile che non sapete in che casellario metterla, oppure un sempronio che ha la tinta di una razza, i lineamenti di un'altra, i capelli di una terza e gli occhi di una quarta.

L'insalata cubana è tanto più pasticciata in quanto i bianchi sono latini, slavi, anglo-sassoni, orientali, biondi, bruni, baltici mediterranei, dolicocefali, brachicefali; ed i neri sono cubani, giamaichini, haitiani, californiani, nord-americani, con le rappresentanze di tutte le famiglie africane del Niger, del Senegal e del Congo che i mercanti di carne umana si sono divertiti a trapiantare in illo tempore nelle Antille; ed i gialli sono cinesi del Nord e del Sud, dell'Est e dell'Ovest, giapponesi, formosini, malesi, filippini, australiani; ed i rossi provengono da tutte le grandi famiglie aborigene d'America; ed i meticci sono tanti e così diversi, le colorazioni dei mulatti tante e così sfumate, i cocktails delle alcove così intrugliati e pazzeschi che, dopo un po', finite per perdere totalmente il vostro latino e col dare ragione al messicano Vasconcellos il quale, come sapete, ha scoperto una quinta razza: la razza cosmica. Probabilmente Vasconcellos è stato parecchio tempo a Cuba, dove frequentava, dalle tre alle sei, il quadrivio strategico dell'Avenida de Italia.

Aggiungete a tutto questo po' po' di roba i creoli delle Antille i quali sono i discendenti di bianchi nati quaggiù ma non sono più caucasici nel senso che hanno subìto di generazione in generazione gli effetti del clima tropicale, dei cibi e delle bevande tropicali, del sistema di vita tropicale, magari del latte delle balie negre e mulatte ed hanno finito per formare una razza a parte, un po' molle, un po' svenevole, semi orientale, la quale è più vicina al levantino che all'europeo e potrebbe essere battezzata afro-antillano-andalusa. Trovate come nel Levante carnagioni d'albicocca, grandi occhi neri, più grandi ciglia, visi regolari e somigliantissimi fra loro, giovinezze precoci che sbocciano sui quindici anni in una donna perfetta e poi tendono ad arrotondarsi in una pinguedine latte e miele che trabocca con facilità nella grassezza flaccida. In mezzo agli uomini abbondano tre o quattro categorie di tipi che paiono prodotti a serie e che fisicamente corrispondono pressapoco alla figura classica del parroco di campagna, del notaio di provincia, del baritono celebre e del maggiordomo di famiglia patrizia.

Ma volete due foglioline d'insalata anche voi? Accomodatevi ed attenzione al policeman. Rosso! Automobili e tramvia, educati dalle multe al rispetto dell'autorità costituita, cedono galantemente il passo al flotto umano che rigurgita sui bordi dei marciapiedi troppo stretti e che straripa in una ondata di sete e di carni variopinte.

Le prime a varcare il Rubicone son due nordamericane, riconoscibili dal corpo allampanato, ai piedi abbondanti della razza, agli occhiali a stanghetta cerchiati di tartaruga e alla maniera soldatesca di mandare le gambe avanti ed indietro come compassi automatici. Quello che le accompagna è un cugino di Lindbergh, bel facciotto di bambolone yankee sopra un corpo di sportman.

Avanzano poi in fila trasversale sette cubanelle grassotte e belloccie di puro sangue criollo che, grazie alla moda di Parigi, paiono quasi in costume da bagno. Quella che sta in mezzo avrebbe specialmente bisogno di almeno un paio di metri di stoffa di più e di un tessuto meno trasparente. Questi vestitini succinti di foglia di cipolla, possono andare bene sopra una figuretta del boulevard, tipo ultra-moderno, seni infantili, dorso spianato, gomiti cubisti, corpicciuolo di monella, ma addosso a queste cubane prosperose e traboccanti di grazia di Dio, ci vorrebbe qualche cosa di più solido!

Ah! guardate quella lì isolata. Contemplatela! È un fiore delle Antille, uno di quei fiori nati chissà quando in un giardino di Granata od in un roseto di Siviglia che il caso ha trapiantato in terra tropicale fecondandolo con gli umori di questo paese pingue e ardente nel quale la luce del sole è come una pioggia perpetua d'oro liquido. Il fiore si è riprodotto sempre più bello durante lo spazio di uno o due secoli, una volta un po' troppo spampanato, un'altra volta un po' troppo colorito o troppo lungo di stelo, finchè questa volta è sbocciato il capolavoro perfetto e meraviglioso per lo stupore degli uomini. Che ovale! Che occhi! Che flessuosità di membra, che eleganza d'incesso! Vedete che tumulto in mezzo al blocco dei Don Giovanni? Anche il policeman s'incanta dietro la visione... Ma la sagoma di una foca interrompe il miraggio. È una egregia dama mulatta che avanza per le sue faccende e che riceve, imperturbabile ed inconsapevole, i mille moccoli di tutti quanti erano rapiti nella contemplazione estatica della Venere dei Caraibi e sono brutalmente disturbati dall'isolante della nuova sopraggiunta.

Povera mulatta! S'è scelta un cappellino-cuffia che dovrebbe ringiovanirla di vent'anni e che le dà invece un'aria di suocera mascherata da colleggiale. Ha imprigionato in un busto simile alla corazza di un paladino antico l'autunnale maturità della sua carne gelatinosa. I poveri tacchi che debbono reggere quel po' po' di peso si sono buttati uno di qua ed uno di là per far maggiore resistenza. Il sudore ombreggia di violaceo i dintorni delle ascelle. Dalle fibbie trabocca l'esuberanza delle caviglie sulle quali s'elevano le colonne d'Ercole che sostengono il fardello d'Atlante.

Dietro scutrèttolano due nerette in ghingheri, una inguainata in un satin giallo-limone che allega i denti, l'altra infagottata in un broccato fragoroso a fiorami di mora. Le riconosco. Sono sorelle germane delle loro consanguinee d'Africa che vedevo mesi fa nude o seminude nelle foreste del Gabon e nei mercati del Camerun. Hanno lo stesso viso di scimmietta rasata, con le grosse labbra carnose simili ai margini di una coltellata fresca; hanno il medesimo taglio di corpo, plastico, falcato, serpentino, coi seni oblunghi e divaricati, il ventre un po' gonfio, le curve scolpite alla brava, senza tante preoccupazioni. Qui si vestono alla... parigina, ma chi ne ha viste migliaia e migliaia abbigliate secondo la moda di mamma Eva, sulle rive del Niger e dell'Ogoué, le denuda involontariamente. So che roba siete, mascherine! Coty vi ha almeno liberato dall'odore?

Ecco un'altra ondata di nere coi pomelli invermigliati dal rossetto, la bocca impicciolita dal cinabro, il bronzo delle spalle impolverato dalla cipria come nelle statue dei musei mal tenuti. Una ha fatto di più: ha chiesto all'ossigeno d'indorare la sua zazzera di montone sahariano, ma l'ossigeno non ha potuto darle che un giallino di stoppa del quale del resto è fierissima. È la prima volta che vedo delle nere pitturate e mi fa un certo effetto. Povera Africa! Sarà questa la tua fine?

Una cinesina tagliata da sangue negro, come si fa col vino troppo leggero di certi vigneti, vuol passare anche lei ma i suoi piedini che, nella loro piccolezza, conservano il ricordo degli strumenti di tortura adoperati dalle bisavole, non fanno in tempo a saltar giù dal marciapiede. Ferma, ferma, piccola afro-asiatica. Il braccio del policeman ha girato il disco nero dando il via ad un mastodontico camion carico di casse e di bauli. Il conducente non ti vedrebbe forse nemmeno, tanto sei piccola, o cinesina d'Africa.

Chissà quant'altra gente è passata nel frattempo senza ch'io abbia avuto il tempo di notarla. Ma il flotto umano si riforma sui margini del marciapiede, fra le vetrine scintillanti di ninnoli e la barriera degli uomini vestiti di tela candida e fiammante.

Rosso! Questa volta è tutta una marea che travasa, di uomini, di donne, di bimbi, di vecchi, di gambe affusolate che brillano nelle guaine di seta, di pantaloni maschili rigidi come cilindri di cartone oppure svolazzanti nell'ampiezza della nuova moda come zampe chiomate di cavalli australiani. L'occhio sale ai volti per individuare i personaggi, ma sono tanti e passano così in fretta che lo sguardo si sofferma su ciascuno solo lo spazio di un baleno, giusto il tempo per vedere e non vedere, come in una cinematografia troppo veloce, ora un volto iberico, ulivigno e scarnito, tragico e nasuto, che pare uscito fuori da una pittura del Greco, ora il faccione rotondo e serafico di un creolo sbarbato all'americana che fa pensare ad un canonico scappato dagli stalli di una tranquilla cattedrale tra vespro e compieta, ora un mulatto coi baffetti alla Chaplin, ora un nero sputato che evoca confusamente Darwin, Woronoff ed il vecchio padre gorilla.

Sul petto monumentale di una domestica d'ebano, dalle braccia elefantesche e dalle gambe ippopotamiche, ride un amore d'angioletto dai riccioli d'oro e dagli occhi cilestri. Ma il film è velocissimo, e il cherubino cede il posto ad una zitella che ha concentrato nella ristretta superficie di una faccia umana tutti triangoli della geometria. Si snocciolano poi, come scatole di sigari in mano ad un commesso, sei o sette sfumature di mulatti che vanno dal quasi nero del Toscano al giallo-paglierino del Virginia, attraverso le sfumature dei Minghetti, dei Quintino Sella, dei trabucos e del trinciato nazionale. L'ultimo sigaro finisce in un bel Buddha di Canton e poi lo sguardo s'annega in una massa di dorsi che s'accalca come una mandria contro il marciapiede opposto. L'occhio sceglie nel gruppo una figura snella e piacente. Ecco, si volta. Vedete due pupille, un sorriso, una collana. Troppo tardi.Il radiatore di un'automobile vi taglia la proiezione. Il policeman ha giuocato un'altra volta sul nero.

Così il pomeriggio passa senza che il caldo ed il sudore vi diano troppo noia e se il caso vi favorisce potete incontrare uno di quei visi meticci nei quali la vecchia Cina delle bambole di porcellana si è sposata con la vecchia Europa del Mediterraneo lasciando, in un momento di distrazione, che anche l'Africa prendesse parte alla festa. Avete allora dinanzi a voi una delle bellezze più suggestive di Eva e se sapete guardare senza parlare, perchè queste meticcie sono di una stupidità inesorabile, potete anche sognare, il che fa sempre piacere, soprattutto dopo una indigestione d'insalata russa, condita all'olio di palma e con peperoni delle Antille.

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