NICARAGUA, PROBLEMA D'AMERICA

Dei ventuno Stati americani rappresentati alla Conferenza dell'Avana uno solo aveva due Delegazioni: il Nicaragua.

Alla testa della prima Delegazione v'era il ministro degli Affari Esteri della Repubblica, Carlo Cuadra-Pazos, buon amico degli Stati Uniti, uomo di fiducia del presidente Díaz e candidato alla successione presidenziale. Era questa la Delegazione ufficiale, debitamente accreditata presso la VI Conferenza. Durante le sedute essa ha fatto ciò che giudicava fosse il suo dovere, brillando nel fare il giuoco degli Stati Uniti. L'unico rimprovero che un osservatore imparziale, può muovere a S. E. Cuadra-Pazos è di avere un tono troppo forte, troppo oratorio, troppo sonante, che urtava un po' l'orecchio degli ascoltanti, specialmente nelle giornate storiche del 4 e del 18 febbraio quando – unico su venti rappresentanti latini – si dichiarò favorevole alla politica nord-americana dell'intervento, senza avere nè la scusante di Cuba nè il pudico riserbo del Perù.

La seconda Delegazione del Nicaragua, non accreditata presso la VI Conferenza, era formata da una sola persona: il generale o brigante Sandino.

L'uomo non si vedeva ed era anzi lontano assai dall'Avana, occupato a non farsi prendere in trappola dai soldati e dagli avieri degli Stati Uniti. Però la sua presenza era immanente nell'Assemblea. Il generale-brigante assisteva a tutte le sedute e s'imponeva a tutte le Delegazioni: a quelle che lo giudicano un valoroso che difende la sua patria contro lo straniero come a quelle che lo considerano un bandito in rotta con la morale e con la legge.

Dato per morto a metà Conferenza continuò ad assistere alle sedute ed a partecipare ai lavori: disdegnando le Commissioni latte e miele della Cooperazione Intellettuale e dell'Organizzazione sociale, riserbò rudemente la sua presenza alle Commissioni dell'Unione Pan-americana e del Diritto Internazionale Pubblico, incaricate la prima di stabilire la Magna Carta del Pan-americanismo, la seconda di codificare i diritti ed i doveri degli Stati d'America. Il suo nome non fu mai pronunziato, ma quasi tutti i Delegati parlarono parecchie volte in suo favore o contro di lui. Fu a volte la personificazione del Mito che travolge le folle e la storia, a volte la pietra dello scandalo, a volte un ingombro, a volte solo un rottame. Innominato empì del suo nome i lavori della VI Conferenza.

Noi non vogliamo stabilire se egli appartenga alla categoria degli eroi od a quella dei malfattori. La sua persona non ci interessa. Constatiamo unicamente il fatto che Sandino ha battuto all'Avana Coolidge ed Hughes, in match pubblico, ed ai punti. Sandino è stato il tallone di Achille del Pan-americanismo. La constatazione deve essere fatta per comprendere la storia d'oggi e di domani dell'America.

Essa simbolizza una situazione di fatto e di tendenza, contro la quale si sono pronunziate diciassette su ventuna delle libere Repubbliche di America. Dal canto loro gli Stati Uniti, per bocca del loro rappresentante ufficiale Charles Ewans Hughes, non solamente hanno riconosciuto l'esistenza di questa situazione di fatto, ma hanno dichiarato che non ammettono critiche in proposito considerandole ingiuste e non intendono tornare indietro perchè l'onore e gli interessi della Repubblica non lo consentono (seduta del 18 febbraio).

Come Repubblica dell'America Centrale, il Nicaragua è una delle pedine della scacchiera politica degli Stati Uniti. Il giuocatore avversario può essere l'America latina come l'Europa, può essere l'Inghilterra come il Giappone. La specifica del giucatore non ha importanza. Quella che conta è la scacchiera.

Gli interessi strategici, politici ed economici degli Stati Uniti esigono che la scacchiera dell'America Centrale sia dominata in pieno. Economicamente, militarmente, politicamente. Il giuocatore di Washington deve essere sicuro di tutte le sue pedine, della pedina Costarica come della pedina Honduras, della pedina Santo Domingo come della pedina Guatemala. Le torri della scacchiera sono Cuba ed Haiti. Il re è il canale di Panamá. Dare scacco matto al re significa battere gli Stati Uniti ed è logico che gli Stati Uniti facciano di tutto per rendere l'operazione pressochè impossibile.

Finora il Nicaragua era solamente una delle tante pedine della scacchiera ma gli ultimi avvenimenti e, soprattutto, i progressi dell'aviazione hanno dimostrato agli Stati Uniti l'inconveniente di basare tutto il loro giuoco solamente sul Re e l'opportunità di dividere la difesa tra questo e la Regina. Si è concretato così il progetto di aggiungere al canale di Panamá ilcanale di Nicaragua, il quale, raddoppiando il passaggio transoceanico, raddoppia la sicurezza strategica e la rapidità di manovra degli Stati Uniti. Il giorno in cui i canali saranno due, il giuocatore di Washington avrà la partita più facile e lo spirito più tranquillo. È facile capire che un canale destinato ad avere l'importanza capitale del canale di Nicaragua non si costruisca alla svelta, mettendosi d'accordo con qualche municipio, ma esiga una cornice territoriale e politica per fabbricar la quale bisogna poter contare sopra un governo, sopra una Camera e sopra un paese che siano d'accordo. La questione del Nicaragua pur essendo complessa è straordinariamente semplice, giacchè gli Stati Uniti cercano in questo momento i tre strumenti necessari alla fabbricazione della Cornice del canale di Nicaragua. Una volta che siano creati il governo amico, la Camera favorevole ed il paese consenziente, sarà facile tracciare la zona del canale di Nicaragua copiando la zona del canale di Panamá. Poi i tecnici ed i finanzieri faranno il resto che non presenta difficoltà.

Quando gli Stati Uniti imposero alla Colombia il sacrifizio del Panamá il mondo intero non si commosse gran che alle proteste di Bogotá. Si trattava di facilitare l'apertura di una grande via transoceanica e transcontinentale. L'interesse collettivo dell'umanità soffocava la protesta locale. Oggi la situazione è invece differente, perchè il canale di Nicaragua interessa in fondo solo gli Stati Uniti. Anzi in realtà interessa unicamente l'Ammiragliato degli Stati Uniti.

Nonostante la natura delicata delle sue opere tecniche, il canale di Panamá risponde largamente per il presente e per il prossimo futuro ai bisogni commerciali degli Stati Uniti, dell'America e del mondo. Su ciò tutti i tecnici sono d'accordo. Il costruendo canale di Nicaragua non obbedisce quindi ad una necessità economica mondiale che nasconda e magari legalizzi la coercizione imposta alla piccola Repubblica, ma obbedisce esclusivamente ad una opportunità militare degli Stati Uniti che è patrocinata da un certo numero di uomini politici e di ammiragli nord-americani.

Si tratta, dunque, d'una questione particolare degli Stati Uniti. Come tale e solo come tale essa è stata presentata alla VI Conferenza Pan-americana. Non fu messa sul tappeto e fu solo impostata all'ultimo momento perchè non se ne poteva fare a meno, ma in realtà tutta la Conferenza era imperniata sul Nicaragua e fallì appunto perchè il pernio non era in grado di mantenere in equilibrio il pan-americanismo.

Il Messico ed i paesi dell'America centrale vedono nella situazione del Nicaragua lo specchio del loro passato, del loro disgraziato presente e del loro pauroso avvenire. Contro il diritto sostenuto dagli Stati Uniti di difendere la loro grande patria sopra linee strategiche che sono al di fuori dei confini della Confederazione (Panamá, Nicaragua, Cuba, Haiti, Santo Domingo) i paesi del Centro America proclamano il diritto più semplice e più naturale di vivere liberi e sovrani senza essere i giuocattoli di Washington.

La battaglia diplomatica rimarrebbe circoscritta fra il colosso ed i pigmei con matematica certezza del risultato finale se non vi fosse l'America meridionale la quale si sente minacciata da questa politica degli Stati Uniti nella sua sicurezza territoriale, nella sua autonomia economica e nella sua latinità. Infatti l'America centrale rappresenta per gli americani del Sud parecchie cose: 1) un insieme di paesi-cuscinetto che separa gli Stati in formazione dell'America meridionale dal colosso già formato del Nord; 2) un insieme di mercati tropicali e sub-tropicali, suscettibili di essere domani clienti e fornitori delle industrie del Sud-America; 3) un blocco di paesi latini o latinizzati che fa parte intrinseca della massa latina d'America.

Ragioni politiche, economiche, linguistiche, etniche, sentimentali, religiose e militari determinano l'interesse dell'America meridionale per le vicende dell'America centrale; coartano la libertà d'azione dei governi; legano le mani ai diplomatici più amici di Washington; trasformano il problema locale del Nicaragua in un grande problema americano. Un problema-base. Un problema-simbolo.

Tanto capitale è questo problema, che quando i governi del Sud-America chiudono gli occhi sul Nicaragua per ragioni contingenti di opportunità politica o di convenienza finanziaria, i rispettivi popoli li obbligano ad aprirli. Ed i popoli sono guidati in queste questioni fondamentali da istinti misteriosi e potenti che mai non fallano e che scavalcano i piccoli interessi transitori per vedere solo le grandi necessità dell'avvenire.

Sarebbe facile dimostrare per quali ragioni il problema-simbolo del Nicaragua sia anche un grande problema generale della Latinità e sia nello stesso tempo un problema mondiale che tocca da vicino l'impero britannico e l'equilibrio stesso del mondo, ma l'argomento ci trarrebbe fuori dal terreno continentale dell'America nel vasto campo delle interferenze di razza, d'economia e di storia. L'essenza della questione è prevalentemente americana e deve essere risolta dalle tre Americhe.

Nonostante le simpatie di molti governi americani verso gli Stati Uniti, nonostante l'esistenza di formidabili interessi economici e di non meno formidabili pressioni diplomatiche, nonostante il notorio asservimento di alcuni uomini politici centro-americani ed anche di qualche Presidente alla Segreteria di Stato di Washington, nonostante il giuoco di mille forze ed il peso di mille bassezze, nonostante un certo numero di buone ragioni che militano anche a favore della tesi degli Stati Uniti, il governo della Repubblica delle stelle si è trovato solo all'Avana di fronte a Sandino, unicamente affiancato dall'eccellente ministro Cuadra-Pazos il quale non ha voce in capitolo.

Cuba ed il Perù hanno fatto un miracolo di acrobazia per non scostarsi da Washington, ma hanno sentito tuttavia il bisogno di fare un passo indietro. Anzi il Perù ne ha fatti tre. Ed il Brasile che si era imposto il compito dell'eterno neutro è stato obbligato per la circostanza ad uscire dalla sua neutralità.

Per cui si può proclamare, senza tema di incorrere nella taccia d'esagerazione, che la questione del Nicaragua è uscita dalla VI Conferenza trasformata in un grande problema americano, sia rispetto alla situazione specifica della Repubblica del Nicaragua, sia rispetto a tutte le altre situazioni (analoghe, affini o simiglianti) dell'America centrale e dei Caraibi.

La dichiarazione esplicita di Hughes relativa al diritto di intervento o di... interposizione, indica che gli Stati Uniti hanno in proposito una linea di condotta stabilita che non intendono abbandonare per il momento. Non discutiamo se questo punto di vista sia giusto od ingiusto, giacchè siamo convinti che la parola giustizia subisca nel dizionario della politica internazionale una serie di trasformazioni così radicali che ne cambiano i connotati fino a renderla irriconoscibile. Perciò esiste forse un Diritto Internazionale Pubblico moderno, incaricato di cristallizzare e di codificare le varie metamorfosi della Giustizia.

Il generale o brigante Sandino ha il merito od il demerito di incarnare la volontà di resistenza dei latini d'America contro la linea di condotta che si sono tracciati gli Stati Uniti.

Nella Commissione dell'Unione Pan-americana, Sandino ha sostenuto che il pan-americanismo è in antitesi con la funzione di regina che la Segreteria di Stato di Washington ha assegnato obbligatoriamente al Nicaragua sulla scacchiera centro-americana.

Nella Commissione di Diritto pubblico Sandino ha dichiarato che il Nicaragua declina l'onore di questa incoronazione scacchistica, per sè e per tutti i paesi dell'America Centrale.

Nella seduta plenaria del 18 febbraio Sandino ha fatto di più. È comparso addirittura nell'aula, vestito da brigante, con il fucilaccio del masnadiero in una mano e nell'altra la corona d'oro e di spine offerta da Stimson al popolo di Nicaragua. Ed ha gettato la corona sul tavolo di Hughes!

Tutti lo hanno visto. Tutti lo hanno riconosciuto. Era lui che parlava. Erano per lui le acclamazioni delle tribune. Otto Stati d'America lo hanno applaudito. Altri otto lo hanno salutato con rispetto. Due sole repubbliche di America hanno finto di non vederlo per non essere obbligate a fare altrettanto da una forza che è più imperiosa di qualsiasi diplomazia. Ma tutti hanno sentito che in quel momento l'ambasciatore Ferrara ed il senatore Salazar non rappresentavano i loro popoli.

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