Documento VII

A Mess. Gherardo Saraceni in Ferrara

M. Patron mio obser. - Per non manchare del debito mio et di quanto vi promessi quando feci partita da vui, ve significo come Mess. Ludovico Ariosto è ritornato da Roma, qual fue mandato per li effecti che vui sapeti; et il riporto suo è questo: che gionto che fue a Roma incontinenti se apresentoe al Castello, facendo domandare audienza a N. S. il quale era per voler fare colatione, et la differì, et lo fece metter dentro. Al quale havendo presentato la lettera del Sig. Cardinale nostro de credenza, avante la legesse incontinenti li domandò dove se retrovava S. S. R. et como stava. Et havendoli lui resposto haverla lassata a Modena, et che tuttavolta veniva avanti, Sua Santità aperse la lettera, et domandò quello havea a dire. Et domandandoli epso Mess. Ludovico in nome di S. S. R. che li fusse alongato il termine per modo che quella potessi commodamente trasferirsi a Roma; allegando quella, sì per la indispositione della gamba sua, sì per el camino aspro che faceva, sì etiam per lo intensissimo caldo era, [cxlii] non potere nè essere possibile che fra il termine assignatogli nel breve se retrovassi a Roma, Sua Santità li respose non volerne far niente; et lui replicandoli, disse: «Ben, Padre Santo, che bisogna che 'l Cardinale se metta a crepare per venire, non havendo resguardo nè alla infirmità, nè perdonando ad alchuna fatica et disagio; se poi, quando sarà qui et ch'el sia passato il termine del tempo che quella ge ha concesso, non habbi facto cosa alchuna, et V. S. non resti satisfacta de Sua Sig. R.?» Alhora Sua Beatitudine respose: «Nui in scriptis non ge volemo altrimenti prorogare il termine; ma ben li dicemo et damo la fede nostra, che quando S. Sig. voglia venire et che cognosciamo cum effecto che la venga, li alongaremo il termine et X et XV giorni, secundo che lei medesima vorà;» nè altro circha questo potette obtenere da Sua Beatitudine. Et essendo dipoi venuto alla parte del salvo conducto et dicendoli, «che Sua S. R. non lo domandava già perchè la non se cognoscesse innocente, et che la non fusse per iustificarsi gagliardamente delle imputationi che li erano date, et che la se defidasse della clementia de Sua Beatitudine, ma perchè universalmente ciascheduno la disuadeva ad andare a Roma, dicendoli che Sua Beatitudine la faria ponere in Castello, si etiam perchè la cognosceva quella prestare molto orechie alli malivoli soi; et che poi quando bene Sua Signoria se iustificava, la non faceva alchuna demonstratione contra a quelli che li porgevano il falso di lei, anci dipoi li prestava fede come prima: ultra di questo perchè Sua Signoria vedeva la Beatitudine Sua non solamente mostrarsi indegnata contra al Sig. Duca suo fratello, ma anchora mostrava voler male et odiare tutta la casa da Este; et però supplicava a Sua Beatitudine che li volesse concedere libero et autentico salvo conducto.» Quella respose, «che Sua Signoria [cxliii] andasse pure liberamente et che non temesse di cosa alchuna, et che non li bisognava altro.»...

(Firenze, .. agosto 1510).

(Benedetto Fantino).

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